A cura dell'Ufficio Nazionale Circoli PD.
1. LA RIVOLTA IN LIBIA SVELA LA DRAMMATICA INADEGUATEZZA E IL CINISMO DEGLI INTERESSI PERSONALI DI BERLUSCONI. GLI ITALIANI PAGANO ORA A CARO PREZZO LA DEBOLEZZA INTERNAZIONALE DEL GOVERNO. IL PD IN PIAZZA A SOSTEGNO DEL POPOLO LIBICO.
Alla fine Silvio Berlusconi ha telefonato a Gheddafi. In un discorso televisivo il leader libico aveva appena accusato Italia e Usa di aver armato i ribelli. Il presidente del Consiglio ha assicurato che non è vero ed ha chiesto al colonnello, che aveva appena fatto bombardare i civili, di evitare violenze.
Prima le relazioni speciali e personali del presidente del Consiglio con gli autocrati di mezzo mondo hanno messo l’Italia in imbarazzo di fronte al mondo. Adesso anche il cinico silenzio, i ritardi, la permanente dichiarazione di amicizia con un despota sanguinario. Gli italiani rischiano di pagare caro gli interessi personali di Berlusconi e il suo comportamento.
La sanguinosa repressione da parte di Gheddafi sta spingendo alla disperazione centinaia di migliaia di libici. Potremmo trovarci di fronte ad una immigrazione di massa, ha detto ieri il ministro del Esteri, Frattini. Potremmo spedire gli immigrati in Francia e Germania, ha dichiarato il leader della Lega, Umberto Bossi. Ma l’Europa che in tutti questi anni ha dovuto assistere agli inchini e agli spettacoli trionfali dell’amicizia personale tra Berlusconi e Gheddafi, ha risposto con il gelo.
Ieri l’Eni ha sospeso il flusso del gas libico, avvertendo che le scorte e le altre fonti di approvvigionamento (Russia, per esempio) potranno tamponare le esigenze energetiche nazionali. Ma ben altro problema sarebbe un rallentamento o addirittura un blocco dei rifornimenti petroliferi dalla Libia, dalla quale l’Italia importa il 23 per cento del greggio che consuma. Se dovessimo ricorrere alle scorte dell’Aiea, ne avremmo per dieci giorni. Se dovessimo acquistare il greggio sul mercato lo pagheremmo ai prezzi esorbitanti di oggi (108 dollari al barile il petrolio del mare del Nord).
Considerati i ritardi e i silenzi del governo è toccato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, riscattare l’immagine dell’Italia nel mondo, intervenendo per tempo e con fermezza. Il capo dello Stato ha definito «legittime le richieste di riforme», ha detto «no alla cieca repressione, ha chiesto «la cessazione delle violenze». «Alle legittime richieste di maggiore democrazia che giungono dalla popolazione – ha sostenuto in particolare il capo dello Stato - va data una risposta nel quadro di un dialogo fra le differenti componenti della società civile libica e le autorità del Paese che miri a garantire il diritto di libera espressione della volontà popolare». «Viceversa – ha aggiunto - la cieca repressione che colpisce in modo indiscriminato la popolazione non fa che allontanare il Paese da quel cammino di pace e prosperità necessario ad assicurare il benessere del popolo libico».
«Parole chiare», ha commentato il segretario Pd, Pierluigi Bersani, che ieri mattina ha affrontato il problema libico insieme alla segreteria nazionale del partito e ieri pomeriggio ha parlato in piazza del Pantheon, a Roma, in una manifestazione organizzata per sostenere il popolo libico, protestare contro le violenze in Libia e contro la politica del governo italiano. Le cose cambieranno, ha promesso Bersani a libici e tunisini con lui al Pantheon: «Il Pd guiderà il prossimo governo e promette ai popoli d`africa in lotta di riprendere insieme un cammino verso democrazia e benessere». L’iniziativa politica del premier Berlusconi e del ministro degli Esteri Frattini è stata di una «drammatica inadeguatezza di fronte alla sanguinaria risposta di
Gheddafi alla richiesta di democrazia da parte del popolo libico». «Per tradizione politica e per collocazione geografica, l`Italia è sempre stata un Paese guida per l`Europa nei rapporti con la sponda sud del Mediterraneo. Avremmo dovuto essere noi a dire all`Europa che cosa fare». «Invece il governo è rimasto inerte, silente, nel tentativo troppo a lungo prolungato di non disturbare anche in circostanze così sanguinose un leader straniero considerato un amico personale». Oggi, ha detto Bersani in piazza, «rischiamo di essere percepiti come una nazione amica del loro passato, proprio di quel passato che i giovani in lotta sulle piazze vogliono cacciare via».
