11 luglio 2011

Nota del mattino del 11 luglio 2011.


1. LA TEMPESTA NON E’ FINITA. L’ITALIA E’ NEL MIRINO DELLA SPECULAZIONE. LA DEBOLEZZA DEL GOVERNO E DELLA MANOVRA ECONOMICA NON AIUTANO. MENTRE BERLUSCONI PENSA SOLO A COME BLOCCARE IL PAGAMENTO DEL LODO MONDADORI, LE OPPOSIZIONI LAVORANO PER CAMBIARE LA MANOVRA E SALVARE IL PAESE. DOMANI CONFERENZA STAMPA PD PER PRESENTARE MANOVRA ALTERNATIVA.
Borsa italiana ancora in caduta oggi e spread che si allarga tra gli interessi sui titoli pubblici italiani e quello sui titoli pubblici tedeschi (considerati il punto di riferimento per la sicurezza dell’investimento in Europa).
La caduta di credibilità del governo, l’inadeguatezza e l’iniquità della manovra economia mettono l’Italia nei guai. Il Pd è pronto a fare la propria parte nel presentare proposte alternative e a respingere coralmente la speculazione.
Dichiarazione del segretario Pier Luigi Bersani alle agenzie nel corso della sivita in Medio Oriente cominciata sabato. = CRISI: BERSANI, NESSUNO PUO' METTERE ITALIA IN GINOCCHIO = (AGI) - Gerusalemme, 10 lug. - "Siamo intenzionati a reagire coralmente a eventuali tentativi speculativi che tentassero di mettere in ginocchio il nostro Paese. L'Italia non sarà messa in ginocchio da nessuno perché ha fondamentali buoni". Il segretario Pd, Pierluigi Bersani, durante la sua visita in Israele risponde così ai giornalisti che gli chiedono un giudizio sulla convocazione per domani di una riunione dell'Eurozona sulle fibrillazioni dei mercati nei confronti dell'Italia. "E' una cosa che non fa piacere. Ma è da un po’ che segnalo che non è vero che l'Italia è in una situazione tranquilla. Serve una maggiore incisività delle riforme per muovere un po’ di crescita. Va bene intervenire sui conti, anche se va fatto in modo equo, senza bastonare i deboli. Ma prima di tutto bisogna dare una prospettiva e un percorso di crescita". Pur se con "ricette diverse" anche l'opposizione, ha confermato Bersani, vuole impegnarsi con responsabilità per le riforme. (AGI).
ANSA. “Noi daremo la nostra mano facendo le nostre proposte per le riforme. In settimana presenteremo le nostre idee che riguardano anche il contenimento dei costi della Pubblica amministrazione e presenteremo un certo numero di emendamenti alla manovra". Certo, attacca il leader Pd, "è una cosa fuori da ogni minimo rispetto e buonsenso costringere ad approvare una manovra da 47 miliardi in tre settimane, con il voto di fiducia e dei giorni per gli emendamenti". Ed era proprio per consentire un dibattito approfondito in Parlamento che "noi avevamo fatto una proposta ragionevole sui tempi ma non è stata nemmeno presa in considerazione dal governo".
