14 dicembre 2011
La nota del mattino del 14 dicembre 2011.
1. IL RIGORE NON BASTA, CI VUOLE UNA SPINTA ALLA CRESCITA: L’EUROPA SI SVEGLIA DAL SOGNO TEDESCO. MA LA STRADA E’ LUNGA.
Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, apre ufficialmente la fase due: c’è bisogno di crescita non solo di rigore. Nel Parlamento europeo viene messo sotto accusa il primo ministro britannico David Cameron. Ma nel frattempo gli accordi dell’8 e del 9 dicembre fanno fatica a trovare l’accordo dei parlamenti e dei governi che, a parole, hanno già detto sì.
Da La Stampa. Articolo di Tonia Mastrobuoni. «Dobbiamo andare oltre sulla crescita, sugli investimenti e sulle misure per l`occupazione». Dinanzi alla plenaria del Parlamento europeo il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso ha messo in guardia ieri dal rischio che il Patto fiscale a 26 scaturito dal vertice euroeo di venerdì scorso resti troppo "tedesco", sbilanciato sull`obiettivo del rigore. Per Barroso «la disciplina di bilancio è cruciale, ma, francamente, non possiamo costruire la nostra unione economica solo sulla disciplina o sulle sanzioni». Per ora il patto «non è abbastanza». Tornando sul clamoroso veto del Regno Unito che ha impedito l`avvio di una modifica dei Trattati, il presidente portoghese della Commissione ha precisato che Londra «in cambio del suo accordo, chiedeva un protocollo specifico sui servizi finanziari». Così com`è stato presentato, ha aggiunto, «rappresentava un rischio per l`integrità del mercato unico». Il compromesso, a quel punto, è diventato «impossibile». Durante il dibattito al Parlamento è andato poi in scena un vero e proprio duello a distanza con Londra. Per il capo dei socialisti-democratici e futuro presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, «la City i Londra ha i giorni contati». E il leader dei liberali-democratici, l`ex premier belga Guy Verhofstadt, ha liquidato la mossa del premier britannico con una battuta al vetriolo: «Quando si va via sbattendo la porta bisogna essere sicuri che gli altri ti seguiranno, come è stato con la Thatcher e Kohl». A Londra, lunedì, il premier britannico David Cameron aveva difeso la propria scelta spiegando ai Comuni che le «modeste, ragionevoli e rilevanti» richieste del suo Governo non sarebbero state garantite. Il premier conservatore ha parlato in un`aula caratterizzata dalla vistosa assenza del suo vice, il liberaldemocratico Nick Clegg. Ma secondo il Times di ieri il premier sarebbe pronto a fare delle concessioni e starebbe studiando come tornare al tavolo europeo del negoziato sul Patto fiscale. La riunione di gabinetto di ieri, secondo un portavoce di Cameron, si sarebbe svolta dunque all`insegna di una atmosfera «buona». Ma oltre ai problemi di coalizione, Cameron deve vedersela comunque con Bruxelles, affatto intenzionata a fare marcia indietro sulla regolamentazione finanziaria. 011i Rehn, commissario agli Affari economici ha chiarito che «se la mossa della Gran Bretagna voleva evitare che la City e i suoi servizi finanziari venissero regolati: non succederà». Intervenendo al Parlamento europeo il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy ha detto che il Trattato per il «fiscal compact» sarà siglato comunque entro marzo e che entro allora saranno decise le dotazioni per il fondo salva-Stati temporaneo Efsf e quello permanente Esm. Il vertice europeo ha sancito che quest`ultimo avrà a disposizione 500 miliardi e ieri Angela Merkel ha ribadito che si tratta del tetto massimo, stando a fonti governative citate da Bloomberg. Ma se il mercato da venerdì mostra segni di nervosismo e ieri è precipitato dopo l`indiscrezione sull`ennesimo «nein» della cancelliera, è perché sullo scudo finanziario che dovrebbe proteggere l`Europa dagli scossoni della crisi, gli investitori vogliono uno sforzo maggiore. Nel frattempo, l`euro continua a scivolare. Ieri per la prima volta in undici mesi è calato sotto quota 1,31 contro il dollaro”.
MODIFICHE ALLA MANOVRA. MA NON SONO TUTTE QUELLE CHIESTE DAL PD. BERSANI INCONTRA CAMUSSO, BONANNI, ANGELETTI E CHIEDE AL GOVERNO DI USARE LA CONCERTAZIONE.
