1. L’EUROPA DECIDE SULLA GRECIA. E TUTTO IL MONDO E’ APPESO A QUELLA SCELTA, A COMINCIARE DALL’ITALIA.
Oggi pomeriggio i ministri finanziari del cosiddetto Eurogruppo decidono se le misure adottate ad Atene sono sufficienti per deliberare il finanziamento destinato ad evitare che la Grecia fallisca.
Tutto il mondo guarda a questo appuntamento. Se vi sarà un sì e la Grecia potrà evitare un fallimento non governato (anche nel caso dell’aiuto europeo i creditori della Grecia potranno incassare solo una parte di quanto hanno prestato) l’Europa avrà tempo per affrontare la crisi finanziaria. Se non arriverà una decisione, è già prevedibile che sui mercati finanziari ricominceranno le turbolenze.
Per l’Italia è decisivo che si evitino le tempeste, perché il Paese sta recuperando la fiducia dei mercati. Ma se ricominciano le turbolenze, anche gli investimenti in Italia verranno considerati un rischio troppo alto.
Nel frattempo il dibattito sul tipo di cura imposta alla Grecia ha travalicato i confini dell’Europa e coinvolto anche gli Usa, dove l’amministrazione Obama ha scelto strade diverse per affrontare la crisi e teme che l’eccesso di rigore in un momento di crisi possa aggravare la recessione.
2. OGGI NUOVO INCONTRO GOVERNO, SINDACATI, IMPRENDITORI.
Oggi nuovo incontro tra governo, sindacati, imprenditori sull’occupazione, la precarietà, il mercato del lavoro. Sul piano dei contenuti vi sono alcuni punti di contatto e posizioni diverse su altri. E’ un passaggio delicato. Il dibattito è molto acceso. Ma il punto veramente importante di fronte a una fase di recessione acuta come quella che attende il Paese è la possibilità di affrontare la prova con coesione sociale e con la condivisione degli obiettivi e degli strumenti da utilizzare. Come nel 1993 l’accordo fu la leva sulla quale l’Italia riprese il cammino della ripresa, dopo aver rischiato il fallimento, così potrebbe avvenire oggi con un’intesa sui temi decisivi del superamento della precarietà, sulla riduzione del numero dei contratti, sulla riforma degli ammortizzatori sociali, sul mercato del lavoro.
Da La Stampa. Intervista a Giuseppe Fioroni. “A tutti quelli che ogni giorno intervengono sull`art. 18, «più uno scalpo da esibire che una questione che risolve i problemi degli italiani», il Pd Giuseppe Fioroni, leader degli ex popolari nel partito, chiede cautela, perché «far saltare il tavolo con le parti sociali sarebbe da irresponsabili». Vede questo rischio? «Per motivi ideologici c`è una violenta contrapposizione tra chi vuole l`art.18 e chi no. Al tavolo tra governo e parti sociali si è già trovato invece un punto di equilibrio, proposto dalla Cisl e largamente condiviso, su una "robusta manutenzione" dell`art.18.
Fare "più uno" rispetto a quell`equilibrio non significa essere riformisti, ma far saltare il tavolo». Chi fa «più uno»? «Lo fa Sacconi quando dice in un`intervista di andare avanti anche senza accordo, lo ha fatto il governo quando all`inizio ha detto "noi andremo avanti anche se non ci state"... Chi usa parole come totem e tabù rischia di trovare, anziché il migliore accordo possibile, la migliore divisione realizzabile». Parole usate da Veltroni, criticate da Fassina... «Se la sindrome dei capponi di Renzo venisse superata e facessimo tutti uno sforzo per rinunciare a qualche momento di visibilità, sarebbe un servizio al bene comune». Senza accordo condiviso, il Pd cosa dovrebbe fare? «Noi dobbiamo lavorare per l`unità, non prendo nemmeno in considerazione la subordinata, parlarne vorrebbe dire già lavorare per farlo saltare. Quel tavolo può chiudere, e vorrei che contenesse un`altra cosa importante». Quale? «I giovani. Risorse per rilanciare formazione, Università, apprendimento permanente. E certezza del merito: bisogna far capire ai nostri giovani che se studiano saranno ripagati. Questo significa, nella sanità; basta a concorsi basati sulla fiducia e quindi sulla fedeltà». Come vede l`ipotesi di togliere la cassa straordinaria ed estendere la disoccupazione? «Ampliare la disoccupazione è una proposta interessante, ma Fornero fa parte di un governo che quotidianamente dice "non ci sono risorse disponibili". Quando entrerebbero in vigore questi sussidi? E con quali risorse? Perché la cosa mi desta preoccupazione». Perché? «Perché non vorrei che qualcuno pensasse che quel miliardo e 200 milioni di cassa straordinaria prevista per il 2012 possa essere usato all`insegna del dividere fra moltissimi ciò che è già insufficiente per pochi».
