- DA OGGI A BRUXELLES SI DECIDE PER L’EUROPA, MA ANCHE PER L’ITALIA.
Da oggi Consiglio d’Europa, con capi di Stato e di governo. Obiettivo: mettere l’economia europea al riparo dalla tempesta. Tra le altre cose si parlerà anche di come affrontare il problema del debito pubblico.
Europa: “Il Cavaliere e il suo ministro non potranno adagiarsi più di tanto sugli allori, perché, seppur non in agenda, negli incontri informali si parlerà di un insidia che rischia di ipotecare la crescita economica del nostro paese per i prossimi anni. Tremonti è preoccupato per l`accordo sul nuovo patto di stabilità, che potrebbe prevedere un rientro dal debito pubblico troppo rigido ed
economicamente insostenibile. Non a caso ieri è uscito allo scoperto il ministro degli esteri,
Franco Frattini, che in un`audizione alle commissioni affari esteri di Camera e Senato ha messo le mani avanti in vista dei negoziati che partiranno nel 2011. Secondo Frattini, l`Italia si potrebbe opporre a una modifica del trattato Ue che introducesse norme rigide per il rientro del debito sotto il
60 per cento del pil. «Ci è stato detto con grande chiarezza, e abbiamo visto il testo, che non
ci sono né cifre, né trend vincolanti, né rigidità. Se questo non fosse rispettato l`Italia potrebbe
opporsi». Tuttavia nel documento finale dei ministri delle finanze europei del 21 ottobre scorso
sulla riforma del patto di stabilità, si dice esplicitamente che verrà definito un parametro numerico per valutare il ritmo a cui un paese riduce il debito pubblico in eccesso e si indica che, nel valutare il calo del debito, saranno presi in considerazione altri fattori giudicati rilevanti, senza però
elencarli. Una formulazione, questa, che se restasse tale condannerebbe il nostro paese a un futuro di lacrime e sangue: l`indebitamento italiano raggiungerà a fine anno il 118,5 per cento del pil, quasi il doppio del tetto del 60 posto da Maastricht, e abbatterlo a un ritmo costante significherebbe
varare una serie impressionante di Finanziarie taglia spese”.
- PIU’ TASSE E MENO SERV IZI. L’OCSE CERTIFICA IL DISASTRO ITALIANO.
Molti quotidiani riportano le ultime indagini dell’Ocse. Ecco l’Unità: “Molte tasse, poco lavoro e pochi servizi. Questa la miscela depressiva prodotta dall`immobilismo del governo Berlusconi durante la crisi più dura del secolo. Secondo gli ultimi dati Ocse relativi al 2009, per la pressione fiscale l`Italia sale al terzo posto, subito dopo la Danimarca e la Svezia, due Paesi modello quanto a welfare e servizi. Per il nostro Paese si tratta di un livello mai visto da 15 anni a questa parte:
il 43,5%. Un dato in salita rispetto al 43,3 del 2008 e superiore a quello del Belgio, sceso al 43,2%
rispetto al 44,2% dell`anno precedente”.
Ansa, 16 dic. Confindustria: persi 540 mila posti, male anche 2011, disoccupati raddoppiati in 3 anni;calo senza lavoro solo da 2012 - Con la crisi, dal primo trimestre 2008 al terzo trimestre 2010, il numero di occupati in Italia è diminuito di 540mila, senza contare le ore di Cig che hanno un impatto pari a 480mila unità di lavoro. Lo calcola il centro studi di Confindustria, stimando che "il numero delle persone occupate continuerà a diminuire nel 2011", con un calo atteso dello 0,4%. Il tasso di disoccupazione toccherà il 9% nel quarto trimestre 2011, e "inizierà a scendere molto gradualmente nel corso del 2012". Il numero dei disoccupati è ad ottobre 2010 (2,167 milioni) "più del doppio rispetto ad aprile 2007.
- PER IL FEDERALISMO TAGLI AI SERVIZI REGIONALI. OGGI LA TRATTATIVA.
