22 giugno 2011

Nota del mattino del 22 giugno 2011.


1. OGGI SI CHIUDE LA VERIFICA IN PARLAMENTO CON BERLUSCONI CHE RIPETE I SUOI SLOGAN E LA LEGA CHE INCASSA LA SCONFITTA FACENDO FINTA DI NIENTE. MA DA DOMANI SI APRE LA FASE DELLA VERITA’ SUI CONTI PUBBLICI. E LA VERITA’ E’ ESSENZIALE PER SALVARSI.
Ieri il governo ha incassato la fiducia sul decreto sviluppo, ma ha subito/accettato una sconfitta sul trasferimento dei ministeri al Nord. Berlusconi ha presentato al Senato la sua nuova maggioranza con un discorso vecchio, infarcito delle solite cose, con un solo passaggio politicamente significativo, quando ha usato la crisi economica negata finora come alibi per non cadere: “Una crisi oggi sarebbe follia”.
Dalla intervista rilasciata dal presidente del Pd Rosy Bindi a La Stampa: “La Lega si becca una smentita a tutte le richieste di Pontida e anche quel poco che aveva promesso gli è stato negato». Domanda: Dove va il governo? «Ha i numeri, ma non bastano a nascondere la grave crisi politica» .
Oggi alla Camera ripeterà il discorso. Per il Partito Democratico interverrà il segretario Nazionale Pier Luigi Bersani e sottolineerà per l’ennesima volta che il primo e più importante errore che va addebitato a questo governo è di aver nascosto la realtà, di aver descritto i cieli azzurri, di non dire la verità agli italiani, nascondendo qual è la vera situazione del paese. Ancora oggi il presidente del Consiglio ripeterà e riproporrà la riforma epocale del fisco con tre aliquote della quale si parla dal 2001. E invece, per salvarsi, il primo punto è proprio il riconoscimento dei problemi, la verità.
2. L’ANTITRUST CERTIFICA: IL GOVERNO HA BLOCCATO LE LIBERALIZZAZIONI CHE SONO IL PILASTRO DELLA CRESCITA. BERSANI LE HA FATTE. IL PD LE HA RIPROPOSTE FIN DALL’INIZIO DELLA LEGISLATURA. E CON IL PNR HA RILANCIATO OLTRE 40 PROPOSTE.
Da Il Sole 24 Ore. «Senza la concorrenza è a rischio la vitalità, già compromessa del sistema economico». Antonio Catricalà, presidente dell’Antitrust, approfitta dell`ultima relazione annuale del suo mandato per dire a «chiare lettere» alla politica che il treno della ripresa è passato senza che l`Italia abbia nemmeno tentato di salirci. «Il processo riformatore si è arrestato - denuncia - e le liberalizzazioni sono scivolate via dalle priorità dell`agenda politica. Il primo disegno di legge sulla concorrenza non ha mai visto la luce. Questo ritardo è grave; rallenta il processo di ammodernamento del Paese. Deve essere recuperato il tempo perduto». Troppo spesso, accusa il presidente uscente, «le nostre richieste di intervento legislativo vengono ignorate, come è accaduto in sei anni di applicazione del conflitto di interesse».
Antonio Lirosi, responsabile del Pd per i consumatori, e già collaboratore di Bersani al ministero dello sviluppo nei diversi governi di centrosinistra, ha ricordato ieri che le liberalizzazioni che sono state fatte, le ha decise Bersani, che il governo di centrodestra ha bloccato tutto, mentre il Pd ha rilanciato il tema fina dall’inizio della legislatura ed a febbraio, in concomitanza con la presentazione del piano alternativo per le riforme economiche, lo stesso Pd ha presentato decine di proposte di liberalizzazione che potrebbero essere attuate subito (si possono scaricare dal sito www.partitodemocratico.it).
3. L’EUROPA INQUIETA. DAGLI INDIGNATOS IN SPAGNA ALLE PIAZZE GRECHE. LA RIVOLTA CONTRO LE MEDICINE PER LA CRISI DETTATE DALL’UE E DAL FONDO MONETARIO. LA RIVOLTA CONTRO I GOVERNI CHE NASCONDONO LA VERITA’.
