29 luglio 2011

La nota del mattino del 29 luglio 2011.


1. GLI USA ANCORA IN BILICO. L’EUROPA PURE. E LA TEMPESTA SUI TITOLI PUBBLICI ITALIANI RISCHIA DI MANGIARSI UN TERZO DELLA MANOVRA.
Ancora una fumata nera per l’accordo sul debito pubblico tra repubblicani e democratici negli Usa. La paura di un evento dalle conseguenze imponderabili e potenzialmente devastante per l’economia mondiale come un default Usa sta prendendo il posto della fiducia sulla possibilità di un’intesa all’ultimo momento. La Cina, principale creditore degli Usa attraverso il possesso di una montagna di titoli di Stato emessi dagli Usa, oggi ha lanciato un monito agli americani. Lo stesso ha fatto il Fondo monetario internazionale.
Anche l’Europa ha i suoi problemi, dato che nella realizzazione dei piani di salvataggio decisi per Atene si sta muovendo al rallentatore, mentre la Grecia, la Spagna, l’Irlanda, il Portogallo e l’Italia sotto il tiro della speculazione.
Ieri l’asta dei Btp è andata bene, ma gli interessi che lo Stato ha dovuto offrire ai risparmiatori per ottenere questo risultato sono cresciuti al 5,77 per cento l’anno, poco meno di un punto in più rispetto alle aste precedenti. Se questo livello di remunerazione dei nostri creditori si stabilizzasse nelle prossime aste, lo Stato italiano rischia di dover spendere per gli interessi una somma più o meno equivalente ad un terzo dell’iniqua e pesantissima manovra economica che il governo ha scaricato sulle spalle dei ceti medi e bassi.
Da Il Corriere della Sera. Articolo di Massimo Mucchetti. “Il differenziale tra i Btp a 10 anni e i bund tedeschi è salito ieri fino al 3,37%. Di questo passo, in poche settimane, i tassi sul debito pubblico italiano potrebbero superare quelli spagnoli. Troppo alti per dare ancora fiducia. E allora la fuga dal rischio Italia potrebbe diventare un`eventualità concreta. Irrazionale, ove si consideri, l`economia reale. Ma i mercati sono razionali solo nella fantasia degli economisti. Tipico, per esempio, l`effetto gregge. Di cui abbiamo appena avuta una dimostrazione con il riposizionamento di alcuni fondi americani e di assicurazioni tedesche e italiane. L`altro ieri, mentre le associazioni imprenditoriali, bancarie e sindacali invocavano un atto di discontinuità del governo e un Patto perla crescita, il Financial Times avvertiva che Deutsche Bank aveva ridotto da 8 miliardi di euro a uno il suo investimento in titoli pubblici italiani. La Germania è il secondo finanziatore estero del Belpaese, il primo è la Francia. La prima spiegazione («Postbank, che abbiamo acquisito nel 2010, aveva troppi titoli italiani rispetto alle, nostre medie, che sono di 1-1,5 miliardi») appare insufficiente. Da Milano, il responsabile di Deutsche Bank per l`Italia, Flavio Valeri, ricorda l`impegno sul campo. Che c`è. Ma a questo punto, magari dalla sede di Londra, la prima banca tedesca, a fortissima vocazione finanziaria, dovrebbe rivelare la variazione dei suoi investimenti nel primo semestre del 2011 per ogni Paese dell’eurozona e per le altre macroregioni del mondo. E Josef Ackerman, leader di Deutsche Bank, dovrebbe chiarire perché ha ridotto dell`88% l`investimento nei titoli pubblici italiani, mentre la sua stessa banca diffondeva rapporti lusinghieri sui medesimi. L`ultimo risale al 20 luglio. Prima che parli, vorremmo pregarlo di evitarci la favoletta delle muraglie cinesi che separano gli uffici studi dalle sale operative. L`Italia ha imparato a sue spese la lezione delle banche
internazionali che prima ti colpiscono e poi si offrono di soccorrerti. Accadde nel 1992, con l`attacco alla lira e poi con la ben remunerata assistenza, prestata alla vendita
delle partecipazioni statali e alla gestione di una larga parte del risparmio italiano. Di concerto con le autorità di controllo delle Borse di Londra e Francoforte, la Consob dovrebbe indagare sulle transazioni di Deutsche Bank per fugare ogni dubbio su una manipolazione del mercato ovvero passare le carte alla procura della Repubblica. Ma più e prima della Consob dovrebbe essere il governo a sincerarsi presso la cancelleria di Berlino sulle intenzioni reali della Germania rispetto all`Italia. Dove - ma non è nemmeno il punto principale - banche e assicurazioni oggi possono essere scalate con modica spesa. Il debito pubblico tedesco, ancora basso in relazione al Pil, ha sorpassato quello italiano in cifra assoluta. Qualche sua asta ha mostrato piccoli segni di difficoltà. Se Deutsche Bank non è sola, è legittimo sospettare una riduzione dell`investimento del sistema finanziario tedesco nei titoli pubblici altrui a favore di quelli del proprio Paese. E l`aumento dei differenziali convoglierebbe verso i sicurissimi bund sia il risparmio interno che quello degli altri Paesi, e il risparmio italiano è ingente. Sono incubi da spread? Speriamo. Ma vorremmo tanto che qualcuno da Roma ci dicesse: abbiamo verificato dati alla mano, Frau Merkel e la Deutschland Ag nutrono sempre fiducia nell`Azienda Italia. E invece leggiamo di Silvio Berlusconi che potrebbe assumere l`interim dell’Economia, ma non telefona a Berlino”.

