14 ottobre 2011

La nota del mattino del 14 ottobre 2011.


1. BERLUSCONI NON FINGE PIU’: PUNTA A RESISTERE FINO AL MOMENTO IN CUI POTRA’ ANDARE AL VOTO ALLA GUIDA DEL GOVERNO, CIOE’ FINO A NATALE. BOSSI E’ CON LUI. OGGI UNA STANCA CONTA.
Il presidente del Consiglio non finge più. La qualità del testo letto ieri alla Camera e sul quale
chiedere la fiducia lo dimostra: “Privo di novità, ripetitivo, generico” ha scritto Stefano Folli su
Il Sole 24 Ore in un articolo intitolato “Un discorso modesto per una fiducia svogliata”.
Strategia e tattica del capo del governo sono ormai chiare: Berlusconi punta ad arrivare fino a
Natale per avere il tempo di mettere al sicuro la prescrizione breve (che gli permette di evitare
la condanna nel processo Mills attesa per novembre) e di andare al voto nella primavera del
2012 mantenendo la guida del governo. Anche l’obiettivo di fondo non ha nulla a che vedere
con le prospettive dell’Italia: potendo nominare in base alla vecchia legge porcellum i
parlamentari, Berlusconi potrebbe contare su falangi di fedeli anche se venisse sconfitto alle
elezioni. In questo modo potrebbe difendere gli affari di famiglia e la sua persona e continuare
a combattere (di lasciare il posto ad altri, anche del centrodestra, non se ne parla neppure).
Naturalmente questi sono gli obiettivi di Berlusconi (e di Bossi, che gli stessi problemi di
autodifesa in seno alla Lega). Ma non è detto che il capo del centrodestra riesca a raggiungerli.
Oggi uno stanco voto di fiducia. E una cosa è certa: tutto questo tirare a campare non giova al
paese. In mezzo a una delle crisi peggiori dal 1929, gli italiani rischiano di pagare per gli
interessi e i desideri personali di Berlusconi e di Bossi un prezzo altissimo in termini di tenore
di vita, assistenza, servizi e, soprattutto, prospettive per il futuro dei giovani.
2. DALLE OPPOSIZIONI UN SEGNALE CHIARO: L’ALTERNATIVA ESISTE. BERSANI: 10-12 RIFORME SU CUI TROVARE CONSENSO E MECCANISMI DI COMPATTEZZA NEL CENTROSINISTRA E PROPOSTA A FORZE SOCIALI E MODERATI. MA NON E’ DETTO CHE VENDOLA E CASINI STIANO INSIEME NELLO STESSO MUCCHIO.
Ieri le opposizioni hanno dimostrato con i fatti che un’alternativa possibile esiste. Certo adesso
bisogna lavorare su contenuti e convergenze. Ma non è vero che senza il governo Berlusconi
non c’è niente, oppure che c’è solo la discesa in campo di qualche altro industriale.
L’alternativa la decidono gli elettori. Ai partiti tocca preparare un’offerta adeguata. E’ quello
che sta facendo il Pd. Ieri sera, ospite de La7 a Otto e mezzo, il segretario Pier Luigi Bersani ha
chiarito ancora una volta la linea e la proposta del partito: le forze del centrosinistra devono
trovare una convergenza forte e credibile su dieci- dodici temi e riforme essenziali, in modo da garantire che non ci sarà una riedizione dell’Unione. Contenuti e meccanismi di convergenza e di tenuta delle decisioni nei gruppi parlamentari. E poi allargare la proposta a forze sociali, persone e anche forze politiche moderate. Da Vendola a Casini, “anche se non è detto che stiano tutti nello stesso mucchio” ha chiarito Bersani, intendendo che il progetto riguarda la necessità di ricostruire il futuro democratico ed economico del paese per garantire agli italiani il futuro migliore che meritano. E che questa opera ha bisogno di un lavoro ampiamente condiviso. Senza contare che se si dovesse andare al voto con il porcellum bisognerà assolutamente vincere contro Berlusconi. “Chi vuole fare in altro modo deve chiarire come” ha detto Bersani. Anche sul tema governo/voto il segretario del Pd è stato chiaro: è necessario che Berlusconi faccia un passo indietro per il bene del paese. Se si ripresentasse un governo di centrodestra il Pd resterebbe all’opposizione. Nel caso di un governo formato da personalità di altissimo profilo, riconoscibili a livello internazione, e che avrebbero il compito di fare le riforme per l’emergenza e la legge elettorale per poi andare al voto, il Pd ha già dichiarato la propria disponibilità. Ma se non accade nulla, bisogna andare a votare.

