A cura dell'Ufficio Nazionale Circoli PD.
1. BERLUSCONI HA PAURA DEL CONFRONTO CON GLI ELETTORI, MA LE AMMINISTRATIVE NON LE PUO’ FERMARE: IL 15 E IL 16 MAGGIO SI VOTA. UN TEST PER MANDARLO A CASA.
Il presidente del Consiglio si è barricato nel palazzo ed ha una gran paura delle elezioni, perché sa che le perderebbe: a provarlo non ci sono tutti i sondaggi che lo danno in caduta libera, mentre mostrano una costante ripresa del Pd e del centrosinistra. La verità è che nel paese ci sono segni evidenti di insofferenza verso un governo che non ha alcun interesse per i problemi degli italiani.
L’appuntamento con le elezioni amministrative in molte grandi città italiane diventerà così un test generale: a Torino a Piero Fassino potrebbe contrapporsi la sottosegretaria Laura Ravetto. A Bologna il centrodestra ancora non è riuscito a trovare uno sfidante per Merola. A Napoli, dove la destra ha cercato di chiudere anticipatamente la giunta Jervolino, ma ha fatto pasticci con le firme, l’Idv ha anticipato la candidatura di De Magistris e il Pd sta lavorando per trovare un consenso largo attorno al prefetto Morcone. La destra si sta orientando intorno al nome di Lettieri. A Milano Giuliano Pisapia sfiderà il sindaco uscente Moratti.
Il raffronto con le ultime elezioni regionali, con le europee e con le politiche sarà a favore del centrosinistra.
2. NO ELECTION DAY CON L’ACCORPAMENTO DEI REFERENDUM. BINDI: CON I TRECENTO MILIONI DI SPESA RISPARMIATA CI SI POTEVANO FARE GLI ASILI NIDO.
Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, si è rifiutato di unificare il voto amministrativo con quello per i referendum, spostati così al 12 giugno: un modo per tentare di non far raggiungere il quorum e di evitare una ulteriore sconfitta per la destra (nucleare, due sull’acqua, uno per abolire il legittimo impedimento).
La decisione di Maroni è però risultata palesemente in contraddizione con tutto ciò che il governo e in modo particolare la Lega hanno fatto fino ad oggi. Basti pensare alle proteste leghiste per i costi di un giorno di festa nazionale per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. In quel caso la ripresa economica non giustificava la spesa. In questo invece si possono tranquillamente buttare dalla finestra 300 milioni di euro.
Nel corso della conferenza stampa sulla situazione femminile, svoltasi ieri a Roma, il presidente dell’assemblea nazionale del Pd, Rosy Bindi, è stata chiara: quei 300 milioni di euro potevano essere utilizzati per finanziare gli asili nido, considerati i tagli di spesa drammatici che il governo della destra ha apportato al sistema del welfare.
3. LA VITA DELLE DONNE IN ITALIA: IL LIBRO NERO DEL GOVERNO, IL LIBRO BIANCO DEL PD. L’8 MARZO IN PIAZZA PER PORTARE A PALAZZO CHIGI LE FIRME DEL BERLUSCONI DIMETTITI. E PARTE LA GUERRIGLIA DI LIBERO E DEL GIORNALE.
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il presidente Rosy Bindi e la portavoce della conferenza nazionale delle donne del Pd, Roberta Agostini, hanno presentato ieri in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati quelli che potrebbero essere chiamati il libro nero del governo sulle donne e il libro bianco del Pd per sostenere il miglioramento della situazione femminile in Italia. Tagli ai servizi, sottoccupazione, riduzione e cambiamento in peggio di tutte le forme di lavoro che potrebbero favorire l’occupazione delle donne. Di fatto il governo della destra ha abolito o non più finanziato tutti i provvedimenti presi dal governo Prodi per l’occupazione femminile e i servizi. Il Pd ha al contrario un corposo pacchetto di proposte concrete (dagli sgravi fiscali per l’assunzione delle donne nel Mezzogiorno a diversi interventi di irrobustimento dei servizi) studiato per migliorare la situazione femminile in Italia.
Nel corso della conferenza stampa il segretario del Pd ha illustrato l’iniziativa del Partito democratico il giorno 8 marzo: colto l’obiettivo di raccogliere milioni e milioni di firme per le dimissioni di Berlusconi, l’8 marzo si terrà a piazza di Pietra a Roma una breve manifestazione che si concluderà con la presentazione da parte di una delegazione del Pd delle firme a Palazzo Chigi. “Berlusconi ha paura del confronto con l’elettorato” ha detto il segretario Pier Luigi Bersani, “perché sa bene che lo vinceremmo noi”.
