1. L’EURO IN PERICOLO SMUOVE DRAGHI. MA SUL RUOLO DELLA BCE RESTA LA SPADA DI DAMOCLE DELL’OPPOSIZIONE TEDESCA.
Il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, interviene per la prima volta nel Parlamento europeo e apre alla possibilità di un maggiore impegno nell’acquisto dei titoli pubblici dei paesi in difficoltà. Non è la trasformazione della Bce in versione Federal Reserve Usa o Banca d’Inghilterra. Ma è un passo in avanti. Solo che per poter procedere Draghi avrà bisogno di verificare che tutti i paesi interessati abbiano adottato politiche rigorosissime. La ragione? Semplice: i tedeschi si impuntano.
Da Il Corriere della Sera. Articolo di Federico Fubini. “Nessuno di loro, probabilmente, riuscirà mai a dimenticare quella domenica notte di inizio agosto. Invece di guardare le stelle cadenti, i banchieri centrali europei passarono la serata in una spiacevole teleconferenza, ciascuno dalla sua casa di villeggiatura. Alla fine decisero di iniziare a comprare titoli di Stato italiani e da allora ne hanno messi in bilancio per circa cento miliardi di euro. Per gli appassionati di numerologia, uomini e donne di finanza che attribuiscono poteri magici di rassicurazione alle cifre, l`Eurotower è intervenuta a favore dell`Italia per più di sei miliardi a settimana. Ha comprato molti più Btp sul mercato di quanti il Tesoro sia riuscito a emettere in questo periodo. Ma la Bce deve prendere atto di una lezione innegabile: dopo quei cento miliardi già spesi, i tassi d`interesse che il governo italiano paga sopra la Germania sono saliti fino a un picco di circa 250 punti base (2,5%) di più. E la prova che quanto fatto fin qui non ha funzionato, al massimo è stato uno snervante esercizio di contenimento dei danni. Non è certo colpa dell`Eurotower, eppure la strategia di questi mesi o meglio l`assenza di una qualunque strategia coerente in Europa - ha guidato l`intero sistema sull`orlo di un precipizio. Tutti hanno perso fin qui. Ha perso ovviamente l`Italia che non ha saputo ricreare la fiducia attorno a sé. Ma ha perso anche la Bce, che si è dilaniata fra falchi (tedeschi e qualche raro alleato) e colombe (tutti gli altri) fino alle dimissioni del suo capoeconomista Jiirgen Stark.
Questa è l`eredità implicita che Draghi deve raccogliere. Il successore di Jean-Claude Trichet è tirato da tutte le parti. Dal governatore della Bank of England Marvyn King, a quello della Banca d`Israele Stanley Fischer, al capo economista del Fini Olivier Blanchard, al presidente della Federal Reserve Ben Bernanke: non c`è uno solo dei suoi vecchi compagni di gioventù al MIT di Boston che non pensi che Draghi dovrebbe aprire subito i rubinetti del denaro. Che dovrebbe guidare la sua banca come quelle di Londra e Washington: liquidità potenzialmente illimitata a favore dei Paesi in difficoltà, mentre questi cercano pian piano di risollevarsi. Ma il principale azionista della Bce non è un vecchio compagno di studi di Draghi, anche perché è di vent`anni più giovane. Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, non ha mai votato per gli acquisti di titoli di Stato italiani o spagnoli. Si è sempre opposto e probabilmente continuerà a farlo. In questa partita, la Bundesbank è la sola istituzione a poter pensare che vincerà in ogni caso: se l`euro sopravvivesse, potrebbe rivendicare per sé il merito di aver forzato i reprobi alla disciplina; ma se l`euro si dovesse frantumare, la Bundesbank recupererebbe con gli interessi il potere imperiale che un tempo esercitava sulla moneta. Tutto questo contribuisce a
fare di Weidmann un negoziatore inflessibile, e obbliga Draghi a trovare un equilibrio accorto. Ieri il presidente della Bce ne ha mostrato gli ingredienti. È come se avesse messo sul tavolo dei governi il premio che possono ottenere se faranno in modo di meritarselo. Draghi si è augurato un nuovo «contratto fiscale», un insieme di regole che garantiscano credibilità di bilancio e nelle politiche economiche. In cambio «altri elementi potrebbero seguire - ha aggiunto - ma è la sequenza che conta». Insomma la Bce potrebbe raddoppiare da metà dicembre gli acquisti per Italia e Spagna, a circa venti miliardi alla settimana: un aiuto non risolutivo, ma prezioso. Con buona pace dei vecchi compagni del MIT, arriverà solo se la Bce avrà chiare garanzie - anche dall`Italia - sul rigore di bilancio adesso e in futuro. In caso contrario sarebbe visto dalla Bundesbank, e non solo, come un premio all`indisciplina: una scelta capace di minare le fondamenta politiche dell`euro”.
2. NEL VERTICE DEL 9 DICEMBRE L’EUROPA SI GIOCA TUTTO: O SOPRAVVIVE O CROLLA INSIEME ALL’EURO. LUNEDI’ INCONTRO SARKOZY-MERKEL.
Nel vertice del 9 dicembre i capi di Stato e di governo dei paesi europei si giocheranno il futuro dell’Europa e dell’euro: o saranno in grado di prendere decisioni adeguate o è più che probabile che i mercati riescano a spingere ancora di più verso la crisi l’area della moneta unica. In vista di questo appuntamento Sarkozy e Merkel si vedranno lunedì. E Sarkozy ha rilanciato la necessità di rifondare l’Europa.