Cioè convertire quei soldi in sussidi di disoccupazione... «Solidarietà non è dire al cassintegrato ora ti riduciamo ulteriormente l`assegno. Creeremmo una conflittualità fra poveri, senza dare tranquillità a nessuno. La cassa straordinaria va mantenuta, e le risorse del 2012 garantite anche per il 2013 e 2014». Camusso è scettica sull`ipotesi di concludere a breve... «Tutti a quel tavolo sanno che il Paese ha bisogno di un nuovo patto sociale. Poi, meglio cinque giorni in più per raggiungerlo che cinque giorni in meno col governo finito sugli scogli». Che ne pensa dell`idea di Fassina sulla dottrina sociale della Chiesa come uno dei fondamenti del Pd? «Ho apprezzato le sue parole sull`enciclica del Papa, il riconoscimento della centralità dell`uomo che ad alcune culture politiche era mancato fino a ieri. Ma personalmente penso che la Chiesa non sia un franchising da cui prendo solo ciò che mi piace e ignoro il resto».
3. PIENO DI ELETTORI ALLE PRIMARIE PER IL SEGRETARIO DEL LAZIO.
Da L’Unità. Articolo di Maria Grazia Gerina. “C`è chi, come Stefania, pur non essendo iscritta al Pd, è venuta a votare «perché in un momento così critico è importante dire la propria», spiega uscendo dal circolo di via Pietro Giannone, non lontano dal Vaticano. E poi, tra i tre candidati c`è una donna: «Volevo dare un segnale al Pd e ai partiti, che le donne devono esserci se vogliono il nostro voto». E ci sono i militanti, che hanno già votato ai congressi ma diligentemente partecipano alle primarie, con qualche dubbio: «Chissà se è stato utile aprire la consultazione anche a chi non è
iscritto», si domanda Alfredo, lasciando il circolo di via Zabaglia, quello dove Moretti ha girato "La cosa". I numeri dicono che la "scommessa" primarie, in piccolo, è riuscita anche stavolta. Nel Lazio, dove ieri si votava per l`elezione del segretario regionale del Pd, 110mila elettori (40mila solo a Roma) hanno risposto all`appello. Gli iscritti del Pd sono meno della metà: 48mila. E tra loro quelli che avevano preso parte ai congressi erano appena 24mila. «Sono dati importanti, tanto più che è la prima volta che in Italia si fanno le primarie regionali, slegate da quelle nazionali», osserva Francesco D`Ausilio, coordinatore della Commissione elettorale. L`altra volta, appunto, nel 2009, i votanti furono 304mila, ma si eleggeva il segretario nazionale. Lo sottolinea anche Vannino Chiti, commissario del Pd Lazio per 500 giorni. Più propenso a riservare le "primarie" ai candidati per le cariche istituzionali. E però, commenta: «Si conferma che tra gli elettori c`è voglia di partecipare alla vita pubblica». Non era scontato. Come invece lo era l`esito del voto. Favorito, fin dall`inizio ,Enrico Gasbarra – 49 anni, deputato, ex presidente della provincia di Roma, debutto in politica nella Dc -, ora ringrazia «i centomila cuori che battono nel Pd». L`unica incertezza è quale delle quattro liste che lo appoggiavano, rimescolando tutte le correnti del Pd locale, arriverà prima e quanto sarà larga la sua maggioranza. I congressi di circolo gli avevano consegnato il 70%. I primi dati ufficiosi dicono che alle primarie Gasbarra è andato oltre quel risultato. Arrivano da Viterbo, dove il candidato avrebbe conquistato 1`82%, e da Latina, 70%. E fanno sperare in un 75% finale, forse anche di più. La partecipazione molto alta nei circoli del centro di Roma potrebbe essere il segno di un voto di opinione che fa sperare il bindiano Bachelet, terzo ai congressi di circolo (8,5%). Ma Marta Leonori ha potuto contare su un elettorato più articolato: unica donna candidata (13,7% nei circoli), la più giovane, classe `77, forte anche a Frosinone e a Viterbo grazie all`appoggio dei due big De Angelis e Sposetti, dovrebbe farcela a migliorare il risultato dei congressi. «Gasbarra ora dovrà costruire un partito all`altezza della sfida che gli consegna questa consultazione», è il suo augurio. «Smentito chi diceva che queste primarie fossero inutili», rivendica dal canto suo Bachelet. «Ormai a votare per gli ex democristiani ci abbiamo fatto l`abitudine», ironizza, da neoelettore di Gasbarra, Raffaele Tempesta, 62 anni, ex sindacalista della Cgil, mentre esce dal seggio di via Tor Pignattara. Storico circolo del Pci. Fuori, la targa a Ciro Principessa, militante ucciso negli anni di piombo. Dall`altra parte della via Casilina, i fiori in terra per la piccola Joy e suo padre Zhou, trucidati a gennaio, ricordano i nuovi "martiri" di un quartiere multietnico sempre più epicentro di ciò che accade a Roma. «Alemanno spegne la città», recita il manifesto in bacheca. «Stavolta contro di lui vince chiunque», pronostica Raffaele. Però - aggiunge - se il centrosinistra non ripete gli errori del passato è meglio. «Speriamo che Zingaretti metta tutti d`accordo...».