Lo straordinario successo nella raccolta delle firme per il “Berlusconi dimettiti” ha colpito duro. Nel tentativo di sminuire la portata di questo successo (l’ennesima testimonianza concreta del fatto che il paese non sopporta più il Berlusconi aggrappato alla sedia) i giornali della famiglia del premier (Libero e Il Giornale) ieri hanno lanciato un attacco concentrico al sito del Pd, invitando i propri lettori (ed elettori) a sporcare la raccolta ancora in corso con firme false. Un segno evidente di nervosismo e di come funziona il sistema di potere della destra. Quando un avversario diventa davvero pericoloso partono gli aerei del rais per bombardare mediaticamente le postazioni avverse. Questa volta però se ne sono dovuti tornare con le pive nel sacco: il sito del Pd ha sospeso la visibilità delle firme per ripulire il data base. E in ogni caso, la dimensione del successo della raccolta, tra i 20 mila gazebo aperti in tutta Italia e i quattro milioni di moduli spediti ad altrettante famiglie è così evidente da non poter essere sminuita.
4. IL PD PREPARA GLI STATI GENERALI DELL’ECONOMIA PER PRESENTARE IL PROGETTO DI RILANCIO PER L’ITALIA. LEGA E PDL PREPARANO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA PER IL BLOCCA PROCESSI E IL RIMPASTO PER DIVIDERSI I POSTI. E INTANTO CRESCE LA CIG E LA CGIL CHIAMA ALLO SCIOPERO GENERALE.
Tutto il governo lavora ventre a terra alla riforma della giustizia. Giovedì prossimo è prevista la riunione del Consiglio dei ministri per il varo dei diversi disegni di legge costituzionali (ci vorrà se tutto gli va bene almeno un anno di lavoro). Con Ancora più
affanno gli avvocati di Berlusconi guidano le contromosse dei parlamentari del Pdl e della Lega per cercare di arrivare a sollevare il conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale prima del 6 aprile, giorno di udienza nel processo per direttissima a Milano per concussione e prostituzione minorile.
Come sempre in questi casi, gli strateghi del salvacondotto hanno cominciato a far uscire anche alcuni kamikaze con proposte straordinarie, da ritirare prontamente, ma utili a far sembrare le ipotesi scritte dagli avvocati di Berlusconi come la più normale delle soluzioni. Ieri è stata la volta della proposta (subito ritirata come da prassi, dopo il coro delle proteste) presentata da un parlamentare del Pdl per introdurre una super abbreviazione della prescrizione dei reati (cioè la caduta della possibilità di procedere da parte dei giudici) qualora l’accusato abbia più di 65 anni. Bastava aggiungere solo qualche particolare personale (per esempio, 65 anni, che si mette il fard sulle guance, che porta i tacchi alti e che si tinge i capelli) per avere la fotografia di Silvio Berlusconi.
Anche il presidente del Consiglio sta lavorando molto: con tutte le promesse che ha fatto ai parlamentari transfughi per riportarli alla maggioranza non sa più come fare. Non è escluso dunque che giovedì, insieme alle norme sulla riforma delle giustizia, il Consiglio dei ministri vari anche un decretino per far crescere il numero dei sottosegretari nel governo.
Mentre Pdl e Lega pensano a come bloccare i processi a carico di Berlusconi per concussione, prostituzione minorile, ma anche (altri processi) per corruzione, evasione fiscale, e mentre il premier pensa a come sistema i parlamentari acquisiti via calciomercato, il Partito Democratico pensa all’Italia, al progetto di riforma per la riscossa dell’Italia. Il responsabile economico del partito, Stefano Fassina, d’accordo con il segretario Bersani, sta preparando per il 21 marzo gli stati generali dell’economia italiana, un giorno di incontro faccia a faccia tra il vertice del Pd e i gruppi parlamentari del Pd con le delegazioni dei sindacati, degli industriali, dei commercianti, degli artigiani, dei cooperatori, per un confronto sulle proposte che il Partito democratico intende presentare al paese e all’Europa e con le quali intende sfidare il governo in campo aperto.
