1. LAVORO, E’ IL MOMENTO DELLA VERITA’. CGIL, CISL E UIL LAVORANO PER UNA POSIZIONE COMUNE. MONTI DIVISO TRA L’IMPORTANZA DELL’ACCORDO E UN PEZZO DEL GOVERNO CHE VUOLE SOLO LA SCONFITTA DEL SINDACATO.
Settimana decisiva per la trattativa sulla riforma del mercato del lavoro. Tra posizioni di tattica negoziale, annunci, forzature, avvelenamento dei pozzi da parte di coloro che aspettano solo che salti l’accordo per gioire, si è alzato un gran polverone.
Oggi Cgil,Cisl e Uil si riuniscono per vedere di trovare una posizione comune, e non solo sul punto più noto del confronto con il governo, cioè l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. L’obiettivo è di mettere il governo con le spalle al muro.
La ragione di questa iniziativa sta nell’atteggiamento ondivago del governo (ben al di là delle dichiarazioni formali che si possono leggere sui giornali, sentire nelle trasmissioni televisive o nei talk show). Vi è una parte del governo infatti che preme perché si arrivi a una decisione comunque senza il sindacato, perché più grande sarebbe l’effetto (e la stima) sui mercati finanziari, dove prevale la cultura anglosassone e quindi dove il modello unico considerato migliore di tutti è l’assoluta libertà degli imprenditori di fare ciò che vogliono pur di pagare alla fine del trimestre robusti dividendi agli azionisti. Il presidente del Consiglio Mario Monti e il ministro del Welfare Elsa Fornero non sono di questa opinione. Ma anch’essi intendo arrivare a una soluzione in tempi brevi. Per questo la scelta di trovare una posizione comune è importante, perché rende più difficile dividere le forze sociali e disimpegnarsi dalla necessità di un accordo, che è l’unico impegno preso in realtà nell’incontro tra Monti Bersani, Alfano e Casini a palazzo Chigi: quello di cercare a tutti i costi un accordo. Sono previsti oggi anche contatti tecnici tra il ministro Fornero, i sindacati e gli imprenditori. Domani prenderà il via, invece, l’incontro formale a palazzo Chigi con il presidente Monti e il resto del governo.
Su L’Unità si può leggere l’intervista a Angeletti, segretario della Uil, dal titolo: “Vogliamo l’intesa ma sull’articolo 18 non siamo d’accordo”.
http://pdonline.ecostampa.net/rassegna/imgrsnew.asp?numart=1CCW0F&annart=2012&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B1R9286AOGLXI&video=0
Su Il Corriere della sera si può leggere l’intervista a Raffaele Bonanni:
http://pdonline.ecostampa.net/rassegna/imgrsnew.asp?numart=1CCW1G&annart=2012&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B1R9286AOGLXI&video=0
2. RAI, LA POSIZIONE DEL PARTITO DEMOCRATICO FA PROSELITI E LA POSIZIONE DELLA DESTRA PERDE POSIZIONI.
La posizione del Partito Democratico sulla Rai è chiara: l’azienda è in declino, la destra berlusconiana l’ha tenuta ferma, lottizzata, bloccata per imporre una linea
politica all’informazione e per lasciare spazio al concorrente Mediaset, azienda dell’ex presidente del Consiglio (da notare: da quando Berlusconi non è più capo del governo Mediaset raccoglie meno pubblicità di prima). Da qui la necessità di ridare all’azienda una vera governance in grado di curarne la crescita e lo sviluppo, senza veti, senza ostacoli, senza imposizioni da parte della politica, tanto più che la Rai è la più importante azienda pubblica del paese, la più importante azienda culturale del paese. In assenza di una riforma della governance, il Pd lo ha ripetuto più volte non parteciperà al rinnovo delle nomine secondo la terribile legge Gasparri, scritta sotto dettatura di Paolo Romani e studiata passo dopo passo per mettere la Rai in difficoltà. La fermezza del Pd sta producendo i primi risultati. Mentre il ministro dello sviluppo, Corrado Passera, continua ad accarezzare l’ipotesi di fare nomine, il presidente Monti ha cominciato a pensare all’ipotesi di un commissariamento per il tempo necessario a fare una riforma della governance e anche il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini si è dichiarato ieri disponibile a sostenere questa scelta. Naturalmente il Pdl si sta opponendo con tutte le forze a qualsiasi cambiamento, avendo dalla sua la lottizzazione selvaggia già compiuta e quindi volendo godere, soprattutto nel periodo delle ormai vicine elezioni amministrative, di tutte le leve televisive possibili.
