11 aprile 2011

Nota del mattino del 11 aprile 2011


1. IMMIGRAZIONE. L’EUROPA DEI POPULISMI SI CHIUDE. L’ITALIA GETTA BENZINA SUL FUOCO DELLE DIVISIONI. ALLARME DEL QUIRINALE.
Oggi il ministro degli Interni, Roberto Maroni, sarà in Lussemburgo a discutere di immigrazione con gli altri governi europei. E non avrà un compito facile. L’Europa ha bocciato i provvedimenti italiani sui permessi temporanei. Arrivata dopo settimane di chiacchiere sui respingimenti, di proclami della Lega e approvata esplicitamente con l’intento di far passare gli immigrati verso altri paesi, la decisione italiana di concedere i permessi temporanei di soggiorno è stata considerata non idonea ad aprire le porte dell’area Schengen, perché presa senza l’urgenza di eventi straordinari. Se invece di fare propaganda, il governo avesse organizzato l’accoglienza e preparato meglio questo passaggio, forse non si sarebbe arrivati a questo punto. I permessi temporanei italiani, così come sono oggi, non permetteranno agli immigrati di passare le frontiere.
Va detto che in questa impasse molto ha contato anche il predominare in Europa delle politiche di centro destra, dove predomina l’ ”ognuno pensi per sé”. Basti pensare che nelle elezioni appena svolte in Canton Ticino, Svizzera, hanno vinto i cugini svizzero-italiani della Lega. Prima parola d’ordine: fuori gli italiani. Ma il governo e lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che nei giorni scorsi ha addirittura ventilato l’ipotesi di lavorare per smembrare l’Europa, hanno dato un contributo determinante alla crisi. « L`Italia non può pensare che l`Europa sia un taxi dove si sale quando serve e si scende quando non si ha più bisogno» dice oggi Emma Bonino in un’intervista. «La posizione del governo francese che non vuole migranti se non sono in grado di sostentarsi è la stessa che aveva il ministro Maroni quando c`era il problema dei romeni. Mi verrebbe da dire che chi è causa del suo mal pianga se stesso. L`Europa ha necessità di rigore e slancio se vuole affrontare questioni così delicate. Le parole di Silvio Berlusconi rendono l`Italia poco credibile». Quanto alla fuoruscita dalla Ue, minacciata da Berlusconi come rappresaglia alla sordità nei confronti delle richieste italiane, Massimo D`Alema è netto: «Penso che se lui se ne andasse non sarebbe rimpianto da nessuno. Il livello di discredito di cui gode il nostro Paese a causa sua è veramente impressionante. E’ difficile reclamare la solidarietà dell`Europa quando l`Italia ha fatto di tutto per non assumersi la sue responsabilità».
Le parole di Berlusconi e le risposte dei partners europei hanno spinto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano a lanciare un ammonimento: in Europa serve una visione «comune» anche sull`immigrazione. Guai a perseguire atti di «ritorsione» o «linee di divisione», con il rischio di un passo indietro verso un assetto di «separazione» e il precipitare dell`Ue dentro il perimetro angusto della sola unione monetaria.

2. GLI INDUSTRIALI ATTACCANO MA NON FANNO AUTOCRITICA. LA CLASSE DIRIGENTE HA SOSTENUTO BERLUSCONI, ORA GLI VOLTA LE SPALLE.
Dopo aver sostenuto acriticamente il governo Berlusconi, la Confindustria ora prende le distanze. Emma Marcegaglia, presidente dell’organizzazione, dice in un video preparato in vista dell’assemblea generale di maggio degli imprenditori: “Siamo stati lasciati soli”. Ha ragione, naturalmente: non esiste una politica industriale del governo; le imprese, come i lavoratori, sono stati abbandonati a se stessi. Ma gli industriali sono stati a lungo zitti. E anche di fronte alle proposte di riforma presentata a più riprese negli incontri organizzati dal Pd con le forze sociali la Confindustria, per concordando con molte delle proposte presentate dal Partito Democratico, non ha avuto il coraggio, o non ha voluto, uscire allo scoperto. Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari, da anni pronto a scendere in politica appena Berlusconi dovesse mollare, esulta alle parole della presidente degli industriali.

