15 dicembre 2010

La nota del mattino del 15/12/2010.

Le principali notizie politiche del giorno a cura del PD.

1. MOZIONE DI SFIDUCIA, GOVERNO, MAGGIORANZA: I FATTI SEPARATI DALLE OPINIONI SUL PRIMO ROUND. ORA COMINCIA IL SECONDO
Il governo di Silvio Berlusconi ha ottenuto la fiducia con tre voti di differenza, conquistati in vario modo. Il calciomercato è stato vergognoso. E le immagini stesse della seduta parlamentare lo hanno dimostrato. Detto questo, i fatti nudi e crudi sono cinque.
Il primo fatto: Berlusconi ha resistito a questo assalto. Certo, ha usato una strategia vergognosa, come il calciomercato. Ma non ha subito la sfiducia formale della Camera.
Il secondo fatto: ha resistito, ma con tre soli voti di maggioranza, mentre all’inizio della legislatura ne aveva quasi cento e appena a settembre oltre 60. Non solo. Nei voti della maggioranza sono contati anche ministri, sottosegretari e altri (ha votato perfino Giuseppe Vegas già nominato presidente della Consob ma non ancora dimessosi da parlamentare). Così non potrà andare lontano, come si vedrà presto.
Il terzo fatto: il centrodestra nato dall’incontro tra la Forza Italia di Silvio Berlusconi e l’An di Gianfranco fini già nel 1994 e poi via via diventato il Popolo delle Libertà non esiste più. La destra è esplosa.
Il quarto fatto: il Partito Democratico ha seguito la propria strategia, ha presentato un gruppo unito al voto (presenti i 206 deputati e tutti hanno votato la sfiducia) ed ha dimostrato di essere il perno indiscutibile di qualsiasi governo alternativo a Berlusconi.
Il quinto fatto: l’Udc ha resistito alle lusinghe, il Fli ha perso qualche pezzo, l’Idv ha visto due dei suoi cedere alla sirena berlusconiana. Ma nel complesso le opposizioni, sia pure posizionate su fronti diversi, sono diventate più ampie. “La maggioranza si è ristretta e l’opposizione allargata” come ha commentato ieri il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani.
Così è finito il primo round. E subito è cominciato il secondo. Silvio Berlusconi ha informato il capo dello Stato sull’esito del voto, ha aperto all’alleanza con l’Udc di Casini e annunciato un rimpasto di governo (lo specchietto per attirare nuovi consensi in vista dei posti messi a disposizione). La Lega anche ha aperto ad una eventuale alleanza con l’Udc. L’Udc ha respinto le avance al mittente. E tutti sanno che al primo voto in Parlamento il governo rischia di andare sotto di nuovo. Come ha scritto il direttore de La Repubblica, Ezio Mauro: “La partita è appena cominciata”.

2. DOPO IL COMMERCIO DEI VOTI, IL VIETNAM IN PARLAMENTO.
Con tre voti di differenza anche Berlusconi sa che non andrà lontano. Già ieri è stata fatta slittare la seduta sul decreto per i rifiuti a Napoli, che doveva essere discusso oggi alla Camera, ma il Parlamento non può certo restare con le mani in mano perché il governo sa di non avere una
vera maggioranza. La Stampa: “L`idea è quella di andare a una sorta di «Vietnam» parlamentare”….”Le occasioni non mancheranno, e anzi, ce ne sarebbero diverse sin dai prossimi giorni. Quelle più succose sono cinque: il decreto legge sui rifiuti, le mozioni di sfiducia contro i ministri Bondi e Calderoli, la riforma Gelmini dell`Università, la mozione Fli sul pluralismo in Rai”.

