6 febbraio 2012

La nota del mattino del 06/02/2012.

1. I SONDAGGI CONSIGLIANO A BERLUSCONI DI LANCIARE L’OFFENSIVA DELL’ABBRACCIO, MENTRE TRAMA PER GLI AFFARI E LE ELEZIONI. MA NESSUNO SI FIDA. Il PD CAUTO: SI DISCUTE SU RIFORME, MA CON TUTTI.


Per rompere il muro di silenzio, riprendere in mano la comunicazione per il Pdl, togliere ad AngelinoAlfano lo scettro del comandante e avviare una nuova fase strategica, Silvio Berlusconi ha fatto la solita, disinvolta giravolta: con un’intervista a Libero, giornale amico, ha dichiarato di voler fare con il Pd la riforma elettorale, avviando da subito gli incontri.
Vero? Falso? La realtà sta nei sondaggi che danno chi grida e si sgola perdente in questa fase. Per non scomparire dietro a un dialogante Alfano da un lato e a un gruppo di descamisados dall’altra,
Berlusconi ha così preso l’iniziativa. E in un sol colpo ha tentato di abbracciare il Pd, per depotenziarne la crescita e di chiudere all’angolo il terzo polo.
La risposta è arrivata subito. Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria del Pd, ha risposto così: "Il Partito Democratico è disponibile a discutere sulla riforma elettorale con tutte le forze politiche che intendono superare davvero il cosiddetto 'porcellum' e approdare a una legge elettorale più giusta, che consenta agli elettori di tornare a scegliere i propri rappresentanti. Proprio per questo il Pd è disponibile ad incontrare tutte le forze che vogliono discutere di questi temi. Il Pd ha depositato da tempo in Parlamento la sua proposta di legge per la riforma elettorale e i presidenti dei due gruppi parlamentari, alla Camera e al Senato, hanno già chiesto di stingere i tempi per avviare la discussione. Il tavolo del confronto è naturalmente lo stesso Parlamento. E' in quella sede che i diversi gruppi parlamentari devono confrontarsi sulla riforma elettorale, a cominciare dai partiti che sostengono il governo ma senza escludere nessuno e, anzi, sollecitando tutti a partecipare a una riforma che riguarda le regole condivise della democrazia".
Nello stesso tempo, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha lanciato un avvertimento chiaro sui giochi e i giochetti che la destra sta facendo mentre mostra il sorriso sulle labbra: “Una serie di provvedimenti del governo sono stati approvati con il meccanismo di vecchia maggioranza, anche contro le indicazioni del governo stesso: questo è un problema. siamo leali, sosteniamo il governo, ma non ci lasciamo prendere in giro". Dunque, patti chiari e amicizia lunga. Rai e giustizia, si deve tornare indietro o modificare ciò che è stato deciso.
In tutte le sedi la destra sta facendo infatti piccole e grandi mosse in linea con il passato, come
dimostra anche la sanatoria per liti fiscali, inserita a sorpresa durante il dibattito parlamentare nel
decreto mille proroghe.
Da La Repubblica. Intervista a Dario Franceschini. “Su giustizia, articolo 18 e mercato del lavoro, il Pd è in allarme, onorevole Franceschini? «Noi Democratici abbiamo cercato e voluto il governo Monti, al contrario del Pdl che l`hasubito. Sapevamo che non sarebbe stato un cammino semplice, perché un esperimento totalmente inedito, reso possibile dall`emergenza e dalla gravità della crisi, cioè di avversari politici - che si sono scontrati duramente e che torneranno a scontrarsi alle elezioni, e che intanto sostengono lo stesso governo - è inevitabilmente difficile. Però il Pd appoggia Monti pienamente, sapendo che il lavoro è appena iniziato». Tuttavia il segretario Bersani lancia l`offensiva e avverte che i Democratici non sono disposti a farsi prendere in giro. «Il voto a Montecitorio sulla responsabilità dei giudici è stato gravissimo. Innanzitutto, mostra il rischio davvero grosso che quando le forze politiche non trovano tra loro un`intesa, Lega e Pdl tornano a votare insieme e sono maggioranza in Parlamento. Né ci si può affidare a una logica di maggioranze variabili e imprevedibili. A Monti abbiamo chiesto un suo impegno diretto per trovare una soluzione su quei "nodi" su cui è prevedibile uno scontro tra le forze politiche. Ferma restando la nostra lealtà». Anche se il governo modifica l`articolo 18 sarete leali a tutti i costi? «Non penso che il problema si porrà. Il ministro Fornero ha detto ci sarà un percorso di concertazione con le parti sociali, sindacato in primo luogo. Non mi riferisco solo al confronto, che è dovuto, ma al testo che giungerà in Parlamento e che dovrà avere il consenso delle parti sociali, indispensabile in un momento così carico di tensioni nel paese. Attenzione, però: nessuno faccia forzature su questo, né alle Camere né tantomeno nel paese». E diventato Berlusconi ora il più convinto supporter di Monti, almeno a sentire le ultime dichiarazioni? «Dopo vent`anni non riesco proprio a credere alle dichiarazioni di giornata di Berlusconi, e comunque se fosse vero che lo sostiene in modo convinto, ben venga». L`ex premier pensa a una riforma elettorale con il Pd. E voi come rispondete a questa offerta di dialogo? «Rispondiamo che non siamo disposti a escludere il Terzo Polo da un accordo. Facciamo un passo indietro. Il tema legge elettorale/riforme costituzionali è un compito affidato al Parlamento: al governo spetta affrontare l`emergenza economica, alle forze politiche costituire un sistema di regole che metta nelle condizioni chi vincerà le elezioni di riuscire a governare. Manca più di un anno alla fine