3. NAPOLITANO: MANCA UNA POLITICA INDUSTRIALE.
Da Il Sole 24 ore. Articolo di Dino Pesole. “Occorre tornare a fare politica industriale come in passato. Giorgio Napolitano ieri mattina era a Genova per il settimo Simposio della Cotec-Europa alla presenza del re di Spagna Juan Carlos e del presidente della Repubblica del Portogallo, Cavaco Silva. Un`occasione per parlare nuovamente dei veri problemi che affliggono il paese, con l`occhio rivolto a Roma, alle comunicazioni rese alla Camera dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi in previsione del voto di fiducia di oggi. L`auspicio perché il governo torni a mettere in campo una vera, credibile politica industriale è emerso nel corso dell`incontro con i rappresentanti della Fincantieri di Sestri Ponente. All`uscita del palazzo della Prefettura, Napolitano ha scambiato alcune battute con i lavoratori che lo attendevano all`esterno: «Farò il possibile per aiutarvi. Condivido le vostre preoccupazioni, e mi adopererò perché venga individuata una soluzione nei limiti delle mie competenze”…..

4. SUL DECRETO PER LO SVILUPPO E I TAGLI ALLA SPESA IL CENTRODESTRA E’ INDECISO A TUTTO. SI LITIGA SUI TAGLI E SI RINVIANO LE DECISIONI.
La conferma sulla necessità di tornare a fare politiche concrete e positive e a decidere è arrivata per l’ennesima volta dalle indecisioni e dai litigi all’interno del governo e della maggioranza. Sul decreto per la crescita è buio fitto. Sulle riduzioni di spesa previste nella manovra di agosto e che i ministri dovrebbero ratificare oggi pomeriggio nella riunione del Consiglio dei ministri è battaglia a tutto campo. Appena presa la fiducia (se l’avrà) il governo tornerà a mettere a rischio l’Italia nel mondo. Altro che credibilità.