3. IL PD PERNO DELL’ALTERNATIVA. LA STRATEGIA DEMOCRATICA.
Claudio Sardo su Il Messaggero: «È una vittoria di Pirro, ottenuta per di più con una compravendita vergognosa». Pier Luigi Bersani: «Ora l`opposizione è più grande dice - e la maggioranza più stretta. Berlusconi non dispone neppure di 315 deputati e con il governo Razzi-Scilipoti non può governare». …..”Certo, il vertice del Pd ci ha provato a far cadere Berlusconi. Dario Franceschini ieri rivendicava che tutti e 206 i deputati hanno votato la sfiducia, anche la partoriente Federica Mogherini, anche il malato Marco Fedi, deputato venuto dall`Australia. Poi la delusione non è stata mascherata, quando a Montecitorio si è capito che il gruppo dei finiani avrebbe perso i voti decisivi. Subito dopo il voto, Bersani ha riunito alla Camera lo stato maggiore del Pd”……”Da Franceschini alla Bindi, da Veltroni e D`Alema il segretario ha avuto il disco verde ad andare avanti. «La nostra linea non cambia ha detto in conclusione. Abbiamo ottenuto il massimo che potevamo. Ora dobbiamo mettere più energia nell`opposizione perché è ciò che ci chiede la nostra gente».
Nel vertice nessuno ha posto questioni. Anche se resta aperto il dibattito sul tema della vocazione maggioritaria del Pd, che sarà anche al centro dell’appuntamento di Modem a gennaio.
Intervista di D’Alema a La Repubblica. «Mentecattì». Così Massimo D`Alema definisce quelli che ora mettono in discussione il sogno democratico di un governo di responsabilità istituzionale e la strada del dialogo con il Terzo polo di Fini e Casini. «Credo che nessuno nel Pd sia così stupido da poter sollevare questa obiezione. Cosa dovevamo fare? Votare la fiducia a Berlusconi per non fare sponda con Fli e Udc? Roba da mentecatti, appunto. La politica non è fatta di scenari, è una scienza semplice, basta ragionare»…..«Cretini in giro ce ne sono sempre. Ma spero che nel Pd non vengano fuori». La sconfitta del fronte di opposizione D`Alema non può negarla. «Partivano da più 70 deputati, sono arrivati a più 3. Prima o poi vinceremo noi», e un commento al voto sulla fiducia venato da una nota di amarezza più che di sarcasmo. «Ma Berlusconi può governare con questi numeri? Assolutamente no. Già domani (oggi per chi legge ndr) si vota alla Camera e si troverà davanti la stessa opposizione. Vale a dire un Parlamento diviso a metà». A questo punto D`Alema scommette tutto sulle elezioni. «È lo sbocco più logico, mi pare». Senza rinunciare però allo spiraglio di un altro governo, di un esecutivo di transizione. «La prospettiva di un`alleanza con Fìnì e Casini resta in piedi, il voto a Montecitorio non la esclude». La allontana, però. Il presidente della Camera si è indebolito, per esempio. «Fini ha fatto la sua battaglia contro il premier, una battaglia vera - risponde D`Alema -. Gli va dato atto. Certo, non ha né i soldi né il potere di Berlusconi. Questo conta». Per l`ex premier il Parlamento ha raggiunto il livello più basso di «degrado mai visto nella storia della Repubblica. Deputati comprati, deputati nascosti dietro le tende fino all`ultimo Per proteggere la vergogna di un voltafaccia. Uno spettacolo indecente per le istituzioni, perla democrazia. Che dobbiamo in larghissima parte a Berlusconi,
alla sua parabola politica. Motivo in più per togliercelo dalle scatole (non dice proprio scatole, ndr)».
Da L’Unità: “Vendola "festeggia" il risultato della Camera: « Si vota a marzo, subito le primarie e io sono pronto».

4. LA BORSA, CARTINA DI TORNASOLE DEL CONFLITTO DI INTERESSI DEL PREMIER.
La stampa: “Contavano di vincere facile, i signori della Borsa. Per questo molti grandi investitori, per lo più esteri, fino alla tarda mattinata avevano giocato al ribasso su Mediaset. Poi arriva la fiducia. I finiani ingoiano il rospo. E i fondi corrono ai ripari. Per usare un termine caro alla finanza, si ricoprono: ricomprano i titoli del gruppo tv che, da inizio novembre - da che gli attacchi di Futuro e Libertà dentro e fuori Montecitorio s`eran fatti duri - avevano iniziato a vendere. Il titolo, con l`esito parlamentare favorevole, rimbalza alla grande. Strappa subito a +4%, poi rallenta ma chiude in gloria: +3,29%, a un prezzo di riferimento di 4,63 euro, ai massimi da tre settimane a questa parte con scambi due volte e mezza sopra la media”.

5. LA PROTESTA VIOLENTA INVADE ROMA. PREOCCUPAZIONI VERE E CINICHE FURBIZIE.
Studenti, precari, terremotati de L’Aquila, ieri a Roma hanno sflilato a migliaia per protestare contro il governo. Roma era blindata, perché da giorni si sapeva che sarebbero arrivate anche alcune frange di violenti. Così è stato. Un gruppo di facinorosi ha messo Roma a ferro e fuoco. Feriti tra le forze dell’ordine e tra i dimostranti. La preoccupazione per il riesplodere della violenza è palese oggi su molti quotidiani. Da tutte le forze politiche è arrivata la solidarietà alle forze dell’ordine. Ma anche qualche domanda: come è possibile che, ben sapendo cosa sarebbe accaduto, che non sia stato possibile prevenirlo?

