A cura dell' Ufficio Nazionale Circoli PD.
1. IL GOVERNO DEI RICATTI. OGGI AL VOTO IL FEDERALISMO SALVAPROCESSI. DOMANI IL RIMPASTO PER SODDISFARE I RESPONSABILI. POI LE NOMINE NELLE IMPRESE PARTECIPATE DALLO STATO. LA LEGA DEI COMPROMESSI FIRMA LA RICHIESTA DI FERMARE I GIUDICI DEL CASO RUBY.
Oggi alla Camera si vota la fiducia sul decreto di attuazione del federalismo municipale, rinviato indietro dal presidente Napolitano e che la maggioranza è stata costretta a far ripassare in Parlamento. La richiesta del voto di fiducia è stata presentata ieri in contemporanea alla consegna alla presidenza della Camera della lettera con la quale i capigruppo della maggioranza, Lega compresa, hanno chiesto al Parlamento di sollevare il conflitto di attribuzione contro i magistrati milanesi che hanno inquisito il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile. La decisione se sollevare o no il conflitto e portare tutta la questione sul tavolo della Corte Costituzionale potrebbe prenderla l’ufficio di presidenza della Camera (dove la maggioranza non ha più i numeri), o essere portata alla decisione dell’aula (dove il calciomercato ha riportato la maggioranza in vantaggio). Per evitare che si pronunci solo l’ufficio di presidenza, già ieri è cominciato il bombardamento politico-mediatico su Gianfranco Fini. Lo stesso trattamento riservato nei giorni scorsi alla Corte Costituzionale: l’obiettivo delle bordate dei giorni scorsi contro i giudici comunisti della Consulta era una forma di pressione preventiva. La coincidenza tra le due iniziative ha fatto emergere chiaramente lo scambio tra Berlusconi e la Lega: da un lato la fiducia sul federalismo, in modo da consegnare a Umberto Bossi e Roberto Calderoli la bandiera del federalismo, anche se poi il provvedimento è un pasticcio formidabile con tasse e balzelli per cittadini, artigiani e commercianti; dall’altro l’ennesima via di fuga concessa a Berlusconi per uno dei suoi processi. Nell’intreccio di interessi che lega Berlusconi e Bossi alla sopravvivenza a tutti i costi di questo governo, anche se ormai ha dimostrato di non essere in grado di affrontare i problemi reali degli italiani, vi sono però anche altri obiettivi. Il primo è la possibilità di lottizzare a piene mani alcune tra le più importanti aziende italiane nelle quali vi è una forte partecipazione azionaria dello Stato ed i cui vertici sono in scadenza. Durare al governo per un altro po’ di tempo consentirà infatti alla Lega di piazzare al vertice di Eni, Finmeccanica, Terna, Enel, tanto per fare qualche esempio, alcuni dei propri uomini. Con buona pace del merito (e delle tasche degli italiani) di cui tanto parla la maggioranza. Anche i cosiddetti responsabili hanno deciso di essere della partita. Sono accorsi a sostegno del governo. Ora stanno tampinando Berlusconi perché vogliono posti di ministro, di viceministro, di sottosegretario. Le richieste sono talmente numerose che il presidente del Consiglio non riesce a trovare la quadratura. Per questo il governo rimane con alcuni posti in bilico o vuoti (Bondi per esempio non va nemmeno più al ministero dei Beni culturali).
2. DISOCCUPAZIONE GIOVANILE AL 29,4 PER CENTO, INFLAZIONE IN CRESCITA, NUBI ALL’ORIZZONTE.
Mentre governo e maggioranza sono intenti a pensare ai processi di Berlusconi, alle tv, alla spartizione dei posti, buona parte degli italiani sta nella palude, come testimoniano gli ultimi dati Istat. La disoccupazione giovanile sfiora ormai il 30 per cento. Quella femminile è al top. E l’inflazione è tornata a mordere, anche se i salari e redditi sono di fatto fermi. Beni alimentari, carburanti, servizi: la media degli aumenti dei prezzi ha toccato il 2,4 per cento su base annua. E le nubi all’orizzonte non fanno presagire nulla di buono. L’unico pezzo di Italia che respira è rappresentato dalle imprese che hanno un mercato internazionale e hanno continuato ad esportare i propri prodotti. E’ questo pezzo di paese che sta trainando la crescita. Il resto è fermo.