In Parlamento sono arrivate le prime modifiche alla manovra economica che verrà votata tra oggi e domani alla Camera. Modifiche numerose e sulle quali il Pd per ora ha sospeso il giudizio, che esprimerà oggi dopo un esame complessivo dei miglioramenti apportati alla manovra. Ma una cosa è certa. Come ha detto ieri il segretario nazionale del Pd, Pier Luigi Bersani, nel corso dell’incontro con i sindacati, quel che non si riesce a cambiare adesso resterà oggetto di lavoro per un cambiamento futuro. Pieno accordo con i sindacati nell’incontro di ieri. Il Pd intende valorizzare il metodo della concertazione.
Da l’Unità. Articolo di Simone Collini. “Necessità di concertazione, innanzitutto. E poi gradualità nella riforma delle pensioni, nessun passo indietro sulle liberalizzazioni, attenzione alla prima casa. I vertici del Pd e i segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl si incontrano nel primo pomeriggio nella sede dei Democratici e un breve giro di tavolo basta a far emergere sintonia su diversi aspetti riguardanti la manovra, ma non solo. E infatti Pier Luigi Bersani al termine dell`incontro assicura che il Pd insisterà per alcune modifiche, chiedendo al governo di ascoltare Parlamento e parti sociali. Quando Bersani, Letta, Bindi e Fassina ricevono al Nazareno Camusso, Bonanni, Angeletti e Centrella, ancora le commissioni Bilancio e Finanza della Camera sono in attesa dell`emendamento del governo alla manovra. Il segretario e gli altri dirigenti del Pd ascoltano i leader sindacali lamentare la mancanza di concertazione, l`intervento sulle pensioni da parte di un governo che non ha ricevuto un mandato elettorale, il rigore senza crescita ed equità. A preoccupare i segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl è anche la prospettiva che l`esecutivo proceda nei prossimi mesi a una riforma del mercato del lavoro muovendosi come si è mosso in queste settimane, senza un vero coinvolgimento delle parti sociali. Bersani ascolta e annuisce, perché anche per il segretario Pd (come pure per Letta e gli altri dirigenti democrats) servono ulteriori modifiche per una maggiore equità, anche per lui un passo indietro rispetto alle liberalizzazioni significherebbe cancellare una delle poche misure utili per la crescita. Ma soprattutto, anche per il leader Pd (per il suo vice Letta e per la presidente Bindi e il responsabile Economia Fassina) il governo deve muoversi seguendo il metodo della concertazione. A Camusso (che critica il prelievo del 15% per le pensioni oltre i 200 mila euro perché «non c`è progressività») e agli altri leader sindacali fa notare che non necessariamente un governo tecnico non deve seguirlo: il maggior tasso di concertazione c`è stato col governo Ciampi, il minor tasso con l`esecutivo Berlusconi formato dopo le ultime elezioni politiche. Ma Bersani, che pure di fronte ai leader sindacali difende il sostegno al governo Monti come unica possibilità di portare l`Italia «fuori dal baratro», non nasconde di essere preoccupato per gli effetti delle ripetute manovre economiche. «Il rischio recessione è ancora molto serio», è il ragionamento che fa il leader del Pd prefigurando uno scenario in cui il pareggio di bilancio non sia comunque raggiunto. «Dobbiamo chiedere anche all`Europa un segnale». Altrimenti, di manovra in manovra, «c`è il rischio di un effetto avvitamento». Un rischio che può essere evitato soltanto se si evita un circolo vizioso che oggi invece è tutt`altro che scongiurato, tra tagli che approfondiscono la recessione e rendono impossibile la crescita, conseguenti nuove tasse e cifre insufficienti a diminuire il debito. «Più equità aiuta la crescita», dice Bersani facendo notare con una battuta che «chi è ricco non può mangiare dieci volte al giorno». Un modo per rispondere anche a chi critica la scelta del Pd di sostenere il governo e al tempo stesso comprendere la protesta dei sindacati. «Il Pd è un partito di governo che non perde il contatto con le realtà sociali», dice al termine dell`incontro con i segretari sindacali. «Essere di governo vuol dire rendersi conto che più uguaglianza significa qualche garanzia in più per la crescita». Ecco perché il Pd, assicura Bersani, insisterà per migliorare ancora la manovra. «Chiederemo che vengano corretti alcuni punti della riforma delle pensioni, non per smontare l`impianto ma per garantire maggiore equità. Vedremo quanto il governo sarà collaborativo, cercheremo di convincerlo e chiederemo che sia attento al Parlamento e alle forze sociali. Lunedì c`è stata
una mobilitazione, qualcosa il governo la deve dire». Dopo che in serata il governo presenta l`emendamento alla manovra, la valutazione in casa Pd in parte si modifica. Ma Bersani assicura che comunque il lavoro del suo partito non finisce qui. «Ci auguriamo che il governo faccia qualche passo avanti e per quello che non sarà fatto insisteremo nei prossimi mesi».