6. IL DEBITO DEL NON GOVERNO.
Il Corriere della Sera. “Sale ancora il debito pubblico italiano che in ottobre tocca i 1.867,398 miliardi di euro, il 5,9% in più da inizio anno. Si tratta dei dati mensili della Banca d`Italia, che ha anche confermato il calo delle entrate tributarie nei primi 10 mesi dell`anno: sono scese dell`1,8% cioè di 5,2 miliardi”.

7. CONTRATTI E DIRITTI: CONFINDUSTRIA SOTTO TIRO, L’AUTO VUOL DARE LA LINEA.
Stefano Cingolani su Il Foglio fa parlare Carlo Callieri, top manager Fiat che tra il 1979 e il 1980 fu protagonista della svolta e che oggi mette sotto osservazione la stessa Confindustria, spingendola ad accettare l’accelerazione di Marchionne sulla semplificazione dei rapporti industriali e sulla rappresentanza: “C`è un`Italia che resiste alla modernizzazione, prima ancora che alla globalizzazione, resiste all`impegno sul lavoro, ritiene che tutto sia dovuto una volta per sempre. E` questa che Sergio Marchionne prende di petto con le sue scelte traumatiche. Secondo Carlo Callieri, "è un’Italia variamente presente nel pubblico, ma anche nel privato, al sud e in alcuni nuclei dell`industria, tra i quali anche Mirafiori. Un`Italia la cui cultura scambia il diritto con
l`abuso. Ebbene, il sindacato ha ignorato questi comportamenti oggettivamente inaccettabili. Certi settori del sindacato, in modo particolare: credo che la Fiom, tanto per essere chiari, abbia grandissime colpe". Top manager della Fiat, l`uomo che tra il 1979 e il 1980 fu protagonista della svolta, prima contro la violenza terroristica poi con la marcia dei capi e la sconfitta del sindacalismo antagonista, per otto anni vicepresidente di Confindustria per i rapporti sindacali con i presidenti Abete e Fossa, Callieri critica - nel giorno in cui si riunisce il direttivo di Confindustria - anche la rappresentanza degli imprenditori "arcaica, sovradimensionata, autoreferente. Le confederazioni debbono rappresentare gli interessi dei lavoratori e dell`impresa, nell`ottica dell`interesse generale. In passato ciò è accaduto, per esempio nel caso della tanto vituperata concertazione. Quando non c`era più nessuna classe politica, in rotta di fuga, inseguita dai magistrati, le rappresentanze generali hanno fatto la loro parte e anche molto di più. Raggiungendo un accordo che ha aiutato in modo fondamentale il risanamento economico e l`integrazione monetaria. Con la rivincita della politica, invece, è tornata la logica della lobby". C`è bisogno di un ripensamento anche nel modo d`essere e nella struttura della rappresentanza: "Via tutta la fuffa associativa, Migliaia di persone che oggi operano in associazioni di categoria o territoriali formano un apparato burocratico che non serve né alle imprese né ai lavoratori". La difficoltà più evidente riguarda proprio i rapporti contrattuali: "Siamo in pieno labirinto di Dedalo. Troppi livelli e troppo confusi, mentre il nuovo mercato del lavoro sfugge alla rappresentanza”.
La Stampa. “È probabile che all`inizio della prossima settimana Fiat e sindacati riprendano il negoziato interrotto. I contatti sono comunque proseguiti in questi ultimi giorni. Propedeutico sarà il passaggio con Federmeccanica sulle norme specifiche per l`auto. «Ci vedremo lunedì con Uilm e Fim (probabilmente nel pomeriggio, perché al mattino c`è il comitato centrale Uil, ndr.)» dice il direttore generale di Federmeccanica, Roberto Santarelli. Che aggiunge: «È necessario ripensare le regole della rappresentanza sindacale: sono state costruite nella pratica e nel presupposto dell`unità, ma quando questa realtà si modifica è chiaro che si creano un`impasse e dei problemi». Santarelli spiega che le norme specifiche «saranno all`interno del contratto nazionale il quale prevede delle deroghe» e che sarà da «valutare insieme se ciò sarà sufficiente a dare risposte positive alla Fiat».

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