della legislatura ed è un tempo più che sufficiente perché il Parlamento cambi i propri regolamenti, superi il bicameralismo perfetto e le sue lentezze, faccia una nuova legge elettorale. Non si può usare l`alibi del poco tempo. Noi vogliamo fare anche alcune riforme istituzionali e la legge elettorale. Ma non potremmo mai rinunciare alla modifica del Porcellum, dell`attuale legge porcata». Quindi, pensate a un confronto con il Pdl? «Serve una intesa molto larga. Alla trattativa devono partecipare tutte le forze parlamentari, comprese Idv e Lega. Tanto che Anna Finocchiaro e io abbiamo proposto le conferenze congiunte dei capigruppo di Camera e Senato e stiamo aspettando la risposta dei presidenti Fini e Schifani. La sede è istituzionale e nessuno può parlare di inciuci. Questo è l`obiettivo massimo, ovvero una intesa generale. Ce n`è però uno imprescindibile: l`accordo tra le forze che sostengono Monti. Perciò se l`idea è di un`intesa tra Pd e Pdl a scapito del Terzo Polo, la risposta è "no". Sia perché la legge elettorale non si può fare imponendo la logica dei numeri in Parlamento, sia perché si metterebbe a rischio il governo stesso». Quali caratteristiche sono irrinunciabili per il Pd in una nuova legge elettorale? «Primo, restituire agli elettori la scelta degli eletti, per noi con i collegi uninominali; liberare dal vincolo delle alleanze forzose, inevitabilmente eterogenee e incapaci poi di governare; ridurre la frammentazione partitica. Incontri a livello tecnico ce ne sono già stati, e mi pare del tutto naturale. Ce ne saranno altri». Il discredito nei confronti della politica è altissimo, e il "caso Lusi" , il tesoriere della Margherita - che è il partito in cui lei militava- contribuisce ad aumentarlo. «Anche dalle vicende più brutte come questa possono scattare dei meccanismi virtuosi. Oggi tutti capiscono che, se si vuole difendere il finanziamento pubblico ai partiti, vanno introdotte regole di controllo e certificazione scrupolose, che garantiscano la totale trasparenza».
Da La Stampa. Intervista a Luciano Violante. “Sulla riforma elettorale il Pd è pronto al dialogo con tutti, nessuno escluso. Ma sia chiaro che «nessuna forza politica può pretendere di essere agevolata a priori dalla legge». Luciano Violante, già presidente della Camera, oggi responsabile riforme per il Pd, è colui che, per i democratici, sta conducendo le trattative per cambiare il sistema di voto. Ieri l`ex premier Berlusconi, su «Libero», parlava della necessità di dialogare con voi sulle riforme... «La nostra posizione è chiara: per quanto ci riguarda, dialoghiamo con tutti, perché le riforme si fanno col maggior numero di forze politiche possibili. Senza rapporti privilegiati e senza escludere nessuno». Appunto: dalle parole del Cavaliere, benché poi derubricate a «ragionamenti sul filo del paradosso», si delinea l`idea di un asse Pdl-Pd. «Varie volte il Cavaliere ha cambiato opinione, per questo siamo guardinghi» sulla legge elettorale... «Non è nei nostri progetti. Se due forze si mettessero d`accordo a scapito degli altri fallirebbe l`intero progetto: noi ascoltiamo le ragioni di tutti e lavoriamo se possibile con tutti, chi non parteciperà sarà perché si autoescluderà». Quindi può rassicurare I`Idv che è subito insorta chiedendovi di rifiutare l`appello... «L`Idv conosce benissimo la nostra posizione». Si fida del proposito di Berlusconi? «Io sono a priori per il dialogo. E non ho nessun motivo né per fidarmi né per non fidarmi. Poi, certo, se la fiducia viene tradita...». Non è stata già tradita in passato? «Varie volte l`onorevole Berlusconi ha cambiato opinione, per questo siamo guardinghi. Ma la necessità di mettere il Paese in carreggiata, anche sotto il profilo istituzionale, viene prima di tutto: se si resta legati a sospetti, illazioni e atteggiamenti del passato, non si va da nessuna parte». A che punto siamo nel confronto sulla legge elettorale? «Il Pdl ha rinunciato al premio di maggioranza e noi abbiamo rinunciato al doppio turno di collegio. Si va verso una legge con clausola di sbarramento, intorno al 4%, con l`introduzione della sfiducia costruttiva e la tendenziale costruzione della maggioranza di governo nelle urne. Ci si orienta verso un sistema simile al tedesco». Quindi ci sono incontri costanti sul tema: bilaterali o tutti insieme? «Non mi chieda troppo. Ci sentiamo tra tutti perché è giusto così».
C`è qualche aspetto irrinunciabile per voi? «Quando si fanno trattative parlamentari non bisogna avere pregiudizi, altrimenti si rompe. Piuttosto bisogna mettere sul tavolo quello a cui si è disposti a rinunciare». E un atteggiamento condiviso? «E` l`atteggiamento di tutti».
Ce la farete ad approvare una nuova legge elettorale entro la legislatura? «Spero di sì, ce la stiamo mettendo tutta». Berlusconi invita al dialogo non solo sulla legge elettorale, anche su altre riforme istituzionali... «Anche sulle riforme costituzionali e istituzionali dialoghiamo con tutti. Non abbiamo il tempo per mettere in campo riforme più profonde, che forse non sono neanche necessarie, ma almeno possiamo ridurre il numero dei parlamentari?, avviare il superamento del bicameralismo paritario, riformare i regolamenti parlamentari».
L`ex premier accenna anche alla possibilità di dialogò sulla giustizia: pensa sia possibile? «Finora abbiamo avuto opinioni fortemente differenziate: se il Pdl ha cambiato opinione, saremo ben lieti di discutere».