2. ARRIVANO GLI ISPETTORI DEL FMI A RICORDARCI PERCHE’ SIAMO QUI E CHI CI HA PORTATO SULL’ORLO DEL BARATRO.
Arriva in Italia una squadra del Fondo monetario internazionale. L’aveva chiamata Berlusconi perché non riusciva a venire a capo della manovra. E la presidente del Fmi aveva detto in proposito: “Lo sottoporremo al test della realtà”.
Ecco l’ennesima buona ragione per non dimenticare chi ha portato l’Italia al disastro costringendo tutto il paese a fare un passaggio così duro come quello che stiamo vivendo. E’ lo stesso Berlusconi proprietario e ispiratore di quella parte della stampa che in questi giorni sta gridando di più contro la manovra e contro la casta, la stessa di fronte alla quale quei giornalisti si sono genuflessi fino a pochi giorni or sono. In realtà, a genuflettersi nei confronti del mondo politico berlusconiano o della Lega, per non parlare poi di Tremonti, fino a pochi giorni fa è stata anche la grande stampa, che fa capo a industrie, banche, assicurazioni e finanziarie, le quali sapevano benissimo dove stava andando l’Italia ma hanno taciuto in modo complice fino a quando Berlusconi non si è indebolito ed è stato prossimo a cadere.
Da Il Sole 24 Ore. Articolo di Rossella Bocciarelli e Mario Platero. «Una piccola squadra del Fondo monetario internazionale visiterà Roma la prossima settimana per incontrarsi con le nuove autorità, ricevere aggiornamenti sui recenti sviluppi di bilancio e discutere le modalità di future missioni». E` quanto confermano da Washington esperti dell`organismo diretto, da Christine Lagarde. Gli uomini del Fondo monetario internazionale, in realtà, sbarcano per la seconda volta in Italia nel giro di due mesi. Erano arrivati, infatti per qualche giorno all`inizio di novembre per avviare la consueta disamina annuale del Paese ex articolo IV dello statuto dell`istituzione nata a Bretton Woods, quella che ogni anno si conclude a primavera con la lettera che gli esperti lasciano al ministro dell`Economia, con i loro consigli. Adesso, invece, tornano nel nostro Paese, guidati dal numero due del dipartimento per l`Europa Aasim Husain e dal consigliere Antonio Spilimbergo con un`altro compito: si tratta infatti di una missione di "monitoraggio" sulla base di quanto era stato convenuto a Cannes a quel vertice di capi di stato nel quale l`ex premier Silvio Berlusconi aveva chiesto al Fondo di offrire all`Italia la sua competenza, affinché un soggetto terzo verificasse la veridicità dell`impegno italiano nell`azione di risanamento riduzione del debito e potenziamento della crescita. E la Lagarde, con riferimento alla richiesta di Berlusconi, aveva commentato: «Lo sottoporremo al test di realtà».