5. INDIGNATOS. NO ALLE VIOLENZE. MA IL TEMA DEL FUTURO DEI GIOVANI E DEI DANNI PROVOCATI DALLA FINANZA ESISTE.
Domani manifestazioni in tutto il mondo. In Italia, a Roma sono attesi 200 mila giovani. Bersani ha richiamato ieri l’attenzione su questo fenomeno, sottolineando che i temi sollevati dai giovani hanno un vero fondamento e che bisogna dare una risposta. Fermezza, dunque, nei confronti di eventuale violenza. Ma attenzione e risposte per offrire anche una piattaforma credibile. Il Pd e gli altri partiti progressisti europei hanno da tempo avviato una battaglia per introdurre la tassazione delle transazioni finanziarie e utilizzare quelle entrate per abbattere il debito pubblico derivante dai salvataggi delle istituzioni finanziarie in crisi.
Da L’Unità. L’articolo con il quale Fausto Raciti, segretario dei giovani democratici, spiega la partecipazione alla manifestazione dei giovani del Pd. Come da rituale, il dibattito attorno alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questi giorni e di cui la data europea del 15 ottobre rappresenta la prima vera tappa, riguarda principalmente le preoccupazioni relative alla sicurezza e all`ordine pubblico. Sono preoccupazioni comprensibili, certo, ma non spiegano nulla di ciò che di importante sta avvenendo. Allora può valere la pena ascoltare le parole del presidente degli Stati Uniti, che davanti alle manifestazioni a Wall Street ha detto: «È la voce degli americani frustrati dal funzionamento delle strutture economiche e finanziarie di questo Paese». La frustrazione di cui parla Obama però nasce qui, nell`Europa messa sotto scacco dalla crisi dei debiti sovrani e del divorzio tra economia e sovranità democratica. Messi all`indice, questa volta, sono la finanza e le sue regole. In Italia, in particolare, è sotto accusa la lettera della Banca centrale europea come tentativo di sostituirsi, da parte di quest`ultima, al Parlamento, arrivando addirittura a prescrivere in che direzione modificare la Costituzione, il fondamento del patto tra Repubblica e cittadini. In questo senso, abbiamo di fronte un movimento che immette anticorpi dentro le nostre democrazie malaticce. Un movimento possibile perché nato da una generazione che ha conosciuto il divario tra ricchi e poveri nella forma dell`esclusione dall`età adulta. La democrazia e gli spazi della politica sono, finalmente, i veri oggetti del contendere, in un sistema nel quale la sovranità democratica sembra essere sospesa in nome dei diktat della finanza e delle sue strutture e in cui la politica viene ridotta a tecnocrazia in nome di leggi economiche che pretendono di farsi scienza esatta. Dentro un mondo alla rovescia questo movimento è forse il primo e forte segnale del bisogno di trovare un ordine giusto alle cose e il primo segnale di consapevolezza che non sarà il ritorno alle ricette della vecchia e solida socialdemocrazia del compromesso tra Stato e mercato a restituirlo, ma che il nodo irrisolto riguarda la natura e gli obiettivi della costruzione europea. Non era forse per questo che è nato il Partito democratico? Non è forse per questo che siamo tra i più fermamente europeisti? L`Europa è lo strumento per colmare l`asimmetria tra democrazie piccole e povere e mercati finanziari veloci, onnipotenti ed invasivi il cui prevalere ha affermato l`idea che la cittadinanza debba passare essenzialmente per il consumo e che nessuno meglio del libero mercato possa garantire gli interessi della collettività. Uno dei grandi temi del movimento operaio in Italia è stato quello del passaggio «da sfruttati a produttori».
Oggi, invece, il problema inedito con cui confrontarsi è quello del salto da consumatori a cittadini. È da questa base che vanno difesi e reinventati il nostro welfare, il nostro sistema della conoscenza, i nostri meccanismi di rappresentanza democratica, il nostro modello di sviluppo, ripartendo da quel libro bianco di Delors rimasto solo una promessa. Se la sinistra non si fa carico di queste grandi domande, non riuscirà nemmeno a rendere credibile la possibilità di cambiamenti più piccoli. Per questo il 15 è una data importante e dentro la quale, insieme al comitato contro la precarietà, «Il nostro tempo è adesso», noi ci saremo. Anche per contrastare chi cerca di mettere cappelli su un movimento plurale o spingere, da dentro e da fuori, una generazione sulla strada dell`antipolitica: su quella strada si incontrano solo Della Valle, Montezemolo, o, peggio, un ribellismo impotente e violento. Le battaglie referendarie sono senza dubbio un precedente che lascia ben sperare. Aldo Moro di fronte al`68 disse: «Vi sono certo dati sconcertanti, di fronte ai quali chi abbia responsabilità decisive non può restare indifferente: la violenza talvolta, una confusione ad un tempo inquietante e paralizzante, il semplicismo scarsamente efficace di certe impostazioni, sono sì un dato reale ed anche preoccupante. Ma sono, tuttavia, un fatto, benché grave, di superficie. Nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia. Di contro a sconcertanti e, forse, transitorie esperienze c`è quello che solo vale ed al quale bisogna inchinarsi, un nuovo modo di essere nella condizione umana». Un buon promemoria anche per il Partito democratico”.

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