24 Febbraio 2012
di Marina Sereni
Diffido sempre un po' delle letture giornalistiche e dei bilanci sui "primi cento giorni". Le lune di miele finiscono sempre, le novità invecchiano, la realtà ha molti più spigoli di come a volte la si racconta.
Eppure non posso fare a meno di sottolineare come, dopo poco più di tre mesi dall'insediamento del nuovo Esecutivo, si avverta la sensazione netta di un cambiamento in atto, vero e profondo, nella vita del nostro Paese.
Certo, questo cambiamento di clima generale è anche il frutto dell'uscita di scena di Berlusconi. Tutto ciò che lo ha riguardato, dagli scandali ai processi, è rimasto sullo sfondo. Le macerie sono ancora tutte lì, ma ora finalmente il confronto politico si è liberato di un paradigma, pro/contro Berlusconi, entro cui è rimasto imprigionato per molti anni. Però c'è qualcosa di più e quel qualcosa è appunto dovuto al Governo Monti, all'inedita condizione che è venuta a crearsi in Parlamento, di fronte all'emergenza drammatica dello scorso novembre quando l'Italia ha vissuto il rischio concreto di precipitare nel baratro e di trascinare con sé l'intera Europa. Ora siamo un passo indietro rispetto all'orlo del baratro ma l'emergenza non è finita. Monti ha ridato credibilità all'Italia ma la sfida della crescita e del risanamento non è ancora vinta.
Il Pd, che ha voluto questo Governo perché ha sentito il dovere di salvare l'Italia, ora ha la possibilità di dimostrare di essere un grande partito riformista moderno. Non aderendo acriticamente a quanto il Governo propone, come qualche commentatore ci chiederebbe per dimostrare di essere dei "veri riformisti". Piuttosto mettendo in campo le nostre proposte, sul fisco, il lavoro, la crescita. Dobbiamo sostenere il Governo nello sforzo di rendere l'Italia un paese migliore, più giusto e più dinamico: e lo dobbiamo fare senza mitizzare "i tecnici " e senza demonizzarli, senza subalternità e senza pregiudizi. Finito il "collante Berlusconi" ora l'identità del centrosinistra e del Pd si misura sui contenuti, sui valori, sulla capacità di rappresentare la società italiana indicando una visione, un progetto. Una discussione sul merito dei problemi che dobbiamo affrontare è utile e fisiologica, una divisione su schemi del passato o sul tema politica/antipolitica è fuorviante e pericolosa per il Pd.
Un'ultima considerazione sul partito. Mai come in questo ultimo periodo ho trovato assemblee tanto affollate e con così tanti interventi. Per apprezzare, per criticare, per esprimere dubbi, per incoraggiare: un dibattito vero di un partito vero. Stai a vedere che ora, proprio ora, possiamo costruire il "partito nuovo" che volevamo? Se invece di rinchiuderci in dispute interne ristrette andiamo tra la nostra gente a raccontare quello che stiamo facendo e ad ascoltare le loro idee forse riusciamo anche a dare una risposta a quella disaffezione nei confronti della politica che colpisce anche noi. Alla crisi dei partiti rispondiamo con l'apertura, la trasparenza, la partecipazione dei cittadini, la valorizzazione delle competenze. Altrimenti la competizione con i "tecnici" è persa in partenza.
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