3. ACCORDO FIAT, MA LA FIOM E’ FUORI.
Da L’Unità. Articolo di Massimo Franchi. “Tutto parte e riporta a Pomigliano. Alla vigilia della presentazione in pompa magna della nuova Panda nella cittadina campana, i lavoratori del gruppo Fiat in Italia da ieri sanno che dal primo gennaio avranno un contratto per buona parte uguale a quello dei loro antesignani alla Fabbrica Italia Pomigliano. Dopo una trattativa è stato sottoscritto a Torino il contratto di gruppo Fiat. Digerita l`uscita da Confindustria, i circa 86 mila lavoratori delle varie controllate escono dal contratto nazionale metalmeccanico utilizzando un accordo molto simile a quello adottato a Pomigliano. A firmare il testo tutti i sindacati (Fim, Uilm, Ugl metalmeccanici, Fismic e Unione Quadri) tranne la Fiom. Già la scorsa settimana, dopo aver ribadito che non avrebbero mai sottoscritto «l`estensione del modello Pomigliano», i metallurgici della Cgil sono stati invitati a lasciare il tavolo dagli altri sindacati. La nuova intesa, che avrà durata di un anno, recepisce il testo dell`accordo di Pomigliano del 29 dicembre scorso, con nuove
regole in materia di organizzazione del lavoro, straordinari, assenteismo, pause, diritto di sciopero e per quanto riguarda la rappresentanza dei lavoratori con l`introduzione delle Rsa. Proprio per non aver sottoscritto l`accordo, la Fiom non avrà rappresentanti sindacali ed è al momento fuori dalle fabbriche Fiat. «Una svolta storica» per Sergio Marchionne, «un attacco ai diritti e alla democrazia», per Maurizio Landini. Tra le principali novità dell`intesa un premio straordinario per il 2012 di 600 euro che sarà erogato (a luglio) anche ai lavoratori in cassa integrazione e la maggiorazione dal 50% al 60% dello straordinario al sabato. Il nuovo contratto prevede anche premi per l`organizzazione del lavoro dei singoli stabilimenti (200 euro l`anno per i "silver" e 500 per i "gold"). Secondo i sindacati firmatari le retribuzioni avranno un aumento del 5,2% in media. È prevista poi l`aggiunta di un sesto scatto di anzianità quadriennale. Ma il punto più controverso è sicuramente il passaggio dalle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie, votate dai lavoratori) alle Rsa, indicate dai sindacati ìn modo non proporzionale alla rappresentanza. Per ovviare alle critiche della Fiom, i sindacati firmatari hanno deciso di far votare comunque i lavoratori per indicare i loro rappresentanti in modo proporzionale, ma la Fiom (che non ne avrà) sostiene che la scelta «è una foglia di fico e viola l`accordo del 28 giugno che prevede il voto delle Rsu solo per gli accordi aziendali». Il passaggio è stato scelto dalla Fiat sfruttando l`articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, modificato da un referendum (ironia della sorte voluto da rifondazione comunista). Ieri Susanna Camusso ne ha subito chiesto la modifica: L`accordo impone il tema della modifica dell` Articolo 19 dello Statuto dei lavoratori». Una modifica che dovrebbe prevedere una rappresentanza dei sindacati maggiori anche in caso di non ratifica dei contratti. Ma a stretto giro di posta è arrivato il "No" di Cisl e Uil. «Mi dispiace tantissimo che non ci sia la Fiom, ma non è possibile che ognuno chieda modifiche per se stesso», ha spiegato il leader Cisl Raffaele Bonanni. «Una trattativa dura con la casa torinese che ha confermato tutti gli investimenti per "Fabbrica Italia": accordo, quindi, positivo», commenta Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. Di tutt`altro avviso Maurizio Landini: «L`accordo sancisce la cancellazione del Contratto nazionale, senza aver ricevuto alcun mandato dai lavoratori. Pensiamo che il governo non possa stare a guai-dare perché l`accordo separato non dice nulla degli investimenti nel più grande gruppo industriale del Paese e mette in discussione le libertà sindacali garantite dalla Costituzione». «Il contratto è una sintesi evoluta ed equilibrata delle specificità della galassia Fiat», specifica Antonio D`Anolfo, segretario dell`Ugl metalmeccanici. Trionfante, invece, Sergio Marchionne che spiega che «il nuovo contratto è uno strumento moderno che rispecchia la realtà dell`industria a livello internazionale e che permetterà a Fiat di diventare più efficiente e creare le condizioni essenziali per continuare ad investire nel Paese». A partire, si spera, da oggi a Pomigliano con la nuova Panda”.
4. RAZZISMO&VIOLENZA. DOVE CI HA PORTATO LA DEMAGOGIA FORCAIOLA DELLA DESTRA. UN PERICOLO PER IL PAESE.
Un estremista di destra ieri ha sparato, ucciso e ferito diversi senegalesi, per poi suicidarsi prima di essere catturato. L’episodio di sangue è avvenuto a Firenze. Il sindaco, Matteo Renzi ha proclamato il lutto cittadino. Dopo il rogo del campo rom di Torino, ecco l’ennesima manifestazione di razzismo e di violenza. Un segnale inquietante per il nostro paese, perché mostra come la propaganda dell’odio per il diverso, perseguita dalla Lega e dalla destra per coprire l’incapacità di gestire i problemi complessi dell’immigrazione, dell’integrazione e dei disagi sociali, sia penetrata nel profondo. Molte le dichiarazioni dei dirigenti del Pd, da Fiano a Veltroni. Il segretario nazionale del partito, Pier Luigi Bersani: "Il razzismo e la violenza sono diventati un pericolo reale nel nostro Paese. Il sangue sparso oggi a Firenze, dopo l'episodio del campo Rom a Torino, dimostra che questa deriva va fermata. Il dovere di tutti è oggi di impegnarsi per alzare la soglia della vigilanza, della repressione e della battaglia culturale, nella consapevolezza che in una crisi così pesante come quella che stiamo vivendo non si deve abbassare la guardia rispetto alla tenuta della convivenza civile".