Da Il Sole 24 Ore. “Resta aperta fino all`ultimo oggi la trattativa a palazzo Chigi sui minori tagli alle regioni nel 2011-2012.”….” Per il 2011 il governo, con Fitto e Calderoli, ha accolto l`ammorbidimento alla manovra sul trasporto pubblico locale, lasciando però intatti
gli altri tagli per circa 3 miliardi. Posta più alta chiedono invece le regioni per il 2012 su
cui pesa un`ipoteca da 4,5 miliardi: fiscalizzazione dell`intera somma, incluso il trasporto
pubblico locale”.
- A TORINO SI DECIDONO I RAPPORTI DI FORZA TRA LAVORATORI E INDUSTRIA.
Gli imprenditori si sono riuniti ieri in via dell’Astronomia, sede della Confindustria, per decidere se accettare o no che la Fiat esca dalla Confindustria per impostare sia pure temporaneamente un contratto auto fuori dagli schemi.
Il Corriere della Sera: “ La questione Fiat, e la prospettiva ipotizzata dall`amministratore
delegato Sergio Marchionne di far uscire da Confindustria le newco per rilanciare i siti di Pomigliano e Mirafiori, è sbarcata al direttivo di viale Astronomia. Una discussione
di una paio d`ore che ha visto gli imprenditori sostenere le ragioni del Lingotto ma anche mostrato la preoccupazione di un probabile aumento della conflittualità in tutto il Paese se passasse la linea dello stravolgimento delle regole della rappresentanza. Se così fosse, il rischio di trasformare la
Fiom in una sorta di maxi-Cobas non fa certo piacere agli imprenditori già alle prese con i morsi della crisi”.
Il Foglio: “Una frattura che può avere esiti imprevisti, per tutti i protagonisti. Rino Formica, socialista, più volte ministro, ha spesso incrociato i ferri con la potente Fiat di Gianni Agnelli e Cesare Romiti. Analista dei processi sociali, non sottovaluta la portata politica della linea Marchionne, anzi. Ti sono indubbiamente elementi di novità - spiega al Foglio - il problema è capire se essi introducono un ciclo regolato dalla legge del più forte. In tal caso, la sfida
della Fiat diventa un invito a un`esasperazione di classe. Abbiamo alle spalle un secolo di esperienze terribili, un secolo che ci ha detto: la ricomposizione vale molto più del conflitto. Abbiamo visto le conclusioni positive della ricomposizione, hanno creato soluzioni evolutive, mentre l`esasperazione dello scontro ha prodotto ferite difficilmente risanabili senza pagare
prezzi molto alti. La riflessione da fare, dunque, è se questa sia, nelle intenzioni di Marchionne, una sorta di soluzione finale. In tal caso essa o è regressiva o è l`avvio di una rivoluzione". Addirittura? "Sì, nel senso di un cambio dell`ordine tale da mettere in discussione ruoli che vanno al di là
della normale dialettica sociale. Insomma, vedo il rischio di sottovalutare le conseguenze
della rottura". Anche nel 1980 ci fu una lacerazione drammatica. "Ma era pur sempre all`interno
delle regole. Insomma eravamo dentro un conflitto regolato come previsto dalla Costituzione. In un rapporto stretto tra accordi sindacali e intervento legislativo". Il modello Marchionne vuole metter fine a questa triangolazione neocorporativa”.
- CRESCE LA TENSIONE IN ITALIA. IL CAPO DELLA POLIZIA: NON FACCIAMO I SUPPLENTI DELLA POLITICA.
Facinorosi? Infiltrati? Semplici violenti? Decine di migliaia di studenti, professori, manifestanti hanno sfilato pacificamente a Roma, ma gli scontri provocati da un gruppo di violenti hanno lasciato il segno a Roma e rappresentano per molti uno spartiacque tra il prima e il dopo. Ventidue dimostranti arrestati. Quarantuno persone identificate Cinque giovani denunciati. 124 feriti o contusi tra le forze dell`ordine e danni impressionanti nel centro di Roma messo a ferro e fuoco.
Un caso? Uno sfogo isolato? L’opera di infiltrati? Le parole dette dal capo della polizia Manganelli all’Unità svelano quello che il governo ha voluto per mesi tenere sotto silenzio e negare. Eccole.