3. TREMONTI HA DUE SETTIMANE DI TEMPO PER PRESENTARE DEF E PIANO NAZIONALE RIFORME. LE PROPOSTE DEL PD GIA’ PRESENTATE ALLE FORZE SOCIALI E A BRUXELLES.
Entro pochi giorni il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, deve presentare il documento di programmazione economica e finanziaria sulla base del quale poi il governo dovrà disegnare bilancio e politica economica, ma anche il Piano nazionale delle Riforme da presentare in Europa. Nessuno dei due documenti è pronto. La presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, ha chiesto nei giorni scorsi che il Pnr sia discusso in Parlamento prima di essere presentato all’Europa. In questo modo si potrebbero discutere e mettere a confronto le idee e le proposte concrete del governo e quelle che il Pd ha già preparato e presentato alle forze sociali e a Bruxelles.
Berlusconi, in notevole difficoltà di consenso, vorrebbe presentare una riforma fiscale tale da
far risalire i sondaggi prima delle elezioni amministrative e tale da superare i moltissimi mal di pancia del centrodestra. E sta mettendo sotto pressione il ministro Tremonti.

4 GIUSTIZIA OGGI RIPRENDONO I PROCESSI. DOMANI RIPRENDE LA DISCUSSIONE SUL PROCESSO BREVE. A FINE MESE LODO MONDADORI.
Un’altra settimana decisiva per la giustizia. Oggi il presidente del Consiglio sarà presenteall’udienza milanese per il processo Mediaset. Ma da domani riprende alla Camera la discussione sul processo breve (e sulla prescrizione breve che serve al presidente del Consiglio per sfuggire al processo Mills per corruzione). Il voto più importante è previsto per mercoledì. L’opposizione del Pd e degli altri partiti sarà durissima. Ancora mobilitazione nelle piazze. Ma anche i mal di pancia nel centrodestra rischiano di produrre qualche novità. Dopo la fine del mese si ricomincerà con altri processi, questa volta diversi. A parte la ripresa del processo su Ruby, per il 4 maggio è fissato l’appuntamento decisivo per il Lodo Mondadori: vi si deciderà se Berlusconi deve o no pagare 750 milioni di euro per risarcire De Benedetti dei danni di una sentenza che la Cassazione ha stabilito comprata 20 anni fa da un avvocato dell`odierno premier
nel suo interesse. Una decisione che il presidente del Consiglio, con il solito garbo, ha definito “una rapina a mano armata”.

