27 ottobre 2012

GIORNATA STORICA, FINISCE OGGI L'ERA FORMIGONI




Settantaquattro consiglieri firmano le dimissioni appena dopo aver approvato la legge elettorale.
Una giornata storica, quella del 26 ottobre 2012. Un'era è finita, per lo sfaldamento della coalizione Pdl e Lega e per il crollo di credibilità di Formigoni e della sua giunta. È passata la linea del PD, che il 25 settembre scorso aveva raccolto le disponibilità di tutti i consiglieri democratici, di Idv, di Sel e del gruppo misto, richiamando i consiglieri del centrodestra ad assumersi le proprie responsabilità.
La svolta è arrivata il 10 ottobre con l'arresto dell'assessore Zambetti che, secondo l'accusa, aveva pagato voti alla 'ndrangheta. La Lega decide di staccare la spina ma stringe un accordo che, stando alle parole, vale solo per l'azzeramento della giunta. Passano poche ore ed è chiaro che il patto non regge, anche perché nel frattempo il Pdl è in pezzi, Formigoni fiuta l'imminente rottamazione da parte di Alfano e inizia a minacciare elezioni entro l'anno. Le dimissioni, quindi, le minaccia il Pdl - Formigoni non lo ha mai fatto - e inizia un braccio di ferro con la Lega che vuole votare sì, ma non subito, e possibilmente con un leghista, magari proprio Maroni, candidato della coalizione. Un secondo braccio di ferro si apre nel Pdl tra i fedeli al governatore e le truppe del segretario regionale, a sua volta fedele alla linea romana, e sulle dimissioni dei pidiellini si apre un giallo: quante saranno? Basteranno? Ce ne vogliono almeno dieci, da aggiungersi alle trentuno dell'opposizione. A volte sono quattordici, a volte otto, dicono le voci, e la Lega ci conta, tenta di mandare per le lunghe la legge elettorale boicottando il lavoro in commissione. Fino a oggi, in quella che sarà ricordata come l'ultima seduta del Consiglio regionale regnante Formigoni, quando diventa chiaro a tutti che non ci sono più margini, che l'ostruzionismo leghista non servirà ad evitare lo scioglimento del Consiglio. Allora anche le ultime riserve sulla legge elettorale cadono. Sul testo originale del Pd passa un emendamento complessivo che tiene insieme tutte le forze politiche (la Lega si aggiunge all'ultimo) grazie alla sapiente regia di Franco Mirabelli, e nel pomeriggio la legge viene approvata. Viene abolito il listino, rimane il premio di maggioranza ma i consiglieri saranno tutti eletti nelle circoscrizioni provinciali, che rimangono quelle attuali. Non ci sarà più un presidente a vita, ma durerà in carica non più di due mandati e nelle liste si alterneranno donne e uomini.
Appena dopo l'approvazione i consiglieri si recano al protocollo: firmano le dimissioni in 74 su 80. Non le firmano Roberto Formigoni, il presidente del Consiglio regionale Fabrizio Cecchetti, i dissenzienti del PDL Stefano Maullu e Paola Maria Camillo, l'ex assessore Domenico Zambetti (è agli arresti) e l'esponente dell'Udc Valerio Bettoni, assente. È l'atto conclusivo, la giunta rimane in vita per l'ordinaria amministrazione e il Consiglio è di fatto sciolto, anche se formalmente rimarrà in carica fino all'insediamento della prossima assemblea, quella che uscirà dalle elezioni che per legge devono essere convocate dal prefetto entro 90 giorni, cioè entro la fine di gennaio.
''Finisce un'epoca, finisce una maggioranza''. Con queste parole il segretario Maurizio Martina ha commentato a caldo lo scioglimento del Consiglio regionale. ''Oggi si apre una grande opportunità di cambiamento. Aspettiamo di capire la data del voto. L'intenzione del Pd è quella di iniziare subito a lavorare per le primarie e costruire le condizioni per vincere la sfida elettorale''.
"Questa è una giornata storica - dichiarano in una nota Luca Gaffuri, Stefano Zamponi e Chiara Cremonesi, capigruppo Lombardia di Pd, Idv e Sel -, finiscono diciassette anni di era Formigoni con lo sfaldamento della coalizione Pdl Lega. Solo un mese fa avevamo concordato la raccolta delle firme dei nostri consiglieri per le dimissioni, chiedendo ai consiglieri di maggioranza di fare altrettanto. Oggi i fatti ci danno finalmente ragione. Per noi si chiude una fase e se ne apre un'altra: dobbiamo costruire un'alternativa di governo partendo dai nostri partiti e aprendoci a un progetto aperto, un patto con le formazioni sociali, civiche e politiche che con noi vorranno disegnare la nuova Lombardia".


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