Da La Repubblica. Articolo di Adriano Sofri. “Avevamo qui, per strada, nella città bella in cui camminiamo, uno che, fino a mezzogiorno di ieri, era come noi. Uno che aveva avvertito, scrivendo sui Protocolli di Sion: "Quanto esporrò non è banale e semplicistico, e richiede la conoscenza di dati ben fondati, nonché lo sviluppo di ragionamenti logici". Poi ha aperto il fuoco. Quando una squadra di bravi psichiatri norvegesi ha dichiarato Anders Breivik totalmente incapace di intendere, ha pronunciato un`ovvietà. Chi chiameremo pazzo se non l`uomo che va a sterminare scrupolosamente il maggior numero di suoi simili, inermi e innocenti? E non è un pazzo l`uomo che va ad ammazzare dei suoi simili sconosciuti e inermi, badando al colore della pelle, da una piazza all`altra di Firenze? Sono altrettanti casi di follia, e di follia isolata, come si affrettano a rassicurare le autorità. Ma bisogna pur dire che la diagnosi sull`infermità mentale, anche la più fondata giuridicamente, è umanamente insostenibile, perché toglie ai giustizieri la responsabilità che spetta loro, ed esonera gli altri dall`interrogarsi su se stessi. Gli altri sono i sani, cioè quelli che non hanno (ancora) varcato la soglia che li trattiene dal massacro. Il ragioniere della montagna pistoiese - posto aspro e splendido, il posto di Maramaldo e Ferrucci aveva qualcosa in comune con Breivik, forse ha immaginato di emularlo. Vanesio e vile, Breivik aveva scelto i suoi connazionali per l`olocausto con cui si figurava di scuotere una comunità infiacchita e pronta a farsi espugnare. Casseri ha invece mirato ai senegalesi, gli espugnatori. I senegalesi sono specialmente detestabili perché sono alti e belli e parlano le lingue, anche quando scappano alla rinfusa raccogliendo i loro borsoni per sfuggire alla caccia. Non so se questo abbia contato per Casseri. Il quale un anno fa, scrivendo del nuovo romanzo di Eco sui Protocolli di Sion (e insinuando di passaggio che Eco avesse copiato dal romanzo scritto da lui, Casseri, e un suo coautore) citava la domanda del protagonista del Cimitero di Praga: "Ma perché mirate in particolare agli ebrei?". E la risposta: "Perché in Russia ci sono gli ebrei. Se fossi in Turchia mirerei agli armeni". Ecco, il lucido e delirante Casseri, cultore di quei Protocolli, deve aver risposto allo stesso modo. Dopotutto, la bella sinagoga fiorentina è a due passi da lì, ma gli sarà sembrato che "a Firenze ci sono i senegalesi". Un pazzo isolato, dunque, anzi due pazzi isolati, un ragioniere a Firenze e un saldatore a Liegi, hanno fatto strage nello stesso giorno e allo stesso mezzogiorno. Ma anche a questa formidabile coincidenza si può rassegnarsi, e anche al fattaccio torinese del giorno prima - "a Torino ci sono gli zingari", no? Però sentite: nel primo pomeriggio di ieri, quando ancora non si conosceva l`identità dello sparatore, e la notizia sui siti dei giornali locali diceva: "Piazza Dalmazia, due senegalesi uccisi e molti feriti", i lettori più svelti già commentavano. Nel sito della Nazione (che, sia detto recisamente, non ne ha alcuna responsabilità, e ha presto aggiornato il titolo: "Omicidi razzisti") la maggioranza dei primi commenti avevano questo tenore: "Meno due"; "Grazie alla politica del buonismo è stata aperta la porta alla criminalità camorristica e extracomunitaria Napoli è già qua"; "Un grazie ai buonisti newage che non hanno Mai avuto rispetto prima di tutto per gli Italiani lasciando proliferare mescolanze senza criterio... siamo solo all`inizio amici mia ... ma come si dice, mal voluto non è mai troppo..."; "Solo due?"; "Due neri e un bianco: multiculturalità"; "MA QUANDO CI LEVEREMO DALL` ITALIA QUESTO SUDICIUME? CI DEVE PENSARE IL POPOLO ??". E anche dopo, la gran maggioranza dei commenti ha tenuto questo tono. Non prendetelo per un paradosso, ma righe come queste non sono solo commenti a un fatto: lo precedono anche, e lo preparano, sono un antefatto. Le persone che così commentano sono ben lungi dal varcare la soglia