A testimoniare che le proposte del Pd sono efficaci e produrrebbero ottimi risultati è intervenuto oggi l’economista Francesco Giavazzi su Il Corriere della Sera. Naturalmente non ha avuto il coraggio di dire su Il Corriere che quelle cose buone lì le ha fatte Bersani e le ha abolite il governo della destra, ma ha parlato della sostanza: “Se si vuole dare un segnale concreto occorrono microinterventi che favoriscano la concorrenza e indichino una nuova direzione di marcia: possono essere varati in pochi giorni e non costano nulla. Due esempi. Evitare il ripristino delle tariffe minime previsto nella riforma forense approvata dal Senato (ma non ancora dalla Camera) che impediscono ai giovani che accedono alla professione di poter offrire prezzi più competitivi. Consentire l`apertura di nuove parafarmacie, uno degli esperimenti di maggior successo di questi anni. Poter acquistare un`aspirina a mezzanotte in autostrada (da un farmacista neolaureato che non ha avuto la fortuna di ereditare il negozio dai genitori) ha fatto capire anche ai più scettici che cosa significhino le liberalizzazioni”.
Ieri L’Istat ha reso noto che il ricorso alla cassa integrazione guadagni a zero ore è aumentato in modo pesante negli ultimi mesi.
Sempre ieri la Cgil ha deciso di indire uno sciopero generale di quattro ore contro la politica del governo.
5. IL FEDERALISMO REGIONALE SI ARENA SUI TAGLI ALLE REGIONI.
Dopo il pasticcio delle tasse con il federalismo comunale (ieri perfino la Confcommercio ha dichiarato che tassa di soggiorno, patrimoniale su artigiani e commercianti e addizionali varie non faranno bene all’economia) anche l’attuazione del federalismo regionale si preannuncia un pasticcio. Le regioni hanno abbandonato il confronto, perché le condizioni di fondo non sono quelle promesse dal governo. All’appello già mancano 400 milioni. Senza contare tutti i problemi relativi allo standard delle prestazioni e dei costi sanitari.
Il ministro Roberto Calderoli ha preso tempo (quattro mesi di proroga).
6. GHEDDAFI SUL BANCO DEGLI IMPUTATI DEL TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE DELL’AJA. MA PER COLPA DELLA DESTRA L’ITALIA NON POTRA’ APPLICARNE LE DECISIONI.
Il Tribunale penale internazionale dell’Aja ha messo sul banco degli imputati il colonnello Gheddafi per i crimini di cui si sta macchiano nella sanguinosissima repressione della propria gente in Libia. E anche questo è diventato un elemento di imbarazzo per l’Italia. Il governo della destra non ha ancora portato a ratifica, come ha proposto il Pd, le norme relative al Tribunale dell’Aja. E quindi, teoricamente, l’Italia non potrebbe intervenire.
L’Italia ha deciso comunque di far partire una missione umanitaria. L’Europa tentenna. Gli Usa restano titubanti di fronte all’ipotesi di un intervento armato. Ma se non si riuscirà a far fare un passo indietro a Gheddafi e se continua la guerra civile con i bombardamenti via aereo dei ribelli, l’Occidente rischia di essere trascinato per forza nel conflitto libico.
7. INFLAZIONE E INTERESSI. L’ITALIA CI RIMETTE.
Prezzo del petrolio alle stelle. Materie prime alimentari in rincaro continuo. Ieri il board della banca centrale europea non ha deciso contromosse. Ma il presidente della Bce Jean-Claude trichet è stato chiaro. Ad aprile, se continua così, la Bce tenterà di frenare l’ascesa dell’inflazione con un aumento dei tassi di interesse. La prima mossa sarà di soli 0,25 punti. Ma la base di partenza è il tasso dell’uno per cento in vigore da mesi. Dunque si tratterebbe di un rincaro di un quarto rispetto al costo dei prestiti tra banche oggi. Soprattutto si tratterebbe della prima mossa in risalita dopo un lunghissimo periodo di stasi. Per l’Italia sarebbe una bruttissima notizia. Ogni punto percentuale in più nei tassi di interesse il governo italiano è costretto a pagare dai 10 ai 15 miliardi di euro in più ogni anno per rinnovare i titoli dell’enorme debito pubblico nazionale. Un debito che il governo della destra ha portato dal 104 per cento del Pil lasciato da Romano Prodi a quasi il 120 per cento. Anche i singoli cittadini italiani che hanno contratto un mutuo o un prestito a tasso variabile subirebbero nel caso di un aumento dei tassi un colpo duro, a causa del rincaro della rata mensile.
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