28 gennaio 2011

Nota del mattino del 28/01/'11.

A cura dell'Ufficio Circoli Nazionale del PD.

1. MUOIA SANSONE CON TUTTI I FILISTEI. PUR DI NON CADERE BERLUSCONI METTE A FERRO E FUOCO LE ISTITUZIONI E SCENDE IN PIAZZA. E’ LA SCONFITTA DEI DIALOGANTI E LA CONFERMA CHE PER USCIRE DA QUESTA CRISI CI VORRANNO FERMEZZA E TENACIA. RACCOGLIAMO MILIONI DI FIRME PER MANDARLO A CASA PRIMA CHE BRUCI LA COSTITUZIONE
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Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha chiesto ai suoi di schierarsi senza tentennamenti a sua difesa, a tutti i costi. L’esito si è cominciato a vederlo ieri con una impressionante escalation dello scontro, anzi degli scontri, a tutti i livelli istituzionali. Perché Berlusconi vuole restare al suo posto ed ha paura del voto politico.
- Nella riunione della Giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere i rappresentanti del Pdl hanno cambiato versione. Invece di proporre di respingere le argomentazioni della Procura della Repubblica di Milano perché sospette di essere persecutorie (cosa affermata fino al giorno prima), i parlamentari del Pdl, incuranti del ridicolo e anche della figura barbina di un capo di governo che si fa intortare da una diciottenne, hanno detto che il presidente del Consiglio ha telefonato alla Questura di Milano per far uscire di prigione la giovane Ruby perché credeva davvero che fosse la nipote di Mubarak. Non importa che sia spuntata dalle intercettazioni un’altra minorenne coinvolta nelle feste. Non importa che a
casa di una delle ragazze di Arcore siano stati trovati questa estate 15 chili di cocaina (il fidanzato della giovane è stato condannato). Voto, maggioranza schierata, decisione presa: rinvio del materiale alla Procura di Milano. Le conseguenze? Claudio Sardo, Il Messaggero:
“La più immediata è che in aula si voterà a scrutinio palese, e non più segreto. La seconda è che la maggioranza si adegua pienamente alla linea degli avvocati della difesa. Ulteriore conseguenza è che si apre così la strada per elevare alla Corte costituzionale il conflitto di attribuzioni”…” L`obiettivo, ormai esplicito, è contestare la legittimità dell`inchiesta della Procura, e di conseguenza annullare l`intera attività istruttoria e tutte le carte finora prodotte. E’ probabile che gli avvocati sollevino, per parte loro, un conflitto di giurisdizione già al momento nel momento in cui la Procura formalizzerà al giudice per le indagini preliminari la richiesta di processo immediato”.
- Al Senato il ministro del Esteri Frattini, chiamato dal presidente Schifani alla velocità della luce a rispondere ad una sollecitazione parlamentare (in altri casi si aspettano mesi), ha presentato alcune carte richieste a Santa Lucia e relative alla nota questione della casa di Montecarlo. Secondo Frattini da quei documenti si evince che Tulliani (cognato di Fini) sarebbe il vero proprietario della casa di Montecarlo. Pdl e Lega hanno chiesto le dimissioni di Fini. Fli ha chiesto le dimissioni del presidente del Senato ed ha denunciato Frattini per abuso di ufficio (smentendo comunque che Tulliani sia il vero proprietario di quell’appartamento).
- Al Copasir, la commissione che vigila sull’attività dei servizi segreti, è saltata l’audizione del sottosegretario Gianni Letta, che avrebbe dovuto rispondere anche della vigilanza sulla sicurezza del premier da parte degli uomini dei servizi (questione dubbia e delicata, considerato quanto si è appreso dalle intercettazioni sulle feste ad Arcore). La ragione? I deputati della maggioranza non si sono presentati perché la composizione della commissione non sarebbe più paritaria.
- Ieri Berlusconi ha annunciato che il 13 febbraio organizzerà una manifestazione in piazza a Milano. Secondo molti quotidiani il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è molto e comprensibilmente preoccupato per questo scontro e per le sorti del paese. Ma è chiaro che a Berlusconi delle sorti dell’Italia non importa nulla: gli unici obiettivi che persegue sono la fidelizzazione dei propri fan attraverso i messaggi televisivi suoi e dei principali collaboratori (l’on. Santanché ogni volta che interviene, qualsiasi sia l’argomento, cita ad arte tutti i temi più sensibili delle campagne elettorali), la salvezza dai giudici senza dover mai rispondere, la punizione degli avversari come monito per il futuro.
Come ha più volte detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il secondo tempo del berlusconismo sarà caratterizzato da strappi drammatici alle regole e perfino da elementi di rischio. Perché è chiaro che è cominciato il declino di Berlusconi. Ma il presidente è ancora lì, ha un grande potere e farà di tutto. Anche da questa consapevolezza è nata la proposta del di una piattaforma programmatica del Partito democratico che preveda una ricostruzione repubblicana e sulla quale chiamare tutte le forze politiche dell’opposizione e tutte le forze sociali al confronto. Anche da qui la proposta di un confronto aperto tra tutte le forze dell’opposizione. Il Pd è il pilastro attorno al quale si può costruire una alleanza che resiste e poi avvia a superamento questa fase buia della storia italiana. Raccogliamo milioni di firme per mandarlo a casa. E facciamolo presto.