Da La Repubblica. Barbara Spinelli. “MAN mano che si moltiplicano crisi e bancarotte degli Stati, crescono in Europa le rivolte degli indignati: in Grecia, Spagna, anche in Italia dove il tracollo è per ora solo temuto. I governi tendono a vedere il lato oscuro delle rivolte: il faticoso riconoscimento della realtà, la rabbia quasi cieca. Ma la cecità spiega in piccola parte una ribellione che ha come bersaglio non solo i contenuti, ma anche le forme di comportamento (dunque l`etica) dei governi: l`abitudine a una vista sempre corta, abbarbicata al prossimo voto o sondaggio; la vocazione a nascondere conti squassati. A non dire la verità su immigrazione o deficit, ad accusare i giornali, le Banche centrali, l`Europa: tutti sospettati di spandere brutte notizie. L`Italia in questo è all`avamposto. Da quando è tornato al governo, Berlusconi ripete lo stesso ritornello: lo squasso è nelle vostre teste disfattiste, noi ce la facciamo meglio di tanti paesi virtuosi. Lunedì ha detto d`un tratto, ai microfoni: «La crisi non è finita». Non ne aveva mai annunciato l`inizio. Come si spiega l`allarme dei mercati sulla nostra economia e sulla paralisi governativa, se le cose andavano nel migliore dei modi? Il governo se lo spiega probabilmente con le gag del ministro Brunetta: se milioni dì precari sono «l`Italia peggiore», vuol dire che c`è del marcio in chi soffre la crisi invece di creare ricchezza. Non dimentichiamo che una delle iniziative più trascinanti degli indignados spagnoli concerne l`informazione. L`ha presa Antòn Losada, professore di Scienze politiche, e s`intitola "Sinpreguntasnocobertura" (senza domande niente copertura). Migliaia di giornalisti hanno aderito. Se una conferenza stampa non ammette quesiti scomodi sarà boicottata, e il potere resterà solo con i suoi barcollanti giuramenti. E segno che nelle rivolte c`è una domanda, possente, di verità e giustizia. Alla crìsì non si risponde solo imponendo la cinghia più stretta, e instillando nel popolo paure incongrue. Si risponde con la trasparenza d`informazioni: sulle tasse che non si possono abbassare, sul calo demografico che solo l`immigrazione frenerà, sugli ingredienti della crescita che sono la giustizia, la legalità, il merito, il prezzo che possono pagare i più fortunati e ricchi. Alle rivolte generate dalla crisi, i governanti italiani reagiscono con tagli che colpiscono tutti indiscriminatamente, e soprattutto con false promesse. Tremonti stesso, oggi considerato uomo del rigore, ha mal tollerato lungo gli anni i moniti della Banca d`Italia, permettendo che nella Lega e nella destra montasse l`irresponsabilità. In un editoriale di mercoledì sul giornale greco Kathimerini, il direttore Nikos Konstandaras parla del «fascino impossibile della solitudine»: è l`illusione che la crisi non scoppierà, se gli Stati chiudono gli occhi all`Europa, al mondo, ai mercati. Certo, i mercati sono strane bestie: possono scatenarsi istericamente - hanno sete di sangue – e in questo non sono molto diversi dai militanti leghisti che reclamano meno tasse e secessione (verso quale paese del balocchi, dove non ti chiedono nulla ed è sempre domenica?). Hanno la vista corta, ma non anticipano del tutto a casaccio le catastrofi: scattano foto istantanee di governi istantanei, e ne traggono conclusioni. Accanto all`urna elettorale, sono un nostro secondo tribunale. Saranno loro, se non lo fanno altri, ad «aprire la crisi»: quella vera, che screditerà Berlusconi, che sfiderà anche l`opposizione, e metterà a nudo la presente non-politica italiana. Giacché non è politica nascondersi, fingersi Stati sovrani che decidono da soli, ignorare l`esistenza di uno spazio pubblico europeo verso cui siamo responsabili come verso la nazione. Esiste ormai una respublica che oltrepassai nostri confini,che ha sue regole, e i cui dirigenti non sono emanazioni dei governi ma rispondono a geografie più vaste. Valga come esempio la nomina di Mario Draghi al
vertice della Banca centrale europea. Una scelta ineccepibile, ma fatta nella più sgangherata e vecchia delle maniere…”
4. MENTRE LA DESTRA USA TIFA PER FAR SALTARE L’EURO, I DEMOCRATICI USA RAGIONANO SUL RECUPERO DI UGUAGLIANZA E SOLIDARIETA’ NEL CAPITALISMO.