5. I MAL DI PANCIA DELLA DESTRA.
Da La Repubblica. “ Il Pdl è un barcone alla deriva. Gianfranco Miccichè lo ha compreso prima di altri. E oggi Miccichè si prende il lusso della rivincita su chi sghignazzava sulla «scialuppa senza futuro» di Forza del Sud: «Le scialuppe si mettono a mare quando la nave sta per affondare». I segnali di crisi si moltiplicano. Basta un niente, una cena segreta di ministri forzisti in hotel romano, come quella di giovedì scorso, per provocare reazioni a catena sempre più forti. Ieri da Arcore, riecheggiando un editoriale molto esplicito di Giuliano Ferrara sul Giornale, Silvio Berlusconi ha mandato a tutti un chiaro segnale di insofferenza: «Basta con queste liti. Io sono ancora qua, a battermi come un leone, e c`è chi pensa già al mio funerale. Ma si illudono». Perché è chiaro che, al di là delle baruffe chiozzotte tra ex forzisti ed ex colonnelli di An, al fondo della questione c`è la grande corsa per posizionarsi nel dopo-Berlusconi. E questo il male oscuro che sta corrodendo il Pdl dall`interno. I quotidiani d`area hanno già fiutato il problema. «Berlusconi è bollito?», si è chiesto Libero. E Feltri, pur proclamandone l`insostituibilità, ha impietosamente definito ieri il caro leader come «stanco», «provato», «rintronato». Un battitore libero come Giancarlo Lehner, prestato dal Pdl ai responsabili, evoca addirittura «un 25 luglio, fissato a mercoledì prossimo, ad opera, questa volta, di imbecilli organizzati dentro il Popolo della libertà». È vero che proprio per mercoledì, giornata in cui alla Camera è atteso il voto finale sul processo breve, un irrequieto Claudio Scajola ha fissato una cena romana con tutti i suoi seguaci (una quarantina). Ma difficilmente la pugnalata finale arriverà dal politico ligure. Amareggiato per essere tenuto ancora fuori dalla porta, Scajola ieri ha confidato a un amico la sua delusione: «Contro di me si è scatenata la P4». Aggiungendo comunque di non voler «creare problemi a Berlusconi» e smentendo le voci di un suo imminente passaggio al terzo polo. Il movimento più clamoroso in corso è quello dei ministri di area forzista. Nella saletta dell`hotel Majestic c`erano quasi tutti, su invito di Paolo Romani, da Alfano a Frattini, da Prestigiacomo alla Gelmini, e poi Fazio, Carfagna, Fitto. Da un antipasto contro gli ex An, soprattutto contro La Russa, gli otto sono passati rapidamente al vero scopo della serata, l`attacco studiato a tavolino contro Giulio Tremonti. Raccontano che a spronarli di nascosto sia stato lo stesso Cavaliere, sempre più impaziente di ottenere dal ministro dell`Economia quella riforma fiscale che sembra perduta nei cassetti di via XX Settembre. Berlusconi sente che la benzina del governo è agli sgoccioli, ha bisogno come l`aria di un provvedimento che ridia al Parlamento qualcosa su cui discutere per i prossimi due anni. Al di là delle leggi sulla giustizia. «Alfano spiega uno dei ministri non invitati alla cena - non muove un passo senza averne prima informato il premier. È ridicolo pensare che abbia partecipato a un`iniziativa di corrente senza prima averne ricevuto l`assenso da Berlusconi». Insomma, il Cavaliere starebbe organizzando i suoi come massa di manovra contro l`unico vero rivale in campo per la successione: Giulio Tremonti. Berlusconi in privato ha promesso che, prima delle amministrative, la legge delega sulla riforma del fisco dovrà arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri. E su questo non transige. L`irritazione dei confronti di Tremonti è cresciuta anche per le recenti nomine nelle aziende pubbliche. «La Lega e il ministro
dell`Economia - osserva uno degli uomini del premier- hanno preso tutto, hanno vinto a manbassa. A Berlusconi hanno lasciato la nomina di Maria Grazia Siliquini nel Cda delle Poste». L`ira del premier contro titolare dell`Economia è condivisa da molti dei suoi ministri. «Ormai - si è lamentato Alfano alla cena del Majestic a me Tremonti nemmeno mi saluta più». Che non siano stati gli ex An l`oggetto della cena dei ministri forzisti lo spiega con un certa ruvidezza la stessa presunta vittima del complotto, Ignazio La Russa. «Posso solo dirle -confida- che so per certo che non ce l`hanno con noi. Nei manuali di tattica militare si chiama "falso scopo", è quando vuoi attaccare un obiettivo e fai credere al nemico di puntare qualcos`altro. Sbaglia chi se la prende con noi, anche perché non siamo in gara per il dopo-Berlusconi, che oltretutto ci sarà fra vent`anni. Anzi, dico di più: siamo proprio noi ex An il collante di questo partito». La Russa non ci sta a fare il capro espiatorio delle divisioni altrui. Ma l`era del triunvirato a via dell`Umiltà ormai è alla fine.

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