Da La Repubblica. Intervista al vicesegretario del Pd, Enrico Letta. “Responsabilità nazionale. Modello Prodi-Ciampi. Napolitano come stella polare. L`opposizione è pronta a scendere in campo, dice Enrico Letta, vicesegretario del Pd. Pronta anche ad un governo di salvezza nazionale. La situazione è tesa. «Di grandissima preoccupazione. Ne siamo consapevoli, più del governo. L`ultima volta che l`Italia ha vissuto un venerdì così nero era nel `92, quando la lira uscì dallo Sme». Come rispondete? «Ci muoviamo sulla linea indicata da Napolitano, fatta propria da Bersani e Casini, sabato a Bologna. Il Pd si candida ad essere il country party, il partito dell`Italia. E per farlo costruiamo un`opposizione alla Prodi-Ciampi, in termini di rigore e salvezza del Paese». Basterà? «L`attacco di venerdì non è stato generico, ma legato all`impressione che il governo italiano ha finito la benzina. Ora è il momento che l`opposizione scenda in campo. Lo faremo presentando, domani, gli emendamenti alla manovra. E ci impegneremo perché sia approvata nei tempi». In che modo? «Niente ostruzionismi. Diremo sì o no. Se metteranno la fiducia, voteremo no. Ma per respingere la speculazione occorre che la manovra sia approvata. Entro agosto ci sono 30 miliardi di titoli pubblici da rinnovare». Non pensa che l`entità da 40 miliardi, ma solo 25 assicurati dall`attuale
decreto, sia insufficiente ad azzerare il deficit? «Il balletto delle cifre di questi giorni - prima 40, poi 47, addirittura 68 e ora 25 - è indicativo della scarsa credibilità del governo. E, certo, i mercati hanno capito che si tratta di una manovra da governo Leone, da esecutivo balneare, da aumenti della benzina. Si raccattano soldi un po` ovunque. Al contrario, è arrivato il momento di cominciare a parlare di privatizzazioni. Penso a Poste, Ferrovie, Eni, Enel, Finmeccanica e alle 20 mila aziende partecipate degli enti locali. Ma alla manovra manca l`anima, la strategia. Per questo abbiamo chiesto che il governo si dimetta un minuto dopo la sua approvazione». Per dare spazio a un governo di responsabilità? «Per noi la strada maestra sono le elezioni subito. Ma ci fidiamo del presidente Napolitano. Sarà lui a indicare il voto o un governo di salvezza nazionale che termini la legislatura e difenda i conti. Siamo agli sgoccioli. Berlusconi è alla fine. E a noi interessa salvare il Paese». Sarete concilianti sulla manovra? «La responsabilità nazionale non significa accettare tutto a scatola chiusa. Domani presenteremo le nostre proposte». Ad esempio? «Il capitolo crescita e sviluppo manca del tutto. Bisogna rilanciare su liberalizzazioni, privatizzazioni e infrastrutture. Poi modulare l`imposta sui titoli. Rivedere il patto di stabilità per gli enti locali. Toccare le pensioni solo dopo aver tagliato i vitalizi dei parlamentari. E ripulire la manovra dalle "marchette", come quella sulle quote latte. Guardando al dopo». Ovvero? «Sarà un`estate di lavoro per il Pd. Intanto lanceremo il nostro "Progetto Italia" alle Feste del Pd. E poi stiamo preparando delle proposte per rimettere in piedi la politica industriale». Secondo quali direttrici? «Calare due nuovi campioni nazionali, con una golden share pubblica e una gestione manageriale. Da una parte il Polo delle reti italiane, che unisca Terna e Snam Rete Gas scorporata da Eni, sul modello inglese. Sarebbe un gigante europeo. Dall`altra parte l`Ans, l`Aziendanord servizi, grande come Eni ed Enel, sul modello tedesco, che raggruppi tutte le ex grandi municipalizzate del Nord. Una politica choc per il Paese».