3. IL PD PREPARA IL PIANO NAZIONALE PER LA RIPRESA E MANTIENE LA MOBILITAZIONE DI PIAZZA: L’8 MARZO SI CONSEGNANO LE FIRME, MA NON CI SI FERMA: PER LA SCUOLA, PER LA COSTITUZIONE, PER L’ITALIA. PRESSIONE CONTINUA.
Mentre il governo e la maggioranza pensano ad altro, il Partito Democratico sta lavorando alla predispone di un piano nazionale per la ripresa con il quale sfidare il governo e preparare il progetto nazionale che la Unione europea ci chiederà obbligatoriamente tra poche settimane. Su questo progetto, alla predisposizione del quale il Partito Democratico ha già lungamente lavorato nei mesi scorsi, il Pd chiamerà al confronto imprese, sindacati, parlamentari, esperti. Un contributo e una sfida, insomma, che il Pd vuole affiancare alla mobilitazione dei propri militanti e simpatizzanti nelle piazze di tutta l’Italia. Ieri, di fronte a palazzo Chigi si è svolta una manifestazione per sostenere le ragioni della scuola pubblica, contro gli attacchi e i tagli del governo Berlusconi. Il giorno 8 marzo, in parallelo alle manifestazioni organizzate dalle donne, il Pd farà una manifestazione a Roma che si concluderà con la consegna simbolica da parte delle donne del Pd delle firme raccolte per le dimissioni di Berlusconi a Palazzo Chigi. Ma nella riunione della segreteria nazionale del Pd svoltasi ieri mattina il segretario Pier Luigi Bersani ha proposto di dare seguito a questa forma di mobilitazione mantenendo sul governo la pressione dei cittadini. I militanti e i simpatizzanti del partito scenderanno in piazza anche il 12 marzo a difesa della Costituzione e per sostenere la scuola pubblica, vilipesa, bistrattata. E, come hanno chiesto anche alcune organizzazioni sui territori, il Pd continuerà a raccogliere firme per le dimissioni di Berlusconi. Proposte di governo da un lato e mobilitazione dall’altro. Per battere il governo della destra e preparare il superamento del berlusconismo.
4. L’ANTITRUST, CONFLITTO DI INTERESSE E RICHIESTE DEL MINCULPOP.
L’Antitrust ha ufficialmente stabilito che non potrà essere Silvio Berlusconi a decidere il prolungamento o meno del divieto di incrocio proprietario tra emittenti televisive e case editrici di quotidiani, divieto scaduto il 31 dicembre, prorogato al 31 marzo con il provvedimento chiamato Milleproroghe ed il cui prolungamento potrà essere deciso ora dal governo. La maggioranza, nel votare (con la fiducia ovviamente) quel provvedimento aveva dimenticato un piccolo particolare: il conflitto di interessi del presidente del Consiglio, la cui famiglia è l’azionista di maggioranza assoluta di Mediaset, di Publitalia (raccolta pubblicitaria), della Mondadori e, tra l’altro, figura tra i principali azionisti di Endemol (principale produttore di contenuti tv) e della Mediobanca (maggiore azionista oltre che delle Generali, principale compagnia di assicurazione italiana, anche di Rcs, casa editrice de Il Corriere della Sera). Senza contare Il Giornale, controllato dal fratello di Silvio Berlusconi, Paolo, e dalla Mondadori. Mentre l’Antitrust ricordava questo piccolo particolare la maggioranza (che ha già imposto in Rai l’arrivo di Giuliano Ferrara e Vittorio Sgarbi) ha presentato presso la commissione di vigilanza sulla Rai un regolamento secondo il quale i talk show dovrebbero vedere, di settimana in settimana, l’alternanza di conduttori con orientamenti politici diversi: una volta Santoro e Floris, un’altra giornalisti di fiducia della destra.
