12 dicembre 1969 - La strage di Piazza Fontana
articolo preso da archivio900.it
Piazza Fontana. La strage impunita
Cronologia della strage di stato di Piazza Fontana
12 dicembre 1969
un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode
alle 16,37, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in
piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle vittime è di 16 morti e 87
feriti.
Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le
persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due
appartenenti a formazioni di destra.
Il primo ad essere convocato è
il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, chiamato in questura lo stesso
giorno dell’esplosione. Dopo tre giorni di interrogatorio non viene
contestata, a Pinelli, nessuna imputazione eppure non viene comunque
rilasciato. Ad interrogarlo è il commissario Calabresi il quale guida
l’inchiesta sulla strage.
15 dicembre 1969,
tre giorni dopo
l’arresto, Pinelli muore precipitando dalla finestra della Questura. La
versione ufficiale parla di suicidio, ma i quattro poliziotti e il
capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella stanza
dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere, saranno
oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo. Verrà poi aperto nei loro
confronti un procedimento penale per omicidio volontario. Nei confronti
del Commissario calabresi, che non si trovava nella stanza ,si procederà
per omicidio colposo. Tutti gli imputati verranno poi prosciolti nel
1975, perché "il fatto non sussiste".
Intanto gli inquirenti continuano a seguire la pista anarchica.
16 dicembre 1969
Viene
arrestato Pietro Valpreda appartenente al gruppo 22 Marzo, il quale
viene accusato di essere l’esecutore materiale della strage. La conferma
di tali accuse è data da un tassista, Cornelio Rolandi , che racconta
di aver portato Valpreda il 12 dicembre sul luogo della strage e da
Mario Merlino anch’egli militante nel gruppo 22 marzo, che però si
scoprirà poi essere un neofascista infiltrato dai servizi segreti.
Mentre
si prosegue ad indagare negli ambienti anarchici, si scopre che le
borse utilizzate per contenere l’esplosivo sono stata acquistate a
Padova e che il timer dell’ordigno proviene da Treviso. Da questi indizi
si arriverà dopo più di un anno ad indagare anche negli ambienti di
eversione nera.
I primi neofascisti ad essere individuati come
coinvolti nell’attentato sono Franco Freda e Giovanni Ventura. Freda
nasce ad Avellino e vive a Padova dove milita nella gioventù missina
alle superiori e nel Fuan all’università. Abbandonerà poi l’Msi per
aderire all’organizzazione Ordine Nuovo guidata da Pino Rauti. Grande
ammiratore di Hitler ed Himmler è convinto sostenitore della supremazia
della razza ariana. Ventura nasce a Treviso, milita nell’Azione
cattolica e poi nell’Msi. È amico di Freda e come lui ha una formazione
ideologica di stampo neonazista. Adesso la pista che si segue è quella
nera, e l’indagine coinvolge nuovi personaggi come Guido Giannettini
appartenente al Sid esperto e studioso di tecniche militari. Il suo nome
viene coinvolto nelle indagini dopo le dichiarazioni di Lorenzon, un
professore di Treviso amico di Giovanni Ventura, il quale riferisce al
giudice Calogero alcune confidenze fattegli da Ventura circa gli
attentati dinamitardi avvenuti i quel periodo. Lorenzon prende questa
iniziativa il 15 dicembre ‘69, giorno in cui si reca dall’avvocato
Steccarella, a Vittorio Veneto, dove stende un memoriale che poi verrà
consegnato alla magistratura. Valpreda si trova ancora in carcere quando
nel 1971, si scopre per caso un arsenale di munizioni NATO presso
l’abitazione di un esponente veneto di Ordine Nuovo. Tra le armi
ritrovate sono presenti delle casse dello stesso tipo di quelle
utilizzate per contenere gli ordigni deposti in Piazza Fontana.
Quell’arsenale era stato nascosto da Giovanni Ventura dopo gli attentati
del 12 dicembre ’69. I magistrati scoprono inoltre che il gruppo
neofascista si riuniva presso una sala dell’Università di Padova messa a
disposizione dal custode Marco Pozzan, anch’egli esponente di Ordine
Nuovo e fidato collaboratore di Franco Freda.
23 febbraio 1972
inizia
a Roma il primo processo per la strage, che vede come principali
imputati Valpreda e Merlino. Il processo verrà poi trasferito a Milano
per incompetenza territoriale ed infine a Catanzaro per motivi di ordine
pubblico.