Da L’Unità. Articolo di Stefano Fassina, responsabile economia della segreteria del Pd. “Negli ultimi giorni, sono venute fuori le reali ragioni di accentuazione del profilo di rischio-Italia: la perdita di credibilità del governo Berlusconi. In parte, dovuta alle vicende emerse dalle indagini della magistratura. In parte, causata dalla dai contenuti e, sopratutto, dalle carenze della "manovra" di finanza pubblica del 30 giugno scorso, veicolata in un Decreto Legge e un presunto Disegno di Legge Delega (in realtà, un manifesto politico) per riformare il fisco e l`assistenza, valutati, rispettivamente, 25 e 15 miliardi di euro all`anno a partire dal 2014. Oltre all`irrealismo dei risparmi attesi dall`improvvisata Delega, seri danni di credibilità sono stati provocati dalla comunicazione sulla dimensione della manovra, cifrata dal Ministro Tremonti, nell`infelice conferenza stampa del 6 luglio, in 47, 68 ed infine in 40 miliardi di euro. Per tentare di recuperare la confusione, un comunicato del Mef fa ulteriori danni in quanto indica una correzione di 2 miliardi di euro nel 2011 e 6 miliardi di euro nel 2012, quando nella relazione tecnica allegata al Decreto è chiarito che la manovra non ha effetti netti nel biennio indicato. Dopo le preoccupate e condivisibili analisi sulla pericolosità del Governo Berlusconi, si arriva alla domanda da 100 punti: che dice il Pd? Qual è la politica economica del Pd? Bersani promette e non mantiene? Non é così. Il Pd ha già detto. Ha detto con una elaborazione puntuale definita in tre appuntamenti dell`Assemblea Nazionale (Maggio ed Ottobre 2010 e Febbraio 2011) dedicate ai principali problemi aperti nel Paese: dall`assetto istituzionale alle pubbliche amministrazioni, dal fisco al lavoro, dalla regolazione dei mercati alla politica industriale, dalla scuola al welfare. Il Pd non ha prodotto una lista della spesa. Il 21 marzo scorso, il Pd ha discusso con le parti sociali e, poi, inviato al Ministro Tremonti un Programma Nazionale di Riforma (presentato ai media in un paio di occasioni e da fine Marzo sul sito del Pd). Nel PNR elaborato dal Pd, richiamato anche nelle risoluzioni parlamentari al Documento di Economia e Finanza, i singoli punti programmatici sono inseriti in una strategia riformista, definita e quantificata nella sua dimensione macroeconomica e di finanza pubblica. Secondo le nostre quantificazioni, le riforme proposte dal Pd innalzano il Pil potenziale dell`Italia, la variabile decisiva per abbattere il debito pubblico e dare fiducia ai mercati, verso il 2% nel corso di un
triennio. Insieme al conseguimento di un avanzo primario del 3%, consentono di raggiungere nella seconda metà del decennio in corso una riduzione del debito pubblico in linea con le indicazioni del Patto di Stabilità rafforzato. Insomma, il Pd ha già messo a punto una politica economica alternativa per lo sviluppo sostenibile, il lavoro e il taglio del debito. Intorno all`analisi della fase e alle proposte apriamo ora un confronto con tutte le forze all`opposizione del governo Berlusconi. Si tratta di una sfida di carattere costituente. Il Pd è pronto a cogliere e, soprattutto far cogliere all`Italia, l`occasione storica delle riforme.

2. LA TEMPESTA RIGUARDA L’EUROPA INTERA. ANCHE GLI USA ALLE PRESE CON IL RISCHIO DEFAULT.
Da La Repubblica. Intervista all’economia Jean-Paul Fitoussi. «La riunione dell`Eurogruppo non sarà un summit d`emergenza come si vociferava, tantomeno sul caso Italia, ma non cambio un`idea che sostengo da tempo: la paralisi nelle decisioni europee rischia di far saltare non solo un certo numero di Paesi, ma anche la stessa architettura monetaria e perfino politica dell`Unione». Stavolta Jean-Paul Fitoussi, uno dei più prestigiosi economisti internazionali europei, è davvero pessimista. E’ incredibile come l`Europa, la prima potenza mondiale se presa nel suo insieme, un`area di sviluppo planetario senza uguali, sia stata capace di farsi male da sola». Perché? In fondo, gli aiuti alla Grecia sono partiti... «Sì, ma con un anno di ritardo e con tassi d`interesse tali, per entrambe le tranche, che hanno aggravato anziché risolverli i problemi del Paese. Ma che razza di aiuto è prestare 50-60 miliardi a un`economia già in spaventosa crisi al tasso medio del5%? E ad un tasso simile sono arrivati i contributi dell`Fmi. Ma poi, i tempi: il cancelliere Merkel è stata mesi e mesi impegnata in una complessa mediazione politica aspettando il momento giusto per dare via libera e nel frattempo convincerei suoi concittadini che non stavano pagando le vacanze e le pensioni ai greci. Intanto la speculazione ha continuato ad operare, anzi si è via via convinta che poteva attaccare ben più in alto: Portogallo, Spagna, ora l`Italia, domani chissà, probabilmente la Francia e forse anche la Germania». Questo scenario apocalittico " a cascata" è dovuto ai ritardi negli aiuti alla Grecia? «Esatto. Il fatto che una vicenda piccola come la Grecia abbia causato questa crisi spaventosa dimostra la debolezza politica dell`Europa. Ed è un peccato imperdonabile, vista la ricchezza potenziale del Continente. Certo, non sarebbe stata così grave in un momento di minori tensioni internazionali. L`America soffre di problemi di debito molto più rilevanti dei nostri. Wall Street è terrorizzata per la crisi di una Nazione, la Grecia, che conta per lo 0,4% del Pil globale: non le sembra una reazione eccessiva?» Sindrome di Atene anche a Washington? «Sabato Obama ha detto che gli Stati Uniti rischiano il primo fallimento della loro storia se i repubblicani non votano il rialzo del tetto del debito pubblico. Ma soprattutto l`America teme le conseguenze per i commerci e gli equilibri mondiali che avrebbe una débacle profonda dell`Europa. Ora assistono alle paure italiane: l`Italia è un Paese, visto dall`America, grande e sano, certo con delle debolezze, ma insomma non a rischio. Vederlo così in difficoltà fa tremare tutti». I travagli del governo non hanno un ruolo diretto nell’ attacco. I mercati ci mettono sotto tutela perché l`Europa si è dimostrata solo un`espressione geografica. A proposito dell`Italia, Standard & Poor`s non ha mancato di ricordare pochi giorni fa che le incertezze operative del governo e la vacuità della Manovra hanno il loro peso agli occhi della speculazione,e Moody`s ha addirittura fatto rierimento ai risultati del referendum per dimostrare la debolezza della maggioranza. Lei come la vede? «Mi chiede se i travagli politici di questi giorni hanno un ruolo nell`attacco speculativo? La mia risposta è no, almeno non direttamente. Tutto quello che sta succedendo sarebbe accaduto ugualmente anche in condizioni più distese. I mercati hanno messo l`Europa sotto tutela perché la politica europea lo ha consentito. Ripeto, la colpa è dell`Europa, che si sta dimostrando solo un`espressione geografica».
Da Il Corriere della Sera. Articolo di Massimo Gaggi. “Ieri notte un altro «round» a Washington - incontro di Obama coi leader repubblicani - sulla crisi del debito pubblico Usa. Oggi nuovo vertice d`emergenza in Europa sulla crisi greca. E fiato sospeso anche per l`Italia «contagiata» alla riapertura dei mercati. Le crisi fiscali di Stati Uniti ed Europa, entità che eravamo abituati a considerare molto diverse tra loro, diventano sempre più simili: le origini sono diverse - troppo statalismo nella Ue, eccesso di spese militari, una gran mole di interventi di salvataggio e troppi «sconti» sulle tasse nel caso americano - ma la sostanza è comune: rischi di «default» per troppo debito e necessità di operare una stretta proprio quando un`economia sempre anemica avrebbe bisogno di più «benzina». Europa e Usa vanno alla deriva insieme e questa non è una buona notizia per nessuno, visto che anche quei Paesi emergenti che ormai producono e vendono soprattutto per l`Asia e l`America Latina, dipendono da mercati finanziari ancora egemonizzati dall`Occidente.. Ma il dato comune più inquietante è quello della crescente incapacità politica di gestire queste crisi sulle due sponde dell`Atlantico.; Fino a qualche tempo fa nel mirino era soprattutto la Ue, incapace di decidere perché divisa in due aree (la Germania sana e preoccupata soprattutto dei rischi d`inflazione contro il «ventre molle» dei "Paesi mediterranei) con situazioni e interessi assai diversi. Gli Stati Uniti, più omogenei economicamente e con un unico governo, sembravano comunque più agili. Giorno dopo giorno, però - complice la lunga volata elettorale per le presidenziali del 2012 anche a Washington spuntano divisioni paralizzanti e una certa tendenza a scherzare col fuoco. Quello di un`intesa «in extremis» rimane lo scenario più probabile, ma il nuovo braccio di ferro