4. OGGI RIUNIONE A ROMA CON BERSANI DEI SEGRETARI REGIONALI E PROVINCIALI DEL PD.
Riunione a Roma, questa mattina, dei segretari regionali e provinciali del Pd con il segretario Pier Luigi Bersani per fare il punto sulla situazione politica e preparare le ormai vicine elezioni amministrative.
Su L’Unità Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, spiega oggi che il Pd è il primo partito con il 27 per cento dei consensi e il Pdl è sceso al 23, la Lega Nord non si avvicina nemmeno al 10 per cento, il Terzo Polo tutto insieme tocca il 13,5 per cento, l’Idv supera l’8 per cento e Sel il 7. Ma è un altro l’aspetto che emerge da quest’ultimo sondaggio: “In termini assoluti (cioè considerando tutti gli elettori) sta prendendo corpo qualcosa di più profondo rispetto alle dinamiche osservabili in superficie, testimoniato proprio dai dati dell`indagine realizzata da Tecné. Innanzitutto, i due principali partiti hanno perso, rispetto a quattro anni fa, il 30% dei consensi. Oggi, la somma dei voti che otterrebbero insieme è pari al 27,7% degli aventi diritto, rispetto al 54,7% del 2008. In secondo luogo la perdita di consenso dei due principali partiti non si compensa all`interno dello stesso schieramento, né si orienta verso il campo opposto, ma si dispone verso l`area dell`astensione. Se si votasse oggi, infatti, sceglierebbero un partito di centrodestra o uno di centrosinistra, solo il 42,6% degli elettori, mentre, nel 2008, l`area del consenso, polarizzato all`interno delle due principali coalizioni, riguardava 7 elettori su dieci. Terzo aspetto: l`area del non voto è salita al 44,6%, superando, per la prima volta, l`insieme dei consensi convergenti su opzioni alternative rispetto al governo del Paese”.
Da L’Unità. Intervista a Piero Fassino. “E’ evidente che in una fase di crisi della politica molti pensano di poter colmare lo spazio che si apre tra partiti e cittadini. Qualcuno potrà farlo in chiave esplicitamente antipolitica, qualcun altro più in chiave civica. Spetta ai partiti non essere passivi e inerti. E soprattutto il Pd deve sentire la responsabilità di riformare radicalmente il modo di essere dei partiti e della politica. Allora anche un`eventuale lista civica nazionale assumerebbe un altro significato». Piero Fassino è l`esempio di come possano essere deboli certe letture sulla delegittimazione della classe politica, sul primato della società civile o sulla rottamazione. L`ex segretario Ds e ex ministro ha vinto le primarie e poi al primo turno le comunali di Torino. E oggi non si sorprende né della tentazione di alcuni sindaci di dar vita a una lista civica nazionale per le prossime politiche né di quanto accaduto alle primarie di Genova. Dove, dice il primo cittadino del capoluogo piemontese, «a pesare nel giudizio degli elettori è stata la credibilità dei candidati, non il loro numero». Emiliano, De Magistris e altri suoi colleghi stanno lavorando a una lista civica nazionale per raccogliere consensi tra quel 40 per cento di indecisi registrati dai sondaggi: che ne pensa sindaco Fassino? «Che ci sia un rapporto critico tra cittadini e politica, e in particolare tra cittadini e partiti, è sotto gli occhi di tutti. Ad alimentare la disaffezione c`è anche un uso
demagogico del tema della "casta" e il modo di rappresentare tutta la politica con un`immagine deformata. Tuttavia sarebbe sciocco, di fronte a questo, alzare semplicemente le spalle. Se i cittadini manifestano un disagio, un malessere, una delusione nei confronti della politica e dei partiti, occorre chiedersi perché e dare delle risposte». E la lista civica nazionale è la risposta giusta? «È una delle risposte, ma non l`unica e neanche la principale. Sarebbe un errore pensare di uscire dalla crisi della politica delegittimando i partiti. Ma naturalmente questa strada può essere evitata soltanto se i partiti escono dalla loro autoreferenzialità, si aprono alla società, cambiano radicalmente la loro organizzazione e il loro linguaggio. Viviamo una fase in cui formalmente i partiti continuano a pensarsi come si pensavano nel 900, mentre nei fatti viviamo in una società molto diversa. Quelli che erano fattori di forza nel rapporto tra partiti e società si sono oggi molto indeboliti. In questa epoca le forze politiche hanno una