Ma che cos’è oggi il
Pd?
Questa è la domanda di fondo che bisogna porsi nel momento in cui la
ribellione dell’Europa mediterranea è rientrata di fronte all’accordo della
Germania con la Spagna, all’enigma scozzese che, se vincessero i “sì” alla
separazione, metterebbe a rischio l’adesione alla Gran Bretagna all’Ue e
riguardano la crisi francese che allontana, anziché avvicinarla, la Francia
dall’Italia.
Che cos’è il Pd? Anzitutto è un partito post-ideologico.
Abbiamo già affrontato altre volte il tema dell’ideologia.Che cos’è il Pd? Anzitutto è un partito post-ideologico.
Dai tempi dell’Urss e del comunismo staliniano per i liberali l’ideologia era una peste da cui liberarsi.

Personalmente credo che l’ideologia sia una forma di pensiero astratto che esprime un sistema di valori e dunque penso che l’ideologia non sia eliminabile a meno che non si elimini il pensiero. Un sistema di valori è un’ideologia, le Idee platoniche sono la teoria ideologica della perfezione; le creature effettivamente esistenti sono imperfette perché relative e l’ideologia platonica è per esse un punto di riferimento. Abolite il punto di riferimento ed avrete un’esistenza day-by-day, la vita inchiodata al presente senza né passato né futuro.
Se torniamo ad un partito politico, la mancanza di ideologia ha lo stesso effetto: lo inchioda sul presente.
Nella Dc, Alcide De Gasperi era un politico con l’ideologia cattolico-liberale;
Fanfani aveva un’ideologia cattolico-sociale; Moro un’ideologia cattolico-democratica. Andreotti non era ideologo, come ai suoi tempi Talleyrand. Voleva il potere subito e oggi. Con la destra, con i socialisti, con il Pci, con la famiglia Bontade, contro la famiglia Bontade.
Senza passato e senza futuro.
Ai tempi nostri Berlusconi è stato la stessa cosa. Scrive Giuliano Ferrara
sul “Foglio” di giovedì scorso che al cavaliere di Arcore sarebbe piaciuto di
governare la destra moderata guidando un suo partito di sinistra. Questo
sarebbe stato il suo capolavoro. Del resto la sua azienda lavorava per Forlani
e per Craxi: da sinistra per la destra. Non sarebbe stato un capolavoro? Per un
pelo non ci riuscì e fu tangentopoli ad aprirgli le porte del potere. E Renzi?
Nell’articolo intitolato (non a caso) “L’erede”, Ferrara scrive: “Renzi sta
costruendo una sinistra post-ideologica in una versione mai sperimentata in
Italia e volete che un vecchio e intemerato berlusconiano come me non si
innamori del boy-scout della provvidenza e non trovi mesta l’aura che circonda
il nuovo caro leader?”.Mi pare molto significativo quest’entusiasmo di un berlusconiano intemerato al caro boy-scout post-ideologico della provvidenza. Ma il Pd? Come reagisce la sua classe dirigente e soprattutto i parlamentari? I parlamentari, salvo qualche eccezione, sono molto giovani e per ora stanno a guardare. Gli interessa soprattutto andare fino in fondo alla legislatura. Ma la classe dirigente renziana ha una univoca provenienza: viene dalla costola rutelliana della Margherita. La documentazione è fornita con molta completezza (sempre sul “Foglio” dello stesso giorno) da Claudio Cerasa.
Non c’è un solo nome renzista che provenga dal Pci-Pds-Ds. Nessuno. Margherita rutelliana. Se non è Andreotti, poco ci manca.
di EUGENIO SCALFARI da repubblica.it di domenica 14 settembre 2014
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