2. INVECE DI AFFRONTARE LA CRISI IL GOVERNO ITALIANO E LA DESTRA PENSANO A SALVARE BERLUSCONI DAI PROCESSI ANCHE A COSTO DI DISTRUGGERE LA GIUSTIZIA.
Invece di affrontare la crisi e discuterne in Parlamento, come chiede il Partito democratico (ieri lo hanno formalmente chiesto il capogruppo a Montecitorio, Dario Franceschini, e il segretario nazionale Pier Luigi Bersani), il governo è teso a fare il massimo sforzo (oggi si vota la fiducia posta dal governo al Senato) per ottenere la modifica dell’iter processuale penale, offrendo agli imputati la possibilità di chiamare obbligatoriamente a testimoniare tutti coloro che vogliono. E’ l’ennesima legge pensata per insabbiare i processi di Berlusconi e che rischia di mandare in tilt l’intera giustizia italiana (l’esempio più chiaro: se un teppista fa un atto vandalico in uno stadio, la difesa potrà chiamare a testimoniare tutti gli spettatori presenti).
Da La Repubblica. “Per il processo Mills si potrebbe già suonare la marcia funebre. Per quello Mediaset, significherebbe probabilmente dilatare talmente i tempi da non essere certi di raggiungere nemmeno il verdetto di primo grado. Per i presunti fondi neri Mediatrade, le possibilità di evitare la prescrizione del 2014 potrebbe invece essere meno evidente. Nessuna conseguenza apparente, infine, per il Rubygate. Ecco come il ciclone «processo lungo», approdato ieri al Senato, potrebbe abbattersi sui quattro processi milanesi in cui è imputato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Per il caso Mills, in cui il premier è accusato di corruzione giudiziaria, la speranza di arrivare alla sentenza di primo appare davvero ardua. A gennaio scadono i tempi della prescrizione. Allo stato mancano otto testimoni della difesa, prima di dare la parola al Imi Fabio De Pasquale per la sua requisitoria e la richiesta di pena. Alla ripresa del processo dopo la pausa estiva, il 19 settembre, se il processo lungo fosse legge, gli avvocati onorevoli del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, potranno chiedere alla Corte di riaprire la loro lista dei testimoni. Prima della riforma, ne avevano chiesti 82 (15 quelli ammessi dai giudici). In un processo normale, in meno di dieci udienze, con la riforma, potrebbero essere ascoltati tutti. Ma gli impegni istituzionali consentono all`imputato di presenziare solo il lunedì a tutti e quattro i sarebbe, in pratica, cosa certa. Simile il percorso che sarebbe costretto a subire il caso
Mediaset, in cui il premier è accusato insieme a un gruppo di suoi manager di frode fiscale. L`asticella della prescrizione, in questo caso, si alza al 2014, ma se il pool difensivo si avvarrà della nuova riforma un`altra quarantina di testimoni sarebbe costretta a fare capolino in tribunale. Il problema è che molti dovrebbero arrivare da paesi come il Giappone, gli Stati Uniti, o da quelle nazioni storicamente sede di società offshore del Centro America. E l`ingolfamento sarebbe inevitabile. Per Mediatrade, ancora in fase di udienza preliminare, il discorso è a parte. La prescrizione, come per Mediaset, arriverà nel 2014. In caso di rinvio a giudizio, bisognerà vedere quale lista testi presenterà in un ipotetico dibattimento, la difesa Berlusconi. Con la riforma del processo lungo, infine, non ci dovrebbero essere effetti immediati sul cosiddetto Rubygate, in cui il presidente del Consiglio è imputato di prostituzione minorile e concussione. La prescrizione arriverà solo nel 2025. Ghedini e Longo, in questo caso, hanno già chiesto al collegio di convocare come testimoni 78 persone, tra cui molti ministri in carica. Un numero elevato, ma che oltre a dilatare di alcune settimane il processo di primo grado, di sicuro non impedirà al collegio presieduto da GiuliaTurri di arrivare comunque alla sentenza di primo grado”.

