15 giugno 2011

Nota del mattino del 15 giugno 2011.


1. CANDIDATURE. TREMONTI RITIRA FUORI LA RIFORMA GIA’ PRESENTATA NEL 2001 E PER LA QUALE NON E’ MAI RIUSCITO A TROVARE LE RISORSE. NEMMENO ADESSO CI SONO I SOLDI PER FARLA. TREMONTI LO DICE, INVOCA ANCHE L’OBIETTIVO DI ARRIVARE AL PAREGGIO DI BILANCIO E SI CANDIDA A PRENDERE IL POSTO DI BERLUSCONI.
Tre sole aliquote Irpef, e più basse: 20, 30 e 40 per cento. Su tutti i quotidiani oggi campeggia la proposta presentata ieri dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, come se fosse la ricetta della felicità. Tremonti ha tuttavia avvertito: si può fare se ci sono i soldi e mantenendo comunque l’obiettivo di arrivare al pareggio di bilancio.
Ma i soldi non ci sono. Lo stesso Tremonti ha firmato con l’Unione europea una cambiale per la quale ha dovuto mettere nero su bianco che entro il 2014 l’Italia raggiungerà il pareggio di bilancio. Stando ai numeri scritti dal ministro dell’Economia nel Def (tavola 1 pagina 1: tutti possono leggere i documenti, basta scaricarli dal sito del ministero), le manovre di aggiustamento dovranno essere pari in valore all’1,2 per cento del Pil nel 2013 e ad un altro 1,1 nel 2014, senza contare gli aggiustamenti da fare già per quest’anno e quello venturo. Tradotto in cifre assolute, si tratta di poco meno di 40 miliardi di euro.
Oltre a questa cura da cavallo, capace di abbattere anche il paese più forte, per fare la riforma che ha ri-raccontato Tremonti di euro ce ne vorrebbero altri 20-30 miliardi.
Ma allora perché Tremonti ha raccontato di nuovo la riforma che ha proposto nel 2001 e da allora non è mai riuscito a fare pur stando al governo per molti anni? Di più: perché l’ha riproposta sapendo che, messa insieme alla manovra per raggiungere il pareggio, questa riforma sarebbe impossibile da finanziare? Alcuni sospettano che la presentazione della riforma fiscale unita all’avvertenza sul rigore di bilancio sia in realtà una “discesa in campo” di Tremonti che si candida per il dopo Berlusconi nel centrodestra.
Memento: nel frattempo il debito pubblico italiano ha toccato in aprile un nuovo record: 1.890 miliardi di euro. E la prima legge che rischia di finire nel dibattito parlamentare è quella sulla prescrizione breve al Senato, ormai indispensabile per evitare che Berlusconi sia condannato per corruzione nel processo Mills.

2. FIBRILLAZIONI PADANE. IN VISTA DI PONTIDA E DEL DIBATTITO IN PARLAMENTO SUL GOVERNO LA LEGA E’ SULLE SPINE.
Maroni, Tosi, Zaia: tutta generazione di 40-50enni leghisti è in fibrillazione. In vista del tradizionale raduno di Pontida, previsto per domenica 19, alzano i toni e cercano di smarcarsi dalle “sberle”, così le chiamano, prese nelle amministrative e nei referendum da vecchio duo Bossi e Berlusconi. La Base leghista è in tumulto. Ma Bossi non mollerà il presidente del Consiglio.