3 marzo 1972
Freda e Ventura vengono arrestati
e con loro finisce in manette anche Pino Rauti, fondatore di Ordine
Nuovo, su mandato del procuratore di Treviso, con l’accusa di
ricostituzione del partito fascista, e perchè implicato negli attentati
del’69 e nella strage di piazza Fontana. L’inchiesta è in mano ai
magistrati milanesi D’ambrosio e Alessandrini, i quali decidono di
rimettere in libertà Pino Rauti senza far cadere i capi d’accusa, per
evitare che se Rauti fosse eletto deputato i fascicoli passassero ad una
commissione parlamentare. Dalle indagini emerge sempre più chiaramente
un collegamento fra Servizi segreti e movimenti di estrema destra. È
infatti alla fine del 1972 che uomini del Sid intercettano il Pozzan ,
latitante dal giugno dello stesso anno, quando fu emesso nei suoi
confronti un mandato di cattura per concorso nell’attentato di piazza
Fontana, e dopo averlo sottoposto ad un interrogatorio ed avergli
fornito un passaporto falso lo hanno fatto espatriare in Spagna. Il Sid
interviene anche per Ventura all’inizio del 1972, quando questi,
detenuto nel carcere di Monza, sembra voler cedere e rivelare alcune
informazioni sulla strategia della tensione, gli viene fatta avere una
chiave per aprire la cella e delle bombolette di gas narcotizzante per
neutralizzare le guardie di custodia permettendogli la fuga. Siamo
adesso alla volta di Giannettini, il quale, legato al Sid da un rapporto
di collaborazione, dopo essere stato sospettato di coinvolgimento nella
strage, viene indotto ad espatriare in Francia dove continuerà ad
essere stipendiato dal Servizio.
20 ottobre 1972
Tre
avvisi a procedere , per omissione di atti d’ufficio nelle indagini
sulla strage di piazza Fontana, sono inviati a Elvio Catenacci,
dirigente degli affari riservati del Ministero degli interni, al
questore di Roma Bonaventura Provenza e al capo dell’ufficio politico
della questura di Milano Antonino Allegra.
29 dicembre 1972
Torna
libero Pietro Valpreda. Viene infatti approvata una legge che prevede
la possibilità di accordare la libertà provvisoria anche per i reati in
cui è obbligatorio il mandato di cattura.
18 marzo del 1974
Il
processo riprende a Catanzaro il ma dopo trenta giorni ci sarà una
nuova interruzione per il coinvolgimenti di due nuovi imputati: Freda e
Ventura.
Catanzaro, 27 gennaio 1975
Al terzo processo
sono imputati sia gli anarchici che i neofascisti. Anche questo
procedimento viene interrotto, dopo un anno, per l’incriminazione di
Giannettini
Catanzaro, 18 gennaio 1977
Gli imputati sono: neofascisti, Sid e anarchici.
La sentenza: ergastolo per Freda, Ventura e Giannettini, assolti Valpreda e Merlino.
Gli
imputati condannati con la prima sentenza verranno poi assolti tutti in
appello, ma la Cassazione annullerà la sentenza proscioglierà
Giannettini e ordinerà un nuovo processo.
Catanzaro, 13 dicembre 1984
inizia
il quinto processo che vede come imputati Valpreda, Merlino, Freda e
Ventura. Tutti assolti. La sentenza è confermata dalla Cassazione.
Catanzaro, 26 ottobre 1987
Al sesto processo gli imputati sono i neofascisti Fachini e Delle Chiaie.
20 febbraio 1989
gli imputati vengono assolti per non aver commesso il fatto
1990
le
indagini riaperte dal Pubblico Ministero Salvini subiscono una svolta
decisiva. Delfo Zorzi, capo operativo della cellula veneta di ordine
Nuovo, per sua stessa ammissione, è l'esecutore materiale della strage.
Zorzi dopo l’attentato riparò in Giappone dove tuttora vive protetto dal
governo Nipponico che ha sempre rifiutato di concedere l’estradizione
del neofascista.
5 luglio 1991
la sentenza di assoluzione per fachini e Delle Chiaie viene confermata dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro.
11
aprile 1995, a conclusione di quattro anni di indagini svolte sull'
attivita' di gruppi eversivi dell' estrema destra a Milano, un'
inchiesta parallela a quella sulla strage di Piazza Fontana, il giudice
istruttore Guido Salvini rinvia a giudizio Giancarlo Rognoni, Nico Azzi,
Paolo Signorelli, Sergio Calore, Carlo Digilio e Ettore Malcangi e
trasmette a Roma gli atti riguardanti Licio Gelli per il reato di
cospirazione politica per il quale, comunque, non si potra' procedere
perche' il gran maestro della Loggia P2 non ha avuto l' estradizione
dalla Svizzera per questo reato.
