1. LEGGE ELETTORALE. PARTE IL CONFRONTO, MA LA DESTRA DEL PDL TENTA DI GETTARE FUMO NEGLI OCCHI. E BERLUSCONI GIOCA A RILANCIARSI, NONOSTANTE PROCESSI E DISASTRI.
Ieri pomeriggio una delegazione del Pd composta da Luigi Zanda, Luciano Violante e Gianclaudio Bressa ha incontrato una delegazione del Pdl, composta da Ignazio La Russa e Giorgio Straquadanio.
Su questo confronto il Popolo delle Libertà ha organizzato nei giorni scorsi e anche ieri un gran polverone mediatico, presentandolo come accordo Berlusconi-Bersani, come inciucione maledetto ma necessario, come il grande governissimo. Basta leggere Il Giornale e Libero per capire che questa “narrazione” un senso lo ha, anche se non risponde nemmeno lontanamente alla realtà dei fatti. Il senso è questo: Berlusconi temeva di essere superato dai fatti e ha rimesso in moto la macchina della sopravvivenza politica: interviste a quotidiani e periodici stranieri ( l’uomo-romanzo, lo hanno definito) per rilanciare l’immagine di padre nobile della patria; la solita paccottiglia di spiegazioni e motivazioni con tanto di lettere, documenti e fatti raccontati in pagine e pagine de Il Giornale per dimostrare che lui, il presidente, ha fatto tutto quello che doveva essere fatto e invece sono altri ad aver portato l’Italia al disastro; il lancio di proposte, sostenute dal sistema dei media, per mischiare tutte le carte e far vedere che a menare la danza della politica è sempre lui.
La realtà dei fatti è che si è cominciato a parlare di legge elettorale e riforme istituzionali, che c’è accordo sulla necessità di cambiare la legge elettorale facendo tornare i cittadini arbitri delle elezioni dei propri rappresentanti, che occorre ridurre il numero dei parlamentari, modificare il bicameralismo perfetto e riformare i regolamenti parlamentari. Per il resto si vedrà. Come ha detto Bersani, “se son rose fioriranno, ma prima di fidarci di Berlusconi vogliamo vedere i fatti”.
Quanto a tutto il resto del chiacchiericcio, e cioè dalle ipotesi di governissimo in poi, si tratta del frutto delle soffiate del centrodestra in Transatlantico, delle indicazioni interessate di coloro che vogliono mischiare le carte ed evitare oggi che si possa fare un confronto tra le diverse proposte politiche (e tra le diverse responsabilità). Come se Berlusconi, Bossi e Tremonti non avessero favorito gli evasori, agevolato le cricche e le corporazioni, speso a man bassa i soldi pubblici per i propri sperperi e in malo modo, fino al punto di condurre il paese sull’orlo del baratro.
Ed è sempre lo stesso ex premier che in questi giorni sta finendo sotto il torchio della giustizia, con l’accusa di aver pagato Tarantini perché tacesse sulle escort e per
concorso in rivelazione di segreto istruttorio per aver avuto in anteprima e passato al quotidiano di famiglia l’intercettazione di una conversazione tra Fassino e Consorte, della quale subito Il Giornale pubblicò allora solo la prima parte (tagliando opportunamente la seconda frase che smontava tutto: SIETE padroni di una banca, io non c’entro niente), avviando il tormentone Unipol e costruendo in quel modo la rimonta di Berlusconi contro il centrosinistra nelle elezioni politiche. Caso Unipol venne poi utilizzato strumentalmente anche contro il governo Prodi, quando il viceministro Vincenzo Visco chiese alla Guardia di finanza di far girare nei ruoli di comando anche i vertici della Gdf in Lombardia da troppo tempo fermi in quelle collocazioni e la destra gridò allo scandalo lasciando intendere che si volesse intervenire sul caso Unipol (caso sul quale in realtà le indagini erano affidate alla Gdf di altre città). “Gli instancabili corifei non hanno saputo produrre a oggi un solo nesso con la questione Unipol che potesse sorreggere il loro canto. Questi nessi sono inesistenti” disse l’allora ministro Padoa Schioppa, depositando in Parlamento una memoria che sarebbe interessante andare a rileggere oggi e in cui sosteneva l’esigenza di evitare cristallizzazioni di rapporti troppo stretti della Gdf con politici, mondo dell’informazione, economia. Berlusconi è stato rinviato a giudizio e Fassino ha annunciato che si costituirà parte civile.
2. EURO. IL NORD EUROPA METTE SOTTO PRESSIONE LA GRECIA, CHE SI RIBELLA. APPESE A UN FILO LE TRATTATIVE SUL FALLIMENTO.
Nel giorno in cui la cosiddetta Troika (Ue, Bce e Fmi) ha chiesto alla Grecia di licenziare dipendenti pubblici e di ridurre le retribuzioni dei dipendenti privati, una dichiarazione del commissario europeo Neelie Kroes (olandese) ha reso visibile il sentimento di una parte del Nord Europa verso i paesi più indebitati e ritenuti colpevoli di sgarrare sui conti: “L’eurozona può continuare a vivere senza la Grecia”. Angela Merkel ha dovuto chiarire personalmente che la Germania non vede un euro senza la Grecia. Ad Atene monta la rabbia. E ancora il governo non è stato in grado di raggiungere accordi con i creditori privati e sulle misure chieste dalla Troika per concedere gli aiuti indispensabili a evitare il fallimento.
