14 marzo 2014

Parità di genere

Due leggi per la parità di genere

La parità di genere è uno dei diritti fondamentali della Costituzione, anche se, a seguire i dibattiti  parlamentari di questi giorni, questo concetto non sembra essere patrimonio dei più.
PariOpportunitàNe abbiamo parlato ampiamente anche noi in Regione, in un Convegno sulle rappresentanze di genere negli organismi pubblici e privati a cui hanno partecipato figure rappresentative del mondo dell’impresa,  nelle professioni, delle istituzioni e le diverse componenti politiche del Consiglio.
Su questo tema l’Italia è in ritardo per retaggio culturale, per questioni di carattere sociale, per l’eredità di un passato di lenta emancipazione femminile.
Ed è in ritardo anche Regione Lombardia che, negli organismi direttivi dei suoi enti partecipati, conta solo 229 donne a fronte di 1402 uomini.
 La parità di accesso è ancora lontana.
A chi dice: “no alle quote rosa, prevalga il merito”, rispondiamo che proprio il merito non viene mai preso in considerazione e il problema è non essere escluse, come avviene oggi, in quanto donne.
Serve dunque una forzatura per fare evolvere un sistema che è maschilista ed arretrato: se dovessimo  lasciare la soluzione del problema ad una evoluzione naturale delle cose, rischieremmo di non arrivare mai ad un risultato positivo in questo senso. Il vantaggio delle quote rosa sta nel fatto che esse potranno riequilibrare la presenza femminile che è qualificata.
Oggi, su cento laureati, sessanta sono donne!
La loro presenza nei luoghi decisionali serve per superare gli stereotipi, modificare la cultura, coltivare finalmente politiche di genere.
Organismi composti in modo equilibrato da donne e uomini saranno in grado di conseguire risultati migliori, perché frutto di decisioni assunte sulla base di un confronto tra sensibilità, esperienze, punti di vista  differenti.
Per questo abbiamo presentato due progetti di legge (di cui è prima firmataria la vicepresidente del  consiglio regionale, Sara Valmaggi), nei quali, superando la normativa nazionale, si stabilisce che le nomine negli enti partecipati della Regione debbano essere per un terzo femminili, pena la loro nullità.
Deve essere la Lombardia, che è la regione dove le donne sono più affermate in tutti i settori della vita sociale e produttiva, a farsi per prima promotrice di un rinnovamento che porti finalmente all’affermazione di una democrazia paritaria vera.

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