14 marzo 2019

Inquinamento: il 50% è prodotto dai riscaldamenti e allevamenti intensivi

tratto da www.corriere.it

Quando in una città i livelli di polveri sottili salgono oltre le soglie di pericolo, i sindaci intervengono con il blocco del traffico. Una misura che servirà a poco, stando all’ultima analisi dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Secondo lo studio, infatti, le voci più «pesanti» dell’inquinamento da particolato PM 2,5 sono il riscaldamento e gli allevamenti intensivi di animali, rispettivamente con il 38% e il 15,1%. I veicoli sono al quarto posto con il 9%, precedute dall’industria con l’11,1%.

Perché l’Ispra ha studiato il PM 2,5?
Il particolato, PM dall’inglese Particulate Matter, è l’insieme delle sostanze sospese nell’aria che hanno una dimensione fino a 100 micrometri (un micrometro è la millesima parte di un millimetro), considerate gli inquinanti di maggior impatto nelle aree urbane. Si tratta di fibre, particelle carboniose, metalli, silice, inquinanti liquidi e solidi che finiscono in atmosfera per cause naturali o per le attività dell’uomo. Le fonti naturali (terra, sale marino, pollini, eruzioni vulcaniche) ci sono sempre state, quelle dovute all’uomo (traffico, riscaldamento, processi industriali, inceneritori) sono aumentate negli ultimi decenni con la sovrappopolazione e i processi di industrializzazione, sommandosi alle prime. Le polveri più pericolose sono quelle con diametro inferiore a 10 micrometri, il cosiddetto PM10, il cui 60% è composto da particelle con dimensioni inferiori a 2,5 micrometri. Il PM 2,5 è la frazione più leggera, quella che rimane più a lungo nell’atmosfera prima di cadere al suolo e che noi respiriamo maggiormente. Sono proprio queste particelle a entrare più in profondità nei nostri polmoni, aumentando il rischio di patologie gravi: asma, bronchiti, enfisema, allergie, tumori, problemi cardio-circolatori.

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