Der Spiegel suona nell’ultimo numero il “Requiem per l’euro”. E dagli ambienti della destra e della finanza Usa arrivano attacchi all’euro e anche all’Italia, come grimaldello per far saltare la moneta unica: Edwaed Altman e Maurizio Esentato, rispettivamente professore di Finanza alla Stern School of Business di New York e amministratore delegato di Cassis Capital, pensano che per l’euro “l’ultima battaglia sarà combattuta nella pittoresca Italia”.
La sinistra americana sta invece ragionando su come rilanciare un nuovo umanesimo in economia. Da La Repubblica. Federico Rampini. “Cè chi lo battezza "capitalismo inclusivo" e chi preferisce "capitalismo democratico". Non conta l`etichetta ma il contenuto: un cambio radicale di priorità, regole e valori, un nuovo umanesimo che comanda l`economia. Meno finanza, meno diseguaglianze, una diversa gerarchia nei luoghi di lavoro, un mondo imprenditoriale con finalità alternative al solo profitto. Non è un libro dei sogni, è il risultato di una vasta consultazione avvenuta in America tra imprenditori, innovatori, giuristi, studiosi di ogni disciplina, dalla finanza alla proprietà intellettuale. Il dibattito lo ha lanciato la rivista The Nation, laboratorio di idee della sinistra americana, con il titolo Reimagining Capitalism e questa domanda: "Immaginate di poter reinventare il capitalismo, da dove comincereste?" inoltre: "Cosa si può cambiare per renderlo meno distruttivo, più centrato sui reali bisogni dell`umanità, per orientarlo a rendere le nostre vite migliori?" Le risposte potevano sbizzarrirsi ai confini dell`Utopia. Invece si sono mobilitati protagonisti dell`economia, esperti di rango, con un elenco di proposte concrete, 13 grandi idee, progetti per cambiare da subito. Il successo dell`iniziativa rivela una voglia di riforme ben più diffusa di quanto appaia dal dibattito politico tradizionale. «Tutti hanno in comune una caratteristica - commenta il caporedattore di The Nation, William Greider - è gente allenata a pensare nel lungo termine, con esperienze concrete dal business alla finanza, attivisti e ottimisti, capaci di sfoggiare un`inventiva sorprendente». E la prova che l`America «è ancora viva e vitale, ricca di pensiero giovane, propensa a lanciarsi verso grandi cambiamenti». Alcune di queste proposte innovative si stanno già facendo strada da sole, dentro la società civile, con un`esplosione di iniziative dal basso. Poche di queste idee circolano nei partiti, ancora prigionieri di schemi arcaici:la destra vuole "lo Stato minimo", i democratici o sono sulla difensiva o si limitano a invocare "più Stato". Mentre dalle 13 idee per cambiare il capitalismo emerge una certezza comune: c`è bisogno "di uno Stato più forte, non più grosso", una distinzione importante visto che l`Occidente intero dovrà affrontare per diverse generazioni un risanamento delle finanze pubbliche. Gli esperti che hanno aderito all`iniziativa di The Nation non chiudono gli occhi di fronte a una delle contraddizioni della sinistra: «Non basta invocare più regole, visto che il fallimento delle regole è stata una delle cause dell`ultimo spaventoso tracollo del capitalismo». E proprio dalla colonna portante del capitalismo, cioè l`impresa, partono alcune delle idee d`avanguardia raccolte su The Nation. "Benefit Corporation", traduzione Impresa Benefica: è una società per azioni il cui statuto sociale e ragion d`essere sia diversa dal profitto. Non è un sogno, è un cambiamento delle normative già in atto in California, New Jersey, Maryland, Virginia e Vermont, tutti Stati che hanno modificato il codice civile per consentire la diffusione di aziende che
costruiscono «un`economia di mercato ma non una società di mercato». Jamie Raskin, giurista costituzionale e senatore del Maryland, elenca diverse Benefit Corporations che hanno come finalità obbligatoria «un impatto positivo sulla società e l`ambiente: alcune si occupano del risanamento di fiumi, altre operano nell`edilizia popolare, altre ancora combattono l`analfabetismo di ritorno». E un movimento reale, il B Lab di Philadelphia ha già censito oltre 400 Benefit Corporations. E a differenza dello statuto generico di cooperative, il marchio delle Benefit Corporations si può perdere: «Se l` azienda non tratta i propri dipendenti, la comunità locale e l`ambiente con lo stesso rispetto che ha per gli azionisti». William Lerach, noto avvocato che ha vinto battaglie storiche in difesa dei consumatori e dei piccoli azionisti (ottenne 7,2 miliardi