3. PD PRIMO PARTITO. GIUSTA LA LINEA DI SOSTEGNO AL RISVEGLIO
CIVICO. ORA AL CONFRONTO SUL PROGRAMMA DI GOVERNO CON
OPPOSIZIONI E SOCIETA’ PER PREPARARE L’ALTERNATIVA.
L’ultimo sondaggio Ipsos, presentato ieri sera a Ballarò: 29,8 per cento Pd, 27,1 Pdl,
10,2 Lega, 8,9 Sel, 6,4 Idv, 5,2 Udc, 4,4 Grillo, 3,3 Fli.
Da L’Unità: Presidente Rosy Bindi, davvero non c`è collegamento tra i risultati dei
referendum e la richiesta di dimissioni dei governo avanzata dal Pd? «C`è eccome un
collegamento, nessuno ha voluto strumentalizzare il risultato del referendum o
appropriarsi del voto di oltre 27 milioni di italiani, ma parliamoci chiaro: non siamo su
Marte. E stata bocciata la politica del governo, soprattutto in materia di giustizia e il
fatto che a bocciarla siano stati anche moltissimi elettori di centrodestra è una ragione in
più per chiedere le dimissioni di questo governo. Non capisco i puristi dell`ultima
ora...». Tanto per non fare i nomi, Antonio Di Pietro. Che adesso ritiene inutile anche
una mozione delle opposizioni in Aula. Come se la spiega questa posizione
all`improvviso moderata? «Non mi sono chiari i motivi di questo argomentare di Di
Pietro. Qui nessun partito si vuole intestare il risultare ma la volontà popolare quanto
più è ampia tanto più nettamente boccia il governo. Il Pd ha fatto una richiesta politica,
le dimissioni, se il Pdl e la Lega fossero responsabili non direbbero che non ci sono
conseguenze politiche dopo i referendum. Durante questa campagna referendaria
abbiamo parlato di acqua e nucleare ma c`era anche un quesito sul legittimo
impedimento, una legge ad personam che gli italiani hanno bocciato bocciando
contestualmente il minstro Alfano e la sua riforma "epocale" della giustizia». Bindi, ma
l`altra sera chi era in piazza per festeggiare ha urlato contro i partiti, compreso il Pd,
"non ci rappresentate". «Io ero lì e ho ricevuto un`accoglienza molto calorosa. Detto
questo, sono convinta che quella dei referendum non sia una vittoria dei partiti. I partiti
hanno avuto il merito, e il Pd in modo particolare, di incrociare questa volontà popolare,
così come hanno avuto merito quelli che hanno raccolto le firme, tra cui anche molti
nostri iscritti. Sono anche convinta della forza del messaggio arrivato dalle urne: l`Italia
si è svegliata, ha ripreso in mano la propria capacità di decidere, e questo è frutto di
un`onda carsica che qualcuno di noi dubitava che ci fosse e invece è esplosa e si è
manifestata. Oggi questa circostanza ci interroga tutti: il governo che deve andare a casa
e i partiti di opposizione che devono mettersi in sintonia con quel messaggio». Adesso,
però tutti i partiti aspettano Pontida, quando Bossi parlerà al suo popolo. Secondo lei la
Lega alla fine staccherà la spina? «È dalle elezioni amministrative che la Lega, a parte
la città di Milano, perde voti. Quello è stato un primo segnale, con i referendum ne è
arrivato un altro ancora più netto. Si è votato contro le leggi approvate dal governo e
anche se alcuni esponenti leghisti avevano indicato di andare a votare per acqua e
nucleare, i loro elettori, tantissimi, hanno votato in maniera omogenea anche sul
legittimo impedimento. E evidente che Bossi dovrà fare una riflessione, perché mentre
la rottura dentro la maggioranza con Fini si è consumata soprattutto tra la classe
dirigente, questa si è consumata con l`elettorato, ed è molto più seria. Non è un caso che
oggi i massimi dirigenti della Lega dicano “o si cambia o stacchiamo la spina". Ma io
non vedo quali possano essere gli spazi di cambiamento». II 21 e il 22 in Parlamento ci
sarà la verifica chiesta dal Colle. Il Pd presenterà o no una mozione contro il governo?
«Mi sembra presto per dirlo, ha ragione Bersani, vediamo cosa faranno loro. Dovremo
ascoltare la relazione del presidente del Consiglio e poi decideremo di conseguenza».
Archiviata definitivamente l`ipotesi di un governo tecnico? «Direi di sì. Per noi non ci
sono vie di mezzo: se cade il governo si va al voto». Con questa legge elettorale?
«Berlusconi non la cambierà mai, a lui sta bene il Porcellum. Noi abbiamo una nostra
proposta aperta alle opposizioni e poi, se si dovesse consumare una rottura dentro la
maggioranza, con chiunque sia interessato a cambiarla, ma senza fare accordi». I sondaggi danno un Pd in forte crescita. Ma la prova dei nove sarà la costruzione di un`alternativa. «Se il Pd cresce è perché sta pagando una linea politica sostanzialmente fondata su due pilastri: la capacità di ascoltare e di mettersi in sintonia con il Paese e la consapevolezza che essere il primo partito non significa essere autosufficienti, ma riferimento imprescindibile per costruire l`alternativa. La domanda di cambiamento che arriva dal Paese, inoltre, è in linea con i valori fondanti del nostro partito: tutela del bene comune; una società fondata sulla solidarietà e non sull`individualismo, sulla sicurezza, la salute. Questo referendum è una sconfitta anche di tutti coloro che in questi anni sono stati tentati da qualche cedimento culturale nei confronti di quella che sembrava l`onda vincente nel Paese. C`era chi pensava che anche le idee sbagliate della destra amministrate da noi potevamo diventare giuste: no, sono giuste le nostre».