2. FEDERALISMO, L’ORA DELLA VERITA’: PIU’ TASSE E GRANDI PASTICCI. LA LEGA NON CONVINCE PD E TERZO POLO.
Il nuovo testo del quarto decreto legislativo di attuazione del federalismo presentato dal ministro leghista Roberto Calderoli ha superato un primo confronto con i comuni, ma non ha convinto Pd e terzo polo. Se resterà così il 3 febbraio voteranno contro.
La Lega, se vi sarà un voto contrario, è decisa ad andare alla crisi di governo ed a elezioni politiche.

3. NAPOLI. IL PD RIPARTE DA ORLANDO. MA LA CRISI NON E’ FINITA.
Le primarie a Napoli si sono concluse con gravi contestazioni, con un risultato che vede i primo candidato raccogliere meno del 40 per cento e pochi voti più del secondo, senza la possibilità di una ricomposizione tra i diversi contendenti che sono scesi in lizza. In queste condizioni e nonostante la straordinaria partecipazione al voto dei cittadini napoletani vi sarebbe una sola certezza: il permanere delle divisioni nel campo del centrosinistra e la sconfitta nella sfida
elettorale con la destra di Berlusconi e di Cosentino.
Da qui, ferma restando la necessità di verificare i fatti, le decisioni del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, di chiedere a Cozzolino e Ranieri di fare un passo indietro e di concorrere essi stessi alla individuazione di un candidato del centrosinistra in grado di unificare il fronte contro la destra, ma anche di commissariare il Pd napoletano, inviando a Napoli un dirigente estraneo alle contese locali come Andrea Orlando, deputato ligure e responsabile della Giustizia del partito.
Ieri il Pd ha chiesto alle altre forze politiche del centrosinistra di riunirsi per discutere e affrontare il caso Napoli. Sel non ha partecipato. La riunione è stata riconvocata, chiedendo anche la partecipazione dell’Idv, per martedì prossimo.
Dalla vicenda di Napoli hanno preso lo spunto anche alcune prese di posizione di alcuni rappresentanti del Pd sul tema delle primarie.
Va ricordato da questo punto di vista che tutti i rappresentanti del Pd ritengono che lo strumento delle primarie non debba essere in discussione. Nessuno nel Pd mette in discussione le primarie. Le dichiarazioni di questi giorni riguardano l’opportunità o meno 8 a secondo dei punti di vista) di individuare alcune regole (per esempio la certezza della base elettorale) che ne mettano al sicuro l’efficacia e la trasparenza.

4. DOPO BEN ALI MUBARAK. DOPO L’EGITTO LO YEMEN.
Dopo la Tunisia ora tocca all’Egitto. Le sollevazioni popolari in Tunisia hanno costretto alla fuga Ben Ali. Ora in Egitto è sotto pressione il presidente Mubarak. El Baradei, ex presidente dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, è tornato in Egitto e sta diventando il punto di riferimento della rivolta popolare nel paese. Le inquietudini e le tensioni provocate dalla fame, dalla crescita rapida dei prezzi dei prodotti alimentari e dalla mancanza di prospettive per i giovani, stanno infiammando non solo il Nord Africa, ma anche altri paesi islamici. Ieri è cominciata una sollevazione popolare anche in Yemen.

5. GRANDI BANCHIERI IN RIVOLTA: A DAVOS SFIDANO I CAPI DI STATO E PREPARANO L’ASSALTO ALLE REGOLE.
A Davos, in Svizzera, dove ogni anno si riuniscono i grandi personaggi del mondo, si discute sui prezzi dei prodotti alimentari in fortissima crescita e sulla strategicità delle produzioni agricole.
Ma l’appuntamento è anche un’occasione per trovare l’accordo tra industriali, banchieri e capitani della finanza sul che fare nel futuro prossimo.
Questa volta il che fare è emerso grazie a due fatti, uno pubblico e l’altro segreto: in pubblico vi è stato uno scontro verbale tra il presidente francese Sarkozy, che è anche presidente di turno del G20, ed i grandi banchieri riuniti a Davos sul tema delle regole; in segreto i grandi banchieri si sono riuniti per decidere come dare battaglia sulle regole e come sfruttare la situazione economica nei prossimi mesi. Il Corriere della Sera: “Si sono chiusi dentro in pochi,
ma le loro attività valgono oltre cinque volte la taglia dell`economia italiana. Bank of America, Barclays, Credit Suisse, Jp Morgan Chase, Ubs e altre banche hanno tutte mandato i loro leader supremi a una breve e intensa riunione, nel centro congressi di Davos, dedicata a cinque punti segnati su una lavagna. L`agenzia Bloomberg ha spiato la lista da una finestra e il
risultato sarebbe stato anche scontato, se solo il peggiore crash degli ultimi 70 anni non fosse (forse) appena alle nostre spalle. I principali banchieri del mondo hanno parlato delle conseguenze «non volute» delle nuove regole che li riguardano, di come far soldi in un mondo di bassi tassi d`interesse, della minaccia dei debiti sovrani e soprattutto di come reagire alla voglia dei politici di intervenire”.
Traduzione: niente lacci e lacciuoli. Basta con le regole. A Sarkozy, che in pubblico aveva ricordato il disastro finanziario provocato dalla spregiudicatezza delle grandi banche e l’ondata di sofferenza, di disoccupazione che ne è derivata (senza contare il peso del salvataggio sulle spalle dei cittadini) aveva d’altra già chiarito la posizione dei banchieri Jamie Dimora, capo di Jp Morgan, alzatosi per replicare: “Il problema semmai sta nell’eccesso di vincoli sul sistema
finanziario”.

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