By redazione - 28/07/2019 - FarodiRoma
Un nutrito gruppo di post-nazisti, formatisi nell’entourage eversivo di Franco Freda (considerato l’ideologo della strage di piazza Fontana) e del suo discepolo Maurizio Murelli (undici anni di galera alle spalle), è entrato a livelli apicali nella Lega, fin dalla fondazione. Lo ricostruisce il libro “I demoni di Salvini. I postnazisti e la Lega”, del giornalista del Sole 24 Ore Claudio Gatti pubblicato da Chiarelettere.
L’inchiesta molto approfondita dimostra che Matteo Salvini nasce e cresce politicamente nell’estrema destra e che non ha nessun fondamento la leggenda (abilmente costruita) del “comunista padano”; la sua identità reale è quella di un uomo di estrema destra nutrito di retorica, idee e soprattutto frequentazioni esplicitamente postnaziste. Non mancano i nessi col nazismo storico, quello di Hitler: nel lontano 1976 al futuro senatore Borghezio viene trovata in casa una divisa da ufficiale nazista, mentre Gianluca Savoini aveva nel suo ufficio della redazione della «Padania» una cornucopia di simboli hitleriani.
Sul ruolo di questo personaggio (per un lungo periodo portavoce di Salvini, e l’anno scorso tra gli organizzatori del suo viaggio in Russia da ministro dell’interno) c’è ancora molto da scavare: ci penseranno i giudici che indagano sul Russiagate e presumibilmente ne vedremo delle belle. Savoini ha un passato dichiarato e mai rinnegato con l’estrema destra, attraverso quella casa editrice-centrale di agitazione politica “Orion” che non ha mai lesinato di nostalgie nazifascistoidi.
Savoini è diventato via via uno dei promotori della dottrina Dugin, sedicente ideologo di Putin, in realtà una sorta di santone spacciato per intellettuale che teorizza il ritorno all’impero euroasiatico e che ha imperniato la sua opera su una sfilza di luoghi comuni razzisti, omofobi, nazionalisti. Da decenni amico di Maurizio Murelli e del gruppetto di Orion, sin dai giorni del liceo e frequentatore del mondo della destra radicale all’epoca dell’università, nel 1991 entra nella Lega e qualche anno dopo viene assunto come articolo 1 dalla “Padania” dove stringe un rapporto stretto sia con Bossi sia con Salvini, all’epoca parcheggiato dal Senatur nella redazione del quotidiano leghista. A fine 2013 Matteo Salvini diventa segretario della Lega e sceglie Savoini, ricostruisce Gatti, “non solo come portavoce ma anche come sherpa personale che apra la strada di Mosca. Insomma gli affida un ruolo centrale sia sul fronte interno sia su quello estero”.
Con il suo libro, Gatti lancia un allarme preciso: Salvini sta rilanciando la teoria della “sostituzione del popolo”: per cui l’etnia europea bianca e cristiana sarebbe minacciata da un complotto giudaico-massonico che la vuole sostituire con neri musulmani. Una teoria espressa in termini quasi identici nel Mein Kampf di Hitler, nelle rivendicazioni di Brenton Tarrant (lo stragista delle moschee neozelandesi) e nei discorsi di Salvini: e questa affermazione non è un’illazione, o una calunnia, ma il semplice frutto di un banale confronto testuale, dalla forza dirompente. A queste conclusioni Gatti arriva dopo centinaia di interviste che ha realizzato e poi analizzato con l’aiuto dell’ingegner Alberto Sciandra, nazista pentito che è stato il primo infiltrato nella Lega (organizzatore, tra l’altro, della sceneggiata celtica con Bossi alle fonti del Po, nel 1996).
Andrea Sciandra, spiega Gatti, è un ingegnere elettronico oggi manager di una multinazionale europea. Chi spinge Sciandra a muoversi – l’ideatore dell’operazione – si chiama invece Maurizio Murelli, un ex neofascista che nei primi anni 70 è stato condannato a 17 anni per l’uccisione di un agente di polizia.
“Negli anni trascorsi in carcere, Murelli conosce la crema della destra eversiva e neofascista italiana ma, essendosi reso conto che quello del neo-fascismo è un vicolo cieco, decide di abbandonare la “via del guerriero” per intraprendere quella “del sacerdote”. Apre così una casa editrice a Saluzzo (in provincia di Cuneo) e lancia la “rivista militante” Orion.
Assieme a Sciandra, Murelli conclude che per dare continuità ai pilastri del pensiero fascio- nazista – quindi tradizionalismo, nazionalismo, autoritarismo e razzismo – occorre un “nuovo veicolo politico”. […] Lo trovano nel movimento autonomista che col tempo confluirà nella Lega Nord”.
Gatti cita Marco Battarra, “stretto collaboratore di Murelli, [che] ricorda bene quel periodo: “Quando nel 1985 la Lega ha fatto la prima riunione a Milano, contando Bossi eravamo in nove, di cui due di Orion. Nove persone in tutto, intorno a un tavolo a casa del primo segretario della Lega della sezione di Milano. E i primi manifesti della Lega sono stati stampati nella tipografia di Murelli”.
In America, commenta Tomaso Montanari, altro grande inchiestista, “un libro come questo avrebbe la forza del Watergate. E in un qualunque Paese europeo, un libro che dimostrasse come il vicepremier e ministro dell’Interno è circondato da postnazisti che ne conducono la politica estera (e forse i flussi di finanziamento) e ne modellano l’ideologia e la retorica porterebbe a una crisi di governo”.
“Temo – conclude Montanari – che questo non succederà. Ma mi domando cosa penseranno, dopo averlo letto, Sergio Mattarella (che fermò, a costo di lacerare la Costituzione, Paolo Savona ma non mosse ciglio contro la nomina di Salvini) o Luigi Di Maio e Matteo Renzi, che condividono la responsabilità (seppur in misura diversa) di aver inquinato, dandola in mano a un uomo di queste frequentazioni, la nostra sicurezza nazionale”.
Nella foto: Matteo Salvini con Aleksandr Dugin, l’ideologo russo con simpatie per il mondo neonazista
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