di rimborsi per i soci di minoranza Enron) spiega come introdurre «un poliziotto in ogni consiglio d`amministrazione, imponendo alle S. p. a. un amministratore indipendente che per legge protegga gli interessi dei dipendenti e del pubblico», aggirando le costruzioni barocche e inutili della corporate governance. Kent Greenfield, giurista del Boston College, spiega perché va abolita la "responsabilità limitata": nata per favorire gli investimenti imprenditoriali (isolando il capitale d`impresa dalle proprietà dei singoli azionisti) è diventata la causa di una dilagante irresponsabilità capitalistica. "L`imprenditore che rischia in proprio, che perde se sbaglia": questa figura d`altri tempi, così lontana dall`impunità recente invalsa ai vertici del capitalismo, torna in auge grazie agli Employee Stock Ownership Plan (Esop): 11.000 aziende sono state comprate dai loro stessi dipendenti, in tutto 12 milioni di lavoratori. Il giurista Vincent Panvini estende la lezione a tutte le imprese: «Contro la figura del chief executive de-responsabilizzato, che si arricchisce coi paracadute d`oro anche quando rovina l`impresa,tutteleregoleretributive del top management devono essere tassativamente allineate alla salute dell`azienda». Joe Costello prevede gli enormi vantaggi perla collettività dall`estensione sistematica dei principi "dell`open information", riducendo l`appropriazione privata delle scopertee della proprietà intellettuale da parte delle multinazionali. Saran Anderson dell`Institute for Policy Studies rilancia la tassa sulle transazioni finanziarie con un progetto concreto per risolvere i dissensi tra Europa e Stati Uniti. Robert Weissman che dirige il movimento Public Citizen prende ispirazione dal salvataggio statale di General Motors e Chrysler, e spiega tutte le leve d`influenza che il governo può mobilitare per orientare gli investimenti privati: a vantaggio delle energie rinnovabili, per la tutela della salute, la ricerca scientifica.
Barbara Dudley racconta come sta prendendo piede nell`Oregon una nuova forma di microcredito, che aggira il potere delle grandi banche e garantisce finanziamenti a chi ne ha più bisogno: studenti universitari, piccole imprese, cooperative. Joseph Blasi, Richard Freeman e Douglas Kruse sono trai più autorevoli esperti di relazioni industriali a Harvard e Rutgers: insieme firmano la proposta che rivoluzionerebbe gli incentivi fiscali per le imprese, limitandoli a quelle che riservano all`80% della manodopera (la parte bassa della piramide gerarchica) le stesse risorse che servono a pagare il 5% del top management. Una ricetta semplice per invertire la tendenza all`ipertorfia dei superstipendi e al patologico aumento delle diseguaglianze. Tra gli imprenditori spicca Leslie Christian, chief executive di Portfolio 21 Investment: «L`attivismo dei risparmiatori può scavalcare i ritardi dei governi nel promuovere uno sviluppo sostenibile per l`ambiente. Aumentano i fondi che escludono sistematicamente dai loro portafogli d`investimento le energie fossili e vanno in cerca di opportunità di lungo termine solo in aziende che hanno una strategia di riduzione nei consumi di risorse naturali». Ray Carey, che è stato chief executive di Adt, affronta il problema che assilla l`esercito delle "pantere grigie", la generazione del baby-boom che comincia adesso ad andare in pensione senza garanzie sui propriredditi futuri: «Un sistema di retribuzione degli amministratori dei fondi pensione, che vincoli i
loro stipendi ai risultati di lungo termine». Le 13 idee sono riforme a costo zero, non richiedono nuove risorse pubbliche, spesso anzi le fanno risparmiare (come lo sfoltimento dei privilegi fiscali per la rendita finanziaria). Ignorarle significa rassegnarsi a «un`economia patologica, una finta ripresa, con salari declinanti, debito pubblico e debito estero in aumento, il ceto medio che s`impoverisce». In comune, gli autori che hanno raccolto la sfida da The Nation hanno la caratteristica di pensare "out of the box", fuori dalle consuetudini, ribellandosi alla pigrizia mentale. Sono a tutti gli effetti degli imprenditori sociali, pionieri dell`innovazione nella migliore tradizione americana. Il più grosso sforzo che si richiede per reinventare il capitalismo, è "immaginazione morale e spirituale". Questo serbatoio mostra di essere ancora abbondante in America, non aspetta che arrivi il nulla osta dall`alto per mobilitarsi e sperimentare”.

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