2. GRECIA IN BILICO. GOVERNO E PARTITI NON MANDANO GIU’ L’ENNESSIMA RICHIESTA DI AUSTERITA’. SE FALLISCE ATENE, L’EUROPA TUTTA NE RISENTIRA’.
Il governo greco di Luca Papademos non ha trovato un accordo con i partiti che lo sostengono sugli ulteriori tagli e sacrifici chiesti dall’Unione europea. Sono ancora per arkia dunque i tavoli di trattativa con i creditori privati, ma anche con l’Europa, mentre si avvicina la scadenza del 13 febbraio, giorno in cui la Grecia dovrebbe rinnovare 14,5 miliardi di euro di titoli pubblici in scadenza o fallire.
Tutta l’Europa sta con il fiato sospeso. Se salta la Grecia, tutti i paesi rischiano. Ma rischia di saltare anche il teorema Merkel del “puniamo i reprobi”: la Germania ci rimetterebbe quanto gli altri.

3. MERCATO DEL LAVORO. OGGI VERTICE DEI SINDACATI. DOMANI VERTICE SINDACATI –CONFINDUSTRIA. GIOVEDI’ CON IL GOVERNO.
Vertice Cgil-Cisl-Uil e poi riunione con gli imprenditori. Infine, nuovo incontro con il governo. Entra nel vivo il confronto sul mercato del lavoro. Cisl e Uil stanno ragionando attorno a una limitata manutenzione dell’articolo 18, che preveda la possibilità di licenziamenti anche sotto i cinque dipendenti (sopra scatta la legge sui licenziamenti collettivi, la 223) per motivi economici.