fra le parole e il massacro, dunque non sono folli, e peraltro, basta contarle, non sono isolate. Ma anche lo sciagurato che ha fatto il suo passo, e si è guadagnato il certificato di follia, non è dunque così isolato. Casseri era lucido, ho detto: nello scritto che un anno fa dedicava ai Protocolli e alla "falsificazione sionista", si era ingegnato di giustapporre i paragrafi di quel testo famigerato a brani di autori di sinistra e di estrema sinistra noglobal dei nostri giorni, per farne risaltare l` assonanza, e segnalare come i piani dei supposti cospiratori giudaici si vadano compiendo. Nella coincidenza di episodi che infittisce le cronache dei nostri giorni come per una precipitazione chimica, la bufera finanziaria e la sensazione paranoica che l`accompagna, il manipolo segreto di gnomi della
finanza che decidono le sorti della terra, giocano una parte importante. Accostare stralci di parole radicali di estrema destra e di estrema sinistra è un gioco troppo facile e spesso infame, ma occorre badare alla miscela esplosiva che sfrenatezza finanziaria e paura dello straniero vanno accumulando. La nostra estrema destra che si vuole sociale, e cui il ragioniere adepto di Lovecraft e Tolkien e Conan aveva aderito (e anche lei non può esser fatta responsabile della sua spregevole bravata) si chiama Casa Pound, e Pound era un grande poeta, ma il suo culto e la sua attualità hanno a che fare assai meno con la poesia e assai più con l`ossessione dell`usura e dell`antisemitismo. Quella miscela spiega anche le digressioni mentali che portano Breivik, nella crociata contro i pervertitori della razza, a fare strage di ragazzi norvegesi, e Casseri a passare dal fantasma ebraico ai corpi dei senegalesi. Immagino che in molti diranno, ora, che "Firenze non merita questo". Certo. Il mondo non merita questo. Ma dopo aver pronunciato convintamente e compuntamente questo scongiuro, mordiamoci la lingua. Diciamo che quei nostri fratelli senegalesi non meritano questa Firenze e questo mondo. E ricominciamo a pensare”.
5. MINZOLINI FUORI. MA LA RAI E’ NEL PANTANO. IL PD: SUBITO UNA RIFORMA O NON USCIRA’ DALLA CRISI.
Dopo la caduta di Berlusconi arriva quella di Minzolini. E’ un passaggio positivo. Ma il modo attraverso il quale il Cda della Rai è arrivato a prendere questa decisione ha confermato che per la Rai serve una svolta vera e profonda.
Dall’Ansa di ieri, il commento di Matteo Orfini, responsabile del settore del Partito Democratico. "La situazione della Rai è talmente grave che persino quando accade qualcosa di positivo, come la sostituzione di Minzolini, è difficile festeggiare". Lo scrive Matteo Orfini, responsabile Cultura e informazione del Pd, in un articolo in uscita domani su Il Riformista. "L'ex direttore andava rimosso mesi fa per la sua palese inadeguatezza e per il danno che ha arrecato al Tg - sostiene Orfini -. Di più, nel momento della decisione il Cda ha messo in scena ancora una volta un patetico teatrino fatto di veti e voti incrociati su deliberati strampalati. Il tutto per nominare un direttore natalizio, che mangiato il panettone dovrà essere rimpiazzato. E' questo che serve al Tg1? E' così che si rilancia l'azienda? La situazione del servizio pubblico è sempre più drammatica. Occorre una forte e immediata discontinuità nella gestione, che restituisca al servizio pubblico dignità e prestigio e ai cittadini un'azienda di cui essere orgogliosi". "La via maestra - si legge ancora nella nota - è una riforma della governance che liberi la Rai dai condizionamenti politici e che sia accompagnata da misure che garantiscano risorse. Ma se questa via fosse preclusa dai veti, sarebbe doveroso per il governo intervenire prima di ritrovarsi a dover gestire un nuovo caso Alitalia. Anche soluzioni di emergenza come il commissariamento non potrebbero essere escluse. Assistere all'agonia di uno dei gioielli del Paese senza agire sarebbe una vera e propria omissione di soccorso"
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