3. MONTI-OBAMA: DOMANI UN INCONTRO DOVE SI PARLA DI FORZE ARMATE, NON SOLO DI MONETA ED ECONOMIA.
Da Il Sole 24 Ore. Articolo di Gerardo Pelosi. “Non ci sono soltanto dossier bilaterali nel bagaglio che il premier italiano Mario Monti porterà con sé nel suo primo viaggio americano per incontrare domani il presidente Barack Obama alla Casa Bianca. Anche in assenza di un mandato formale da parte dei capi di Stato e di Governo dei principali Paesi dell`Unione europea, Monti si farà molto probabilmente latore con l’amministrazione di Washington di un messaggio condiviso nella sostanza con il presidente francese Nicolas Sarkozy e con la cancelliera tedesca Angela Merket Tutto ruoterebbe intorno alla riscrittura del Patto transatlantico alla luce della crisi finanziaria.
Un Patto che non può continuare a tenere slegati i dossier finanziari da quelli della sicurezza come hanno convenuto sabato scorso lo stesso Monti e il segretario di Stato americano Hillary Clinton a margine del Sichereitskonferenz diMonaco, una sorta di Davos annuale sui temi della sicurezza globale al quale, almeno recentemente, non ha mai preso parte un presidente del Consiglio italiano. Monti avrebbe proposto agli Usa di collaborare a stabilizzare la finanza europea, facendo perno proprio sul sistema italiano meno indebitato di altri e privo di controindicazioni strategiche, come accadrebbe perla Germania e la Francia, considerando anche il fatto che l`Italia è nell`euro diversamente dalla Gran Bretagna, che non ha firmato il "fiscal compact". C`è, da parte europea, la necessità di aumentare la dotazione del nuovo Fondo salva-Stati Esm che partirà a luglio con una dotazione di 5oo miliardi. Come è emerso sempre a Monaco dai panel ai quali hanno preso parte personalità del calibro di Henry Kissinger, dei senatori Joe Lieberman, John McCain e di George Soros il progetto al quale si sta pensando prevederebbe di utilizzare la crescita cinese in modo multipolare, ("magnete Cina"). In sostanza si pensa a un modo concreto per sostituire la forza finanziaria degli Usa (che hanno già annunciato di volere dimezzare la presenza militare in Europa) risolvendo la crisi finanziaria con un nuovo Patto transatlantico che permetta la costituzione di un Fondo bilaterale aperto, a determinate condizioni, anche alla Cina. Un nuovo accordo tra le due sponde dell`Atlantico mentre in Europa la nuova dottrina sarà tutta improntata al "pooling and sharing" delle Forze armate Ue e Nato con la probabile richiesta di copertura aerea italiana da parte della Grecia.
Compiti gravosi per Monti e quasi una rivoluzione copernicana per l`immagine dell`Italia se si pensa che solo pochi mesi fa l`ex premier Silvio Berlusconi aveva portato a casa al vertice di. Cannes scorso soltanto un tiepido «Hi Silvio» dal presidente americano. In un`intervista al Wall Street Journal il presidente del Consiglio Mario Monti ha dichiarato di aver approvato la decisione della Banca centrale europea di offrire rifinanziamenti triennali a tassi molto bassi nell`ambito delle strategie per sostenere la liquidità delle banche dell`Eurozona. Il premier afferma: «Non ci dispiacerebbe se le banche italiane comprassero un po` più di Btp». A proposito della Bce, Monti, ha aggiunto che l`Italia «rispetta l`indipendenza della Banca Centrale e le sue decisioni». «L`euro - continua il premier - ha dimostrato di essere una valuta solida», nonostante la crisi di debito che ha investito il Vecchio Continente. «Prevedo che nel 2017 l`euro ci sarà ancora e continuerà a essere una valuta fondamentalmente solida, come lo è stata dalla sua introduzione e durante la crisi finanziaria e fiscale». Il presidente del Consiglio ha inoltre sottolineato che la crisi «non ha scalfito minimamente la forza e la credibilità dell`euro» e si è detto dell`opinione che «molti altri Paesi che non fanno ancora parte dell`Eurozona» adotteranno la valuta unica entro cinque anni”.
4. LAVORO, OGGI SINDACATI E CONFINDUSTRIA A CONFRONTO. DOMANI INCONTRO CON IL GOVERNO. MA INTANTO I TOP MANAGER SI DANNO AUMENTI DEL 20 PER CENTO NONOSTANTE I RISULTATI IN PERDITA.
Oggi si incontrano Cgil, Cisl e Uil. Poi i sindacati si confrontano con la Confindustria. Domani è previsto l’incontro con il governo, che ieri ha già visto i rappresentanti di commercianti e artigiani. I temi all’ordine del giorno sono l’occupazione, la precarietà, l’eccesso di tipi di contratto, le norme che regolano il mercato del lavoro.
Su diversi tavoli tecnici gli esperti stanno mettendo a punto diverse ipotesi. “In un momento di crisi così profonda” sostiene Bersani, “sono decisive la coesione sociale e la condivisione degli obiettivi e degli strumenti”. Fermo restando che al primo posto dell’agenda deve esserci l’imperativo del fare qualcosa per dare lavoro.
Mentre sulla stampa tutti dibattono di mercato del lavoro a pagina 38 de Il Sole 24 Ore (articolo di Riccardo Sabbatini e di Gianni Dragoni) si narra di uno studio dell’Assonime (l’Associazione delle società per azioni) riferita al 2010 e che rivela: i top manager hanno avuto compensi più alti del 20 per cento, a dispetto della perdurante crisi finanziaria.
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