4. USA, ROMNEY IN TESTA. E SCENDONO IN CAMPO I MILIARDARI PER LA DESTRA.
Un patto tra miliardari per riportare i repubblicani alla Casa Bianca: è questo il titolo che si può leggere oggi su La Stampa. Da La Stampa. Articolo di Maurizio Molinari. “Adieci mesi dall’ Election Day Barack Obama è il più solido sul fronte della raccolta fondi e in soccorso dei repubblicani in affanno si mobilita un folto gruppo di combattivi miliardari. La forza del presidente democratico è descritta dalle cifre: nel 2011 ha raccolto 139,5 milioni di dollari grazie ad un balzo in avanti negli ultimi tre mesi di 40 milioni, ovvero più della somma ottenuta da Mitt Romney e Newt Gingrich nello stesso periodo, ed al momento ha in cassa 81,8 milioni liquidi. Romney invece sui conti ha 20 milioni che sommati ai 23,6 milioni di «Restore Our Future», il comitato pro-Mitt, supera di poco la metà dei fondi di Obama, senza contare che gli altri tre candidati repubblicani sono in condizioni assai più deboli. Questo significa che nella sfida dei dollari Obama parte con un ampio vantaggio che potrebbe aumentare se, come osserva la columnist conservatrice Ann Coulter, «le primarie dureranno abbastanza a lungo per dissanguare le casse del partito repubblicano». È in questa cornice che Charles e David Koch, titolari del gigante «Koch Industries», hanno riunito per tre giorni in un elegante resort di Indian Wells, in California, 250 milionari conservatori per chiedere di aprire i cordoni della borsa e versare munizioni al partito repubblicano, a prescindere da chi sarà nominato dalla Convention di Tampa. Charles Koch ha dato l`esempio impegnandosi a versare 40 milioni, il fratello David lo ha imitato con 20 milioni e le altre sottoscrizioni hanno consentito di raggiungere quota 100 milioni di dollari. Si tratta di fondi che saranno suddivisi fra il candidato e il suo Super Pac, il comitato elettorale che in base ad una sentenza della Corte Suprema di Washington può ottenere donazioni illimitate per lanciare spot tv contro gli avversari. Fra coloro che hanno risposto all`appello dei Koch ci sono imprenditori, come Ken Griffin di «Citadel Investment Group», che quattro anni fa sostennero Obama ma adesso lo abbandonano,esprimendo scontento per le sue scelte fiscali ed economiche. A Indian Wells era presente anche Sheldon Adelson, il re dei casinò di Las Vegas, che assieme alla moglie Miriam ha già versato 15 milioni di dollari nelle casse di Gingrich ma si dice pronto a sostenere Romney se otterrà la nomination. Gingrieh prende atto di quanto sta avvenendo: «Se Romney otterrà la nomination sarò io stesso a sostenerlo ma fino a quel momento mi batterò per vincere». Nella progressiva convergenza dei miliardari conservatori verso Romney spicca il nome di Harold Simmons, il banchiere texano a cui «Forbes» attribuisce una fortuna di 9,3 miliardi e che ha raccolto la richiesta dell`ex presidente George W. Bush e del suo ex braccio destro Karl Rove dì finanziare «American Crossroads» ovvero un Super-Pac che accumula fondi destinati a sostenere i repubblicani nel duello finale con Obama. «American Crossroads» ha già raccolto 51 milioni e punta a tagliare il traguardo dei 120 in novembre rasformandosi in uno dei vettori per incanalare i fondi dei super-ricehi, intenzionati a fare quadrato per
sconfiggere Obama a cui rimproverano il linguaggio populista e anticapitalista, l`intenzione di aumentare le tasse e le attenzioni per il movimento di «Occupy Wall Street». Obama tuttavia può contare sul sostegno di George Soros, Warren Buffett, molti giganti della Silicon Valley e produttori di Hollywood e ciò gli consente di accarezzare l`idea di poter tagliare il traguardo storico del miliardo di dollari di fondi raccolti. Se ciò dovesse avvenire Romney potrebbe essere obbligato a sostenere il «Gruppo Koch» attingendo al suo stesso patrimonio, stimato in 250 milioni di dollari”.

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