capacità di rappresentanza più ridotta rispetto al secolo scorso. E anche la capacità di elaborazione e di avanzare proposte è largamente inadeguata. Sono questi i nodi da sciogliere. E questo è un compito che non va delegato ad altri, come se i partiti fossero irriformabili e quindi non resti che affidarsi a qualcosa d`altro. Ed è naturale che questo compito lo debba svolgere innanzitutto il Pd». Perché è il partito che più avrebbe da perdere se entra in campo "qualcosa d`altro"? «Perché è l`unico vero grande partito in questo momento in campo. Il Pdl è in profonda crisi. È nato, vissuto, si è rappresentato avendo come unico elemento costitutivo l`identità del suo leader, Berlusconi. Nel momento in cui esce di scena, e qualunque cosa dichiari Berlusconi è ormai fuori scena, il Pdl deve ritrovare una ragione di identità che oggi non ha. Non è azzardato pensare che nei prossimi mesi assisteremo a dei fenomeni sia di implosione che di disarticolazione e frammentazione su quel fronte, mentre il Pd si sta dimostrando una forza dall`identità chiara, riformista, progressista, di centrosinistra, con un radicamento sociale ed elettorale reale, che ha responsabilità di governo locale diffusissimo e che costituisce il punto di forza vero dell`attuale governo. Per questo spetta in primo luogo al Pd affrontare il tema della crisi dei partiti e offrire ai cittadini un`idea della politica credibile e convincente». Il messaggio è rivolto a Bersani? «Cambiare il modo di essere della politica richiede certamente segnali forti e anche atti di rottura da parte del gruppo dirigente nazionale. Ma c`è una responsabilità non meno rilevante dei dirigenti locali. Se in questo o quel territorio il Pd si presenta agli occhi dei cittadini come un partito chiuso, rissoso, lontano dalla società, quell`immagine pesa molto di più di quanto possa incidere l`immagine e l`iniziativa del partito a livello nazionale». Viene in mente il nome di una città: Genova... «In queste settimane si sono svolte primarie non solo a Genova e in molti casi con più di un candidato del Pd. D`altra parte le primarie per definizione sono aperte e non sono una competizione tra partiti, come finirebbe per essere se ogni forza politica si presentasse con un solo candidato. Quel che conta non è il numero dei candidati, né la loro singola appartenenza, ma la loro credibilità. Perché quando gli elettori partecipano alle primarie scelgono il candidato che gli
appare più in grado di ricoprire il ruolo a cui sarà chiamato. Il problema perciò è come candidati e forze politiche si mettono in sintonia con le aspettative e le esigenze di una comunità, che si tratti di una città, una regione o del paese intero». Questo cosa dice a proposito del rapporto tra Pd e un`eventuale lista civica nazionale, per tornare al tema di partenza? «Che se il Pd mette in campo iniziative, proposte, candidati credibili, non è un problema se gli si affianca una lista civica nazionale. Sarebbe un supporto in più, per il campo progressista. Se invece la lista civica nazionale rimanesse la sola proposta di apertura alla società, presentata come alternativa ai partiti, avrebbe un significato profondamente diverso, e non è neanche detto che raccoglierebbe il consenso necessario per vincere. Come sempre il destino di ciascuno di noi dipende da noi stessi, non da altri. E questo vale anche per il Pd». Il Pd, nel momento di massima crisi di Berlusconi, non ha spinto sulle elezioni e ha lavorato per la formazione del governo Monti. «E ha fatto la scelta giusta, perché questo ha consentito di superare definitivamente Berlusconi e soprattutto ha dato al paese un governo che sta mettendo mano a riforme che ci consentono di non essere travolti dalla crisi e di recuperare la credibilità internazionale, come si è visto con la visita di Monti a Obama, l`accoglienza al Parlamento europeo e il protagonismo che il presidente del Consiglio e l`Italia hanno nel difficilissimo dibattito in seno all`Unione. Naturalmente, nel sostenere il governo, il Pd mantiene un suo profilo, esprimendo anche valutazioni che possono essere talvolta differenti sulle singole misure. Ma la sintonia col governo rimane perché abbiamo l`obiettivo comune della rinascita del paese».
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