2. MILLEPROROGHE. NAPOLITANO BOCCIA IL DECRETO. BERLUSCONI LO RIPRESENTA: TEME CHE SALTINO MANCE, TASSE E MILLE FAVORI. COME LO SCANDALO DELLA CARITA’ O LE MULTE SULLE QUOTE LATTE. E INTANTO LA DESTRA MOLTIPLICA SPESE E POSTI.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rinviato indietro il decreto chiamato Milleproroghe, che stava per essere votato alla Camera, dopo il via libera del Senato. Motivo: è un guazzabuglio di norme, normette, una specie di insaccato di leggi. Il presidente del Consiglio ne ha preso atto, mostrando di condividere i rilievi del Quirinale. Ma è assai probabile che oggi opti per ripresentare al voto di Montecitorio lo stesso testo, salvo promettere successivamente un intervento di aggiustamento. La ragione di questa scelta potrebbe essere la difficoltà di rimettere insieme le varie mance, tasse, favori inseriti nel Milleproroghe, come il rinvio delle multe per le quote latte o come l’intervento sulla gestione delle social card, spiegato oggi con dovizia di particolare e ripercussioni dall’economista Tito Boeri su La Repubblica. “ L’Italia è il paese dell`Unione europea che spende meno per politiche di contrasto alla povertà: lo 0,1% del reddito nazionale contro circa 13 volte tanto negli altri paesi, compresi i nuovi entrati dell`Est europeo. Non certo perché in Italia ci sono pochi poveri. Erano nel 2007 più di 3 milioni le persone che vivevano in condizioni di povertà assoluta, non potendosi permettere con il proprio reddito un livello di vita "minimamente accettabile". La situazione, ha scritto Boeri, non può che essere peggiorata durante la crisi. Ma il governo non ha fatto nulla. Ora invece nel Milleproroghe c’è una norma in base alla quale nei soli Comuni con più di 250.000 abitanti si dovrebbe avviare una sperimentazione in favore degli enti caritativi. Cosa significa? “La relazione tecnica allegata al provvedimento precisa meglio cosa si intende fare: la norma identifica come beneficiano non già il destinatario ultimo della carta, ma l`associazione che sì impegna a distribuirla. In altre parole, lo Stato assegnerà la carta acquisti a imprecisati "enti cantativi" e saranno questi ultimi a dover decidere a chi dare la social cardeachi no, sottraendo questo compito ai servizi assistenza dei Comuni”. Ma chi sono questi enti caritativi? Quanti fondi avranno? Con quali criteri dovranno scegliere i poveri da assistere? Quanto verranno pagati o rimborsati per fare questo lavoro? E che cosa significa sperimentazione? Nulla di tutto questo, ha scritto Boeri, è chiaro. Di fatto, “sperimentazione è solo un termine nobile per dire che non ci sono soldi per tutti. E nasconde un`altra verità: i soldi non ci sono semplicemente perché non si è voluto trovarli”. Ancora una volta questo governo si rivela il governo dei condoni per i ricchi evasori, della cancellazione dell’Ici per i proprietari con gli immobili di maggior pregio, dei rinvii per i furbi leghisti delle quote latte e della moltiplicazione delle spese e dei posti. Come alla Regione Lazio, dove alle 16 commissione parlamentari già esistenti se ne stanno per aggiungere altre, con connessa moltiplicazione di poltrone per presidenti, vice, segreterie e così via.
3. CALCIOMERCATO IN PARLAMENTO. LA VERGOGNA NON HA LIMITI.
Acquisti, prestiti, scambi di parlamentari. Alla Camera sta avvenendo di tutto. Pur di permettere al gruppo dei cosiddetti Responsabili di occupare più posti nelle commissioni parlamentari e coprire i buchi, sostenendo la maggioranza di governo, il presidente del gruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, ha prestato ben quattro deputati ai responsabili. Prestati, come nel calcio: restano del Pdl, ma andranno a rimpolpare il gruppo dei Responsabili.
Nessuno si vergogna di queste pratiche. Anzi, vengono ostentate come prova di capacità. E’ il trionfo della cultura berlusconiana, la compravendita della rappresentanza parlamentare dei cittadini, come fosse la cosa più normale del mondo.
Per fortuna, come testimonia e rileva Barbara Spinelli oggi su La Repubblica una larga parte degli italiani si sta risvegliando dal letargo, prova ormai desiderio di uscire dalla lunga notte in cui questo governo della destra sta facendo vivere il paese.
4. GIUSTIZIA. I MILITANTI LEGHISTI IMPONGONO A BOSSI DI DIRE NO ALL’IMMUNITA’. MA SULLE INTERCETTAZIONI IL GOVERNO SPINGE. E LA CORTE DEI CONTI AVVERTE: SONO UNO STRUMENTO CONTRO LA CORRUZIONE DILAGANTE.
Umberto Bossi non ha potuto dire di sì anche al ritorno dell’immunità parlamentare. I militanti della Lega non avrebbero retto anche questo e già sono in sofferenza per le forzature sul tema della giustizia. Ma intanto il governo, che pure ha tirato momentaneamente il freno sul tema del processo breve, ha continuato a marciare dritto sul tema delle intercettazioni. La scusa è la libertà di parlare di cose private al telefono. Le ripercussioni però fanno capire quali interessi potrebbe andare a favorire un intervento del genere: secondo la magistratura e tutti coloro che sono sul fronte dell’antimafia ricordano ogni volta che le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per colpire la criminalità organizzata; ieri la Corte dei Conti, cioè la magistratura contabile, ha ricordato che le intercettazioni servono a colpire la corruzione, che in Italia sta dilagando (il numero dei reati è cresciuto del 30 per cento nel 2010).
5. QUOTE ROSA ADDIO. MENTRE IL PD PROPONE GOVERNI A META’ UOMINI E DONNE, IL GOVERNO, PER NON DISPIACERE LA CONFINDUSTRIA, FA SLITTARE LE QUOTE AI VERTICI DELLE AZIENDE.
Il Pd ha fatto la sua scelta. Alla conferenza nazionale delle donne del Pd il segretario Pier Luigi Bersani ha annunciato l’impegno e la battaglia del partito per fare in modo che al governo ci siano per metà donne e per metà uomini. Ieri Piero Fassino, candidato sindaco di Torino per il centrosinistra, ha annunciato che la sua giunta così sarà composta. Il governo invece torna indietro. Di fronte al progetto di legge bipartisan in discussione in Parlamento per rendere obbligatoria la presenza delle donne almeno al 30 per cento nei consigli di amministrazione delle società ha presentato un emendamento che, di fatto, farà slittare i limiti minimi imposti da questa norma a dopo il 2018. Secondo tutti i giornali a questa applicazione graduale è favorevole la Confindustria.
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