iniziato con l`improvviso rifiuto del capo della maggioranza repubblicana alla Camera, John Boehner, di prendere in considerazione ogni incremento del prelievo fiscale disegna uno scenario più accidentato: una Casa Bianca sempre più debole messa alle strette da leader repubblicani a loro volta ostaggio della destra radicale dei «tea party», ormai incapaci di chiudere l`ambizioso accordo delineato nei giorni scorsi (riduzione del debito di 4.000 miliardi di dollari in dieci anni col ricorso per un quarto di questa cifra a incrementi delle entrate) e costretti a ripiegare su misure molto meno incisive. Con un tempo-limite per evitare il «default» che è stato da tempo fissato dal ministro del Tesoro Tim Geithner al 2 agosto prossimo, è probabile che le schermaglie andranno avanti ancora per qualche settimana. E intanto cresce in tutti e due i fronti - nella sinistra «liberal» come nella destra radicale dei «Tea Party» - la schiera di quelli che pensano che un`eventuale insolvenza del Tesoro non sarebbe poi un evento così tragico per il Paese, mentre per loro ci sarebbe qualcosa da guadagnare sul piano politico. I «rivoluzionari del tè» sposterebbero ancor più il pendolo del fronte conservatore verso le loro tesi radicali, mentre molti «liberal» sperano che l`enormità di un evento come il «default» produrrebbe nel Paese uno «shock» capace di interrompere la deriva a destra della politica americana. Ma non è affatto detto che un`economia ancora fragilissima sia in grado di assorbire senza traumi una simile scossa. Coi debiti che minacciano tutto l`Occidente, banche e finanza di Wall Street di nuovo a rischio e le bolle speculative che incombono su una Cina che corre il pericolo dell` iperinflazione, è da folli tirare la corda fino a portare davvero Washington all`insolvenza. Lo ha ripetuto anche ieri il ministro del Tesoro, Tim Geithner, ma le sue parole sono indebolite dalle voci (da lui smentite ma, pare, fondate) che lo danno in uscita dall`Amministrazione, appena varata la manovra sul debito pubblico (l`ultimo superstite del team economico che si era insediato alla Casa Bianca con Obama nel gennaio del 2009). Così, alla fine, è scesa in campo la stessa Christine Lagarde che ha dedicato il suo primo intervento «di peso» da capo del Fondo Monetario a certificare che un`eventuale insolvenza, anche limitata, degli Stati Uniti, avrebbe conseguenze disastrose per il Paese e per l`intero sistema finanziario internazionale. Il sacrificio (che forse è anche un mezzo passo falso) della Lagarde, costretta a spendere parte del suo patrimonio di credibilità su una disputa che dilania la politica Usa, contribuirà, magari, ad evitare il peggio. Ma rimane forte la preoccupazione per la prospettiva di un compromesso al ribasso come quello proposto sabato notte da Boehner: niente aumento delle entrate (come quello da lui stesso negoziato
in via riservata per settimane) e taglio delle spese limitato a duemila miliardi di dollari. Una manovra dimezzata rispetto a quella che era stata impostata originariamente, ma, soprattutto, basata su scelte che spaccano i due fronti su linee di frattura ideologiche. Quando il leader conservatore, incalzato dai suoi, toglie le tasse dal tavolo del negoziato, spinge i democratici a rimangiarsi anche le aperture sui tagli di previdenza e sanità perché «non possiamo accettare che il prezzo del risanamento venga pagato per intero dai ceti medi e dagli anziani», come denuncia il deputato democratico, Chris Van Hollen. Una questione ideologica e di distribuzione dei redditi in un Paese nel quale la ricchezza è sempre più «polarizzata», ma anche un`interpretazione volutamente distorta di alcuni dati economici. Il pessimo andamento del mercato del lavoro a giugno (appena 18 mila posti in più e disoccupazione ulteriormente cresciuta al 9,2%) viene, infatti, letto dai repubblicani come il risultato dell`eccessiva presenza dello Stato in economia, mentre in realtà negli ultimi due anni sono state proprio le amministrazioni locali e federali in crisi a cancellare un milione di posti di lavoro. Un deficit in parte compensato dai privati che, pur in recupero, non sono, però, riusciti a dilatare di molto l`offerta di occupazione, nonostante un livello di prelievo fiscale che è il più basso degli ultimi decenni”.

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