Su Il Messaggero si può leggere l’intervista a Matteo Orfini:
http://pdonline.ecostampa.net/rassegna/imgrsnew.asp?numart=1CCV53&annart=2012&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B1R9286AOGLXI&video=0
3. QUANDO I GIORNALI SOGNANO DI SOSTITUIRSI ALLA POLITICA E DI CREARE PARTITI, GOVERNO TECNICI, LANCIARE CANDIDATURE.
Che i grandi giornali in Italia, e non solo, facciano delle scelte politiche è noto e naturale. Che vogliano decidere loro le leadership al posto dei militanti e dei dirigenti dei partiti è altrettanto noto. Un esempio per tutti fu il tormentone di La Repubblica sul cosiddetto “papa straniero”. Oggi questa propensione si è spostata sul tema dei tecnici. Qualche settimana or sono Repubblica ha lanciato una riflessione e un sondaggio sul tema il partito dei tecnici (senza chiarire però di quali tecnici si trattasse se quelli di destra o di sinistra, se si dichiarassero pronti a sottoporsi alle primarie e senza sciogliere la contraddizione rappresentata dal fatto che un partito che si presenta alle elezioni smette di essere tecnico per definizione e diventa a tutto tondo politico). Oggi La Repubblica si esercita invece sul partito di Monti, con dovizia di sondaggi, particolari, domande sull’esito elettorale di una grande coalizione con tutti dentro (ma chissà perché non mette tra le domande come andrebbe il partito di Monti contro un Pd perno del centrosinistra del centrosinistra e ancora, perno di un’alleanza tra centrosinistra e moderati). E’ il segno dei tempi, ma anche il segno di una scelta. Come dimostra anche un altro piccolo ma significativo particolare: unico grande giornale in Italia La Repubblica non ha dedicato nemmeno una riga alla riunione dei leader progressisti in Francia per preparare una linea alternativa a quella
imposta in questi anni dai governi della destra. Nemmeno per criticarla. Nulla di nulla.
Da L’Unità, articolo di Francesco Cundari. “A differenza non solo dell`Unità, ma anche di Corriere della Sera, Stampa, Messaggero, Giornale e Libero, sulle pagine di Repubblica la manifestazione di Parigi non ha trovato ieri alcuno spazio. La ragione di una simile scelta editoriale meriterebbe di essere discussa. Il lancio del primo manifesto programmatico comune delle maggiori forze progressiste europee, nel pieno della decisiva campagna per le presidenziali francesi, non può infatti non apparire a tutti una notizia. E scarteremmo anche l`ipotesi che il motivo dell`oscuramento stia in una pregiudiziale avversione di Repubblica per Francois Hollande o per Sigmar Gabriel. Non resta dunque che una spiegazione di carattere più generale. Il fatto è che da tempo sui giornali, anche quelli di area progressista, si insiste molto sul tema dell`inadeguatezza dei partiti, sempre più spesso chiamati in causa come tali, senza distinzioni. Sono lontani, purtroppo, i tempi in cui a sinistra s`inorridiva al solo sentir pronunciare frasi come «rossi o bianchi sono tutti uguali...». Bei tempi in cui a simili luoghi comuni si replicava con le parole di Nanni Moretti: «Ma dove siamo, in un film di Alberto Sordi?». Il trionfo politico e antropologico dell`italiano-tipo interpretato da Sordi è stato in questi anni assoluto e definitivo, anche nella cultura di sinistra. Toni e argomenti di questo nuovo "qualunquismo progressista" sono diventati così il cavallo di battaglia di chi sostiene la necessità di un perpetuo commissariamento della politica, in nome del «vincolo esterno» rappresentato dall`Europa. Ma la tesi di un`anomalia della politica italiana nel Vecchio Continente mal si concilia con l`immagine di Parigi, dove il segretario del Pd protagonista alla pari con gli altri leader europei di uno sforzo comune per cambiare le politiche dell`Unione. Il cortocircuito con certe campagne di stampa è quindi duplice. Perché quell`immagine smentisce non solo l`idea che solo un governo tecnico sarebbe capace di confrontarsi con i duri vincoli europei. Ma smentisce anche e forse soprattutto l`idea che quei vincoli non possano essere cambiati”.
4. DOPO IL LAVORO, IL FISCO. QUESTA SETTIMANA IL GOVERNO PRESENTA LA LEGGE DELEGA PER TAGLIARE 90 MILIARDI DI AGEVOLAZIONI SU 160.
Il Consiglio dei ministri avrà all’ordine del giorno questa settimana il disegno di legge delega sul fisco, che prevede lo sfoltimento delle agevolazioni fiscali. Secondo calcoli governativi sarebbero sfoltibili circa 90 miliardi di agevolazioni su 160. Naturalmente, lo “sfoltimento” non sarà così corposo. Ma l’ordine di grandezza sarà lo stesso notevole.
5. GERMANIA, DOPO MERKEL UN ALTRO LUTERANO CHE VIENE DALLA DDR SALE AL VERTICE: IL NUOVO PRESIDENTE JOACHIM GAUCK.
Eletto in Germania il nuoco presidente della Repubblica. E’ Joachim Gauck, un pastore luterano che proviene dalla ex Ddr. La Germania è dunque oggi governata (anche Angela Merkel viene dalla Ddr ed è figlia di un pastore luterano) da persone che vengono dai paesi ex comunisti e di religione protestante.
Su Il Corriere della Sera articolo di Paolo Lepri:
http://pdonline.ecostampa.net/rassegna/imgrsnew.asp?numart=1CCVMN&annart=2012&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B1R9286AOGLXI&video=0
6. LA FRENATA DEL GIGANTE CINESE PER CAMBIARE MODELLO DI SVILUPPO.
La Cina rallenta la propria corsa verso la crescita. I mercati finanziari tremano. Ma il governo di Pechino ha deciso di scegliere la strada di una più lenta stabilizzazione per avere una sviluppo sostenibile. Da La Repubblica.
http://pdonline.ecostampa.net/rassegna/imgrsnew.asp?numart=1CCUS2&annart=2012&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B1R9286AOGLXI&video=0
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