4. LA RAI DISTRUTTA DAI BERLUSCONIANI SI APPRESTA A DECIDERE NUOVE NOMINE. PER UN’EVENTUALE CAMPAGNA ELETTORALE BERLUSCONI E BOSSI VOGLIONO TUTTE LE POSTAZIONI DI FUOCO.
Ecco il conflitto di interesse trasformato in risultati economici: 2 miliardi e 770 milioni di ricavi per Mediaset, 2 miliardi e 630 milioni per Sky, 2 miliardi e 553 milioni per la Rai. La principale impresa culturale del paese, costretta in condizione servile, guadagna di meno.
Ed è già pronto il nuovo pacchetto di nomine con il timbro della maggioranza per blindare tg e trasmissioni in vista di un’eventuale campagna elettorale per le politiche.

5. CONTRATTI. MARCEGAGLIA INCONTRA I SINDACATI E MARCHIONNE TORNA A METTERE TUTTO IL PESO DELLA FIAT SULLA BILANCIA. CONFERENZA NAZIONALE PER IL LAVORO DEL PD A GENOVA IL 17 E 18.
Da Il Corriere della Sera: “ «Le distanze non si accorciano né si allungano», dice Susanna Camusso, leader della Cgil dopo l`incontro col presidente della Confindustria Emma Marcegaglia su contratti e rappresentanza. «È stata una chiacchierata generale, un giro d`orizzonte» rileva il numero uno della Confederazione di Viale dell`Astronomia. Ma intanto nel faccia a faccia informale, che si è svolto ieri pomeriggio nella foresteria dell`associazione degli industriali in Via Veneto a Roma, le due signore hanno programmato di continuare a confrontarsi. Prende così concretezza l`avvio di un tavolo di confronto della Confindustria con tutte le sigle sindacali, Cgil compresa che tornerebbe a sedersi e a trattare con Cisl e Uil già forse nei prossimi giorni, il 21 o 22 giugno secondo quanto ha annunciato Marcegaglia”. Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, ha di nuovo messo tutto il peso del suo gruppo in questa trattativa. Sempre da Il Corriere della Sera: “Apprezza il lavoro della Confindustria, ma ribadisce la volontà di far valere prima di tutto gli interessi della Fiat. Mantiene la porta aperta con i sindacati, e annuncia un incontro a breve («entro fine mese») con Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil)”.
Il 17 e 18 giugno a Genova si svolgerà la conferenza nazionale per il lavoro del partito Democratico. Dopo l’Assemblea nazionale che fissò le proposte di base del partito, e circa 90 assemblee e riunioni provinciali, le proposte del Pd ora vengono affrontare a Genova di fronte a oltre 500 delegati e invitati.

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