5. LA TRAGEDIA LIBICA E L’OPZIONE MILITARE. DRAGHI ROMPE GLI INDUGI
E PREPARA IL CONGELAMENTO DEI BENI.
La flotta degli Usa si sta avvicinando alla Libia e, considerata la resistenza di Gheddafi e il permanere della guerra civile, il segretario di Stato Clinton sta prendendo in considerazione anche l’opzione militare. In Italia, intanto, mentre il governo è paralizzato, il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha avviato le procedure per congelare tutte le iniziative finanziarie e le partecipazioni dello Stato libico.
6. TUTTE LE NUBI DELLA TEMPESTA PERFETTA CHE SI ADDENSANO ALL’ORIZZONTE DEL MONDO CONTRASTANO CON L’ASSENZA DI CONTROMISURE DA PARTE DEI GOVERNI. A COMINCIARE DALL’ITALIA.
Vari articoli di economisti, opinionisti, di storici avvertono ormai da giorni sulle nubi che si stanno addensando all’orizzonte. Oggi ne ha scritto Mario Deaglio su La Stampa, indicando alcuni pericoli incombenti. “Il primo è politico e si chiama Destabilizzazione. In una mano tiene, ben visibile, il colonnello Gheddafi, mentre l`altra è nascosta e non sappiamo bene che cosa ci riservi: l`Egitto non è certo assestato, il Bahrein e l`Oman ribollono, in Algeria c`è un susseguirsi di scioperi, in Tunisia se ne è andato il primo ministro. E ci stiamo dimenticando la Costa d`Avorio sull`orlo della guerra civile, le elezioni contestate in Gabon e Uganda, il profumo di «rivoluzione al gelsomino» come è ,stato chiamato lo scontento sotterraneo cinese che allarma il governo di Pechino. Se poi passiamo a Paesi più vicini a noi, i risultati delle elezioni irlandesi, la sconfitta che ha quasi annullato il partito di governo non promette nulla di buono: un rifiuto dei nuovi governanti di adeguarsi al piano di austerità imposto da Bruxelles porrebbe a rischio i bilanci di molte banche, specie tedesche e inglesi, che hanno investito pesantemente in titoli legati al debito irlandese”. Il secondo pericolo è l’inflazione da prezzi agricoli, rincarati per l’enorme richiesta proveniente dai paesi di nuovo sviluppo, per eventi climatici e per la speculazione. “Secondo l`indice compilato da The Economist, in un anno il prezzo delle materie prime alimentari è cresciuto di circa 1140 per cento”. Deaglio non ne ha scritto, ma altri economisti hanno già sottolineato come l’inflazione potrebbe avere una forte spinta anche dalla enorme massa di moneta immessa in circolazione dalle banche centrali, in particolare dalla Federal Reserve Usa per salvare le aziende di credito dal crac. Un altro pericolo riguarda l’approvvigionamento energetico ed il prezzo di gas e petrolio “E` bastata l`interruzione delle forniture libiche, pari al 2 per cento della produzione mondiale, perché il prezzo del greggio salisse di oltre 10 dollari al barile” ha ricordato Deaglio. La combinazione di tutti questi mostri, ha scritto Deaglio, “può portare alla Stagflazione, forse la più brutta malattia che l`economia ci riserva, un misto temibile di stagnazione che debilita e di inflazione che impoverisce. L`ultima volta che l`Occidente se la prese, quasi quattro decenni fa, ci mise diversi anni a uscirne fuori”. Non è detto che questa malattia il mondo se la prenda un’altra volta. Ma sarebbe prudente prepararsi. Invece, ha concluso Deaglio, a Bruxelles, a Parigi, a Berlino e a Washington nessuno ci pensa. L’Italia non è stata nemmeno citata nell’articolo di Deaglio. Ma la situazione è sotto gli occhi di tutti. Le sole preoccupazioni del governo della destra riguardano la fuga di Berlusconi dai giudici, le bandierine del federalismo pasticciato per Bossi e Calderoli, le poltrone di governo per i responsabili e per i leghisti nelle aziende partecipate dallo Stato.
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