Da Il Corriere della Sera. “Nicolas Sarkozy vuole «un nuovo Trattato per una nuova Europa» perché quella di oggi «rischia di essere spazzata via». Lunedì il presidente francese accoglierà a Parigi la cancelliera Angela Merkel: i due leader dell`asse franco-tedesco presenteranno le loro proposte per salvare l`euro e il continente, pochi giorni prima del cruciale vertice di Berlino dell`8 e 9 dicembre. «La paura è tornata», esordisce Nicolas Sarkozy davanti ai cinquemila dello Zénith Oméga, il palazzetto che già ospitò i concerti di Johnny Halliday e Depeche Mode e che ieri è stato teatro del grande discorso presidenziale sulla Francia e l`Europa. Cinquantadue minuti, otto enormi tricolori e una piccola bandiera europea sul palco per convincere che «senza arroganza, ma neanche esitazioni» la Francia farà il necessario per portare se stessa e l`Europa fuori dalla crisi”.
3. LUNEDI’ ANCHE L’ITALIA SI GIOCA IL FUTURO. IL CONSIGLIO DEI MINISTRI VARERA’ LA MANOVRA. BERSANI: ATTENZIONE ALL’EQUITA’. MONTI ASCOLTI LE NOSTRE PROPOSTE.
Da L’Unità. Articolo di Maria Zegarelli. “Se l`incontro avverrà durante il fine settimana, prima della presentazione ufficiale lunedì mattina della cura di ferro che il presidente del Consiglio Mario Monti sta mettendo a punto per l`Italia. O forse saranno soltanto colloqui telefonici con i ministri, ma nel frattempo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ribadisce la linea dei democratici. Non si discute l`appoggio al governo e «non si tratta di porre condizioni», come invece ha fatto «la destra»: si mandano segnali all`esecutivo perché è evidente «che non tutte le misure ci andranno bene al 100%», come è evidente che qualche boccone amaro bisognerà pur mandarlo giù, ma «il complesso degli interventi deve andare nella direzione di equità e crescita». Parlando dai microfoni di Youdem, ieri Bersani si è augurato che a Palazzo Chigi «non si rimanga sordi e disattenti» alle proposte del Nazareno, dalla lotta all`evasione, alle liberalizzazioni, alla patrimoniale. Insomma, pronti a discutere
di pensioni, - flessibilità in uscita da 63 a 68 - di contributivo pro-rata (la proposta rilanciata ieri dal ministro Elsa Fornero), ma a un patto: «chi ha di più deve dare di più. Questo è il punto». Nel giorno in cui Sergio Marchionne ri-annuncia che Fiat lascia l`Italia e la Banca di Inghilterra si prepara al default dell`euro, Bersani dice che sì, «la questione è veramente seria, è necessario fare uno sforzo collettivo davanti al quale ognuno deve prendersi le sue responsabilità» e tuttavia le fasce sociali più deboli non possono essere chiamate ad ulteriori sacrifici che stavolta potrebbero non reggere. «Bisogna fare in modo che le misure, che non saranno indolori, siano il meno possibile recessive e quindi abbiano occhio a un`esigenza di consumi, redditi, situazioni più difficili, dei ceti popolari più ampi». Nessun giudizio preventivo, per il resto, « perché fin qui si è discusso solo su supposizioni».
4. LA CRISI DELLA FIAT E LE DISTRAZIONI DI MASSA ORDITE DA MARCHIONNE, CHE HA UN SOLO SCOPO: EVITARE CHE IL GOVERNO INTERVENGA AL TAVOLO DELLA TRATTATIVA.
Marchionne parla, le agenzie estremizzano una sua battuta, nasce l’ennesima tempesta. Ma questa volta bisogna stare attenti: l’obiettivo dell’amministratore delegato del gruppo Fiat non è solo quello di lasciar intendere che è pronto a mollare se il sindacato non soccombe. Questa volta Marchionne parla, come si suol dire, a nuora perché suocera intenda: non desidera che il governo intervenga nella trattativa tra le parti. Abituato a Sacconi, ha dovuto accettare l’accordo su Termini Imerese e adesso non vorrebbe altri interventi.
5. LE FREQUENZE TV. VALGONO MILIARDI DI EURO. INVECE DI REGALARLE, IL GOVERNO LE VENDA.
Il cosiddetto beauty contest, cioè – tradotto – la concessione a titolo gratuito delle frequenze che si sono liberate ai principali operatori televisivi, a cominciare da Rai e Mediaset, sta diventando anche un nuovo caso politico.
Da La Repubblica (memento: anche De Benedetti potrebbe essere interessato all’acquisizione di frequenze televisive). Articolo di Giovanni Valentini. “Vi sembrano pochi, in questi tempi di vacche magre o magrissime, 16 miliardi di euro? Sono più di quelli - soltanto 11, si fa per dire - dell`ultima manovra d`emergenza chiesta dall`Unione europea al nostro Paese. Eppure, lo Stato italiano non appare tanto interessato a sfruttare un cespite di sua proprietà, stimato appunto intorno ai 16 miliardi, come se fosse incedibile al pari del Colosseo o della Torre di Pisa. E invece, questo è orientativamente il valore delle frequenzeche il governo Monti potrebbe ancora ricavare dalla banda televisiva superstite (Uhf), in aggiunta ai 3,5 già incamerati, se revocasse o correggesse la decisione di "regalarle" agli operatori tv - in primis Rai e Mediaset- ratificata dal fu governo Berlusconi, contro cui s`è schierata ora Sky ritirandosi polemicamente dalla gara”.
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