L’Unità: “Tensioni sociali «in forte crescita in tutto il paese» provocate da una grave crisi economica e «dall`instabilità anche del quadro politico»: tutto questo «costringe la forze dell`ordine ad un`attività di supplenza sempre più complessa e delicata». Un «superlavoro» richiesto a chi, tra l`altro, vede stipendi sempre più ridotti. Il Capo della Polizia Antonio Manganelli cerca di ragionare, il giorno dopo il martedì nero di Roma messa a ferro e fuoco, sulla situazione generale.
Un`analisi che parte dalla manifestazione degli studenti. Ma poi comprende Terzigno con le cariche per i rifiuti e Brescia con quelle sotto le gru dove si erano rifugiati gli extracomunitari senza permesso di soggiorno. «Anarchici, studenti, molti arrivati da fuori, dalla città del nord, più o meno organizzati. Dobbiamo ancora capire quali effettivamente le categorie in piazza. C`erano decina
di migliaia di persone, molti volevano assaltare Montecitorio e noi dovevamo impedirlo. C`è stato un collegamento temporale evidente tra il voto di fiducia e l`inizio dei disordini. Tutto era già programmato». Ci si chiede perché non sia stato possibile fermare prima gli assaltatori. Ma non
erano un gruppo individuato e individuabile, «all`improvviso nel corteo si sono staccati gruppetti di 50-100 persone, si sono travisate ...». Ed è cominciata la guerra. Ma non finisce qua. Il problema è
la rabbia sociale che c`è in giro. Giovani e meno giovani che poco o nulla hanno a che vedere con la politica e le ideologie e che sono gonfi di rabbia, disposti a tutto. «Rifiuti, Fiat, aziende che chiudono, tanti sono i focolai di tensione. Perché i rifiuti di Napoli devono diventare un problema di polizia? Semmai è di pulizia», ragiona il prefetto. «Madrid, Londra, Atene, le grandi capitali s`incendiano. E chiaro che c`è un problema che va al di là del quadro politico italiano. Ma è altrettanto chiaro che tensioni ed instabilità politica ed economica costringono le forze dell`ordine a svolgere una sempre più difficile attività di supplenza. Un superlavoro richiesto a chi, tra l`altro, è pagato sempre meno».Tra i tanti cortocircuiti a cui assistiamo c`è anche quello di vedere il
giorno prima - è successo lunedì - i poliziotti protestare contro il governo per gli stipendi tagliati. Erano gli stessi che il giorno dopo, martedì, difendevano quegli stessi palazzi da chi, come loro, chiede ascolto e diritti”.
- BERLUSCONI AGGRAPPATO A PALAZZO CHIGI CERCA DI COMPRARE QUALCHE ALTRO PARLAMENTARE PER EVITARE DI ESSERE TRAVOLTO ANCORA PER QUALCHE MESE.
Il paese da mesi è in sofferenza, ma il presidente del Consiglio ha altri problemi: quello di sopravvivere e di durare al potere il tempo necessario per tamponare falle, processi, smottamenti. In Parlamento, grazie al calciomercato, ha vinto il primo round della battaglia per il cambiamento.
Oggi ha tre voti di maggioranza alla Camera. Avrebbe voluto imbarcare tutta l’Udc di Pier Ferdinando Casini. Ma Casini si è sganciato e insieme al presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha dato vita ieri ad una nuova formazione politica. Ora Berlusconi tenterà di convincere con le argomentazioni di sempre (magari offrendo anche posti da ministro o sottosegretario lasciati liberi) qualche altro deputato per tentare di restare dov’è per qualche altro mese. Perché ora le elezioni fanno paura a Berlusconi.
E la Lega Nord che finora lo ha sostenuto sta a guardare. Se il capo del governo riuscirà, gli resterà a canto. Altrimenti saranno Bossi e i suoi a togliere la spina.
- NASCE IL TERZO POLO. E’ IL TIMBRO SULLA FINE DELLA MAGGIORANZA DI DESTRA.
Ieri è nato il Polo Nazionale. Anche se è nato per mettere insieme diverse esperienze e tamponare qualche debolezza dopo la sconfitta subita da Fini, questo cambiamento è il timbro ufficiale sulla fine della maggioranza di centrodestra che ha governato per larga parte degli ultimi quindici anni.