17 maggio 1995: arrestato l' ex agente della Cia Sergio Minetto.
10
novembre 1995: Il tg di Videomusic dice che il giudice Salvini 'si e'
formato l' opinione' che l' autore della strage sarebbe Delfo Zorzi. Il
giudice protesta per la fuga di notizie.
23 luglio 1996:
arrestati Roberto Raho, Pietro Andreatta, Piercarlo Montagner e Stefano
Tringali, accusati di favoreggiamento personale aggravato.
14
giugno 1997: il gip Clementina Forleo emette due ordini di custodia, uno
per Carlo Maria Maggi, l'altro, non eseguito, nei confronti di Delfo
Zorzi, da vari anni imprenditore in Giappone.
21
maggio 1998: La Procura di Milano chiude l'inchiesta sulla strage di
Piazza Fontana (21 dicembre 1969 alla Banca dell'Agricoltura) e deposita
la richiesta di rinvio a giudizio per otto persone, tra cui: Carlo
Maggi, il medico veneziano a capo di Ordine Nuovo nel Triveneto nel
1969; Delfo Zorgi, neofascista di Mestre oggi miliardario in Giappone;
Giancarlo Rognoni, milanese, allora a capo della '?Fenice''; Carlo
Digilio, esperto di armi e esplosivi in contatto anche con i servizi
segreti, che e' l'unico 'pentito' dell'inchiesta; e i due ex
appartenenti ad Ordine Nuovo Andreatta e Motagner, accusati di
favoreggiamento. I magistrati della procura milanese hanno tenuto aperto
uno 'stralcio' riguardante Dario Zagolin, che secondo alcune
testimonianze sarebbe stato in contatto con Licio Gelli, presunto
stratega dei progetti golpisti che avrebbero fatto da sfondo alle stragi
di quegli anni, e un altro riguardante la 'squadra 54', un nucleo
speciale di quattro poliziotti dell' Ufficio Affari riservati del
Viminale, spediti a Milano nei giorni dell'attentato di Piazza Fontana.
13 aprile 1999: con una serie di eccezioni preliminari comincia l'udienza preliminare del processo d'appello.
8
giugno 1999: il gip Clementina Forleo rinvia a giudizio l'imprenditore
Delfo Zorzi, latitante in Giappone, il medico Carlo Maria Maggi e
Giancarlo Rognoni, presunti responsabili, a vario titolo, di aver
organizzato ed eseguito la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969
e Stefano Tringali con l'accusa di favoreggiamento nei confronti di
Zorzi.
16 febbraio 2000: comincia in seconda sezione della Corte
d' Assise di Milano il nuovo processo, ma la prima udienza dura solo 20
minuti per lo sciopero degli avvocati.
1 luglio 2001: la Corte
di Assise di Milano condanna all' ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria
Maggi e Giancarlo Rognoni. Prescrizione per Carlo Digilio, esperto
d'armi e collaboratore della Cia: ha collaborato e la corte gli ha
riconosciuto le attenuanti generiche.
19 gennaio 2002. Depositate le motivazioni. I pentiti Digilio e Siciliano sono credibili.
6 luglio 2002. Muore Pietro Valpreda, 69 anni, il ballerino anarchico che fu il primo accusato per la strage.
16 ottobre 2003. A Milano comincia il processo presso la Corte d'assise d'appello.
22
gennaio 2004. Al termine della requisitoria, il sostituto procuratore
generale Laura Bertolè Viale chiede la conferma della sentenza di primo
grado e invita la Corte a trasmettere gli atti alla Procura della
Repubblica per accertare eventuali reati di falsa testimonianza in
alcune deposizioni di testi a difesa.
12 marzo 2004. La Corte
d'assise d'appello di Milano assolve Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e
Giancarlo Rognoni, i tre imputati principali della strage, per non aver
commesso il fatto. Riducono invece da tre a un anno di reclusione la
pena per Stefano Tringali, accusato di favoreggiamento.
21
aprile 2005. Approda di nuovo in Cassazione la vicenda giudiziaria. La
Suprema Corte deve esaminare il ricorso presentato dalla Procura
generale milanese contro l'assoluzione disposta dalla Corte d'assise
d'appello.
3 maggio 2005. La Cassazione chiude definitivamente
la vicenda giudiziaria confermando le assoluzioni di Delfo Zorzi, Carlo
Maria Maggi e Giancarlo Rognoni.
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