3. MINISTERI AL NORD. ORMAI E’ SCONTRO ISTITUZIONALE. NAPOLITANO RICHIAMA LA COSTITUZIONE, MA BOSSI TIRA DRITTO PERCHE’ HA BISOGNO DI AGGRAPPARSI AI SOGNI DELLA PROPAGANDA.
Berlusconi fa finta di assecondare Napolitano, facendo scrivere nel comunicato sulla riunione del Consiglio dei ministri di ieri che ha avvertito tutti i ministri di rispettare le indicazione del capo dello Stato (e lui che fa, l’osservatore? Non è il capo del governo?). Umberto Bossi ha risposto che ormai è fatta e non si cambia. Ma le contestazioni di Giorgio Napolitano non sono state così lievi da potersi superare semplicemente. Napolitano ha segnalato tra l’altro la violazione della Costituzione e l’assenza di provvedimenti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Due questioni non secondarie. Lo scontro istituzionale è dovuto oggi ad un solo problema: la Lega si sta aggrappando, anche a costo di provocare disastri, all’ultimo appiglio di propaganda che resta: il federalismo era tagli e tasse prima che fosse approvata la manovra. Dopo la manovra è definitivamente morto. I provvedimenti per l’economia avranno effetti pesantissimi. E la Lega continua ad approvare le leggi vergogna. Il mito dei ministeri al Nord è il solo appiglio per fare propaganda. Con buona pace degli interessi del paese.

4. BERSANI LANCIA LA CAMPAGNA PER LA SOBRIETA’ DELLA POLITICA.
Comunicato del Pd inviato alle agenzie di stampa ieri pomeriggio. “I gruppi parlamentari del Partito Democratico, d’intesa con il gruppo dirigente del Pd, hanno deciso di lanciare una forte iniziativa sulla sobrietà e la trasparenza della vita politica. I pilastri di questa sfida sono quattro proposte. La prima: una drastica riduzione del numero dei parlamentari. La seconda: una riforma della legge elettorale volta a restituire ai cittadini il potere di scegliere i propri rappresentanti. La terza: norme più rigorose sull’incompatibilità. La quarta: una legge sulla disciplina dei partiti, in applicazione del dettato dell’articolo 49 della Costituzione, che vincoli il finanziamento pubblico al rispetto di procedure democratiche interne e alla certificazione e trasparenza dei bilanci. Queste proposte saranno al centro di una doppia iniziativa, nel Parlamento e nel paese con una mobilitazione a sostegno delle nostre riforme.
Le proposte sono coerenti con le norme contenute nel Codice etico interno al Pd, che è già più severo del percorso previsto dai normali procedimenti giudiziari, ma che intendiamo rendere ancora più rigoroso nei suoi meccanismi di applicazione. Al Codice etico che vale per tutti gli iscritti il Pd ha affiancato uno specifico Codice per gli amministratori, che tutti gli eletti nelle liste del partito stanno man mano sottoscrivendo. Quest’ultimo prevede tra l’altro l’obbligo di trasparenza su redditi, patrimonio e attività professionale. “Quando parliamo di accrescere il rigore nella vita amministrativa noi non facciamo chiacchiere, ma proposte concrete. Ognuno può giudicare oggi la differenza tra questi impegni e i comportamenti di una coalizione di maggioranza e di un governo che in queste ore si apprestano a votare la fiducia sull’ennesima legge ad personam” ha commentato il segretario nazionale del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani”.

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