Il Corriere della Sera: “Il giorno dopo la sfiducia mancata, gli sconfitti hanno una reazione ed è questa. Casini, Fini, Rutelli, Mpa del siciliano Lombardo, liberaldemocratici, ex repubblicani ed
ex liberali, tutti assieme, compiono il primo passo verso un «nuovo polo», che chiedono, per favore, di non chiamare «terzo polo». Da ieri, dunque, formano un «coordinamento» dei gruppi parlamentari, 8o deputati e 20 senatori, che voteranno compatti e parleranno con una voce sola. Ci sarà una strategia comune per le prossime elezioni amministrative con la presentazione, nei primi turni, di candidati unici in alcune grandi città. Se arriveranno anche le elezioni politiche, al Senato
(dove si deve superare 1`8 per cento) il nuovo polo presenterà una lista unitaria, mentre alla
Camera le liste potrebbero essere due o tre, con un candidato premier. Casini così risponde al pressing di Berlusconi per un ingresso in maggioranza e si blinda in formazione plurima: offerte e
proposte saranno per tutti o per nessuno. Fini esce, in 24 ore, da una situazione di difficoltà e
prova a frenare nuovi esodi, dopo i tre che martedì hanno permesso a Berlusconi di ottenere
la fiducia. La sintesi colta è di Rocco Buttiglione, che cita una frase di Benjamin Franklin al
Congresso che proclamò l`indipendenza degli Stati Uniti (1776): «0 stiamo tutti assieme,
o ci impiccano uno per uno»”.
- IL PD E’ IL PERNO DEL CAMBIAMENTO. L’INCONTRO CON LA SOCIETA’. IL PASSAGGIO DELLA RESPONSABILITA’ NAZIONALE PER PORTARE IL PAESE FUORI DALLE SECCHE DOVE L’HA INSABBIATO BERLUSCONI.
Da L’Unità. “Bersani prepara un «Viaggio nell`Italia che vuole cambiare». “Il governo ha evitato la sfiducia per tre voti, è il suo ragionamento, ma anche se potrà ora «comprare qualche voto qua e là», con una maggioranza così risicata potrà al massimo «vivacchiare», rimanendo invece impotente di fronte ai gravi problemi che ha di fronte al paese. «Non riusciranno a prendere nessuna decisione importante», è la previsione del leader del Pd, che con i suoi ha ragionato non solo sui numeri ristretti su cui possono contare Pdl e Lega nell`aula di Montecitorio, ma anche sul fatto che ora che il Fli è organicamente all`opposizione, in quattro commissioni parlamentari il centrodestra è in minoranza (Affari costituzionali, Esteri, Difesa e Cultura), mentre c`è una situazione di parità alla Bilancio, alla quale devono passare tutti i provvedimenti che necessitano di copertura finanziaria. Per questo Bersani pensa che nonostante le «cose invereconde» che hanno assicurato al governo la «sopravvivenza», il voto di quelli che hanno cambiato casacca” non ha cambiato le carte in tavola e c’è il rischio delle elezioni. Nel caso il PD è pronto a dare battaglia e a vincerle, ritenendo che per il paese sarebbe tuttavia utile avere un governo di ampia portata in grado di dare la spinta necessaria a superare le necessità.
Ancora da L’Unità: “Spiega Stefano Fassina, membro della segreteria e responsabile Economia del partito, dopo la riunione della segreteria che ha convocato la direzione del Pd per giovedì 23 dicembre: «L`Italia ha profondi problemi che questo governo si è dimostrato incapace di affrontare. Il Pd vuole evitare che si allarghi la distanza tra politica, istituzioni e società. Per questo oltre all`elaborazione programmatica saremo presenti fisicamente nelle situazioni di maggiore disagio sociale». Bersani ritiene che questa sia una «situazione straordinaria» e propone una «convergenza ampia» di forze politiche, economiche e sociali interessate a realizzare a una riforma istituzionale e a dar vita a un`«alleanza per la crescita e il lavoro».
E’ la proposta di un governo di responsabilità nazionale, per affrontare la terribile sfida che il paese si trova di fronte e portare l’Italia fuori dalle secche economiche, sociali e istituzionali in cui l’ha costretta il governo Berlusconi.
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