Teorema... la quadratura del circolo intervista
Dionisio Lena.
Ebbene ci siamo riusciti. Finalmente, dopo la pausa natalizia e nostri malanni di stagione, possiamo pubblicare un'intervista a cui personalmente la Redazione del blog teneva molto.
Oggi, infatti, parleremo e ci confronteremo con il sig. Lena Dionisio.
Un nome che a Sulbiate e per Sulbiate significa molto.
Se uno degli obiettivi di questa rubrica è quello di incontrare, far parlare, e far conoscere storie e persone che a nostro parere sono da considerare i protagonisti della nostra comunità, tra questi non poteva mancare il Sig. Lena. Per molti Sulbiatesi ancora oggi, (anche se lui dice modestamente di no), è uno tra i più importanti riferimenti morali della Comunità.
Noi di Teorema ci siamo accostati in punta di piedi. Dopo tutto quello che si dice in giro di noi, sinceramente, non sapevamo neppure se saremmo stati accolti. Invece, abbiamo travato la porta spalancata.
Abbiamo parlato per più di due ore, con il sig. Lena seduti ad un vecchio tavolo di un accogliente, semplice ma elegante tinello che ha visto passare, prima di noi, buona parte della storia politica del nostro paese. Un luogo da cui possiamo tranquillamente affermare, è passata e si è fatta la storia recente di questa Comunità.
E' stata un' esperienza molto edificante. Giusto e doveroso ringraziare la figlia Saula. E' stata lei il nostro "gancio" inziale e il contatto mail per produrre nei dettagli il testo definitvo, testimonianza e documento che ora con orgoglio pubblichiamo, importante e prezioso in particolare per i nuovi Sulbiatesi che non hanno avuto ancora la fortuna di conoscere personalmente uno di quei ragazzi della Sulbiate di un tempo, cresciuti alla scuola dell'oratotio di Don Mario Ciceri "capaci di vivere una vita straordinaria come se fosse la più ordinaria".
ms
Breve presentazione:
Dionisio Lena. |
I primi 5 anni sono stato affidato alle cure della famiglia materna (al fratello di mia madre) che aveva già altri figli, perché i miei genitori lavoravano e abitavano a Milano. Dopo un paio d’anni si trasferiscono a Cornate d’Adda, dove nasce mia sorella Regina. In seguito negli anni 40 arriviamo a Sulbiate, nascono le altre mie due sorelle, Maria e Elsa.
Tra poco farò 82 anni dei quali oltre 70 vissuti qui, in questo paese che amo e per il quale, nei limiti delle mie possibilità, ho cercato di rendere migliore. Merito questo di chi per primo mi accolse in oratorio, Don Mario Ciceri e in seguito don Emilio Bassani, entrambi mi sono stati maestri di vita.
Devo riconoscenza a quanti mi sono stati vicino, che hanno condiviso con me impegni e sacrifici. Soprattutto a mia moglie Andreina e i miei figli, Luigi e Saula.
Grazie a Chi mi sta dando ancora queste possibilità.
Dionisio Lena
Buona sera sig. Lena, per prima cosa grazie per aver accettato questo incontro. Per iniziare il colloquio intervista, ci racconti un po’: da dove nasce il suo bisogno di darsi da fare per essere d’aiuto al prossimo?
La mia origine: come impegno immediato esco dall’oratorio di Don Mario Ciceri. A un certo punto, con una “pedata nel sedere”, bisognava uscire dalla Sacrestia, nel senso che non bastava solo pregare ma darsi da fare. E così a Sulbiate nel 1948 nasce l’ACLI. A 17 anni ricordo di aver fatto il mio primo comizio sul programma di allora: impegno, lavoro, pace… portavo la mia esperienza di giovane dell’oratorio che si interessava dei ragazzi. Sono gli anni in cui nascono i primi scontri politici, prendono forma le due fazioni: democristiani e comunisti. Per noi giovani dell’Azione Cattolica di quel tempo l’impegno sociale si concretizzò nell’ACLI.
Il primo circolo ACLI nasce a Sulbiate come circolo del “SUCHER”, chiamato ufficialmente così, perché all’ Oratorio vendevamo lo zucchero a prezzi particolari e nello stesso tempo si otteneva il patentino per aprire il bar dell’oratorio per gli anziani. L’ACLI iniziava a darsi da fare nel sociale con queste attività.
In quegli anni dovevo andare a scuola perché per svolgere nel miglior modo possibile il servizio bisognava formarsi. Don Carlo Mairani era l’assistenze dell’Acli che la domenica mattina in via Cavour a Vimercate teneva questi corsi.
Quindi politicamente nasco nella Democrazia Cristiana e in quella corrente che tende a sinistra, dove la Politica deve essere vissuta come forma alta di servizio. Ho seguito fino a quando ho potuto in prima persona, tutti successivi sviluppi; Popolari e Margherita sino a riconoscermi anche se non più attivo e militante nella proposta politica del Partito Democratico.
Dopo il circolo ACLI quale fu il suo impegno sociale?
Nel 1987 ho aperto il Patronato CISL. Il Sindaco del tempo era Benaglia. A lui avevano chiesto di aprire il Patronato CISL e Benaglia venne a cercare me. Mi disse:”Lena basta che tu mi apri e mi chiudi la sede”. Risposi di sì, anche perché in questi termini era un impegno sopportabile. Quindi, non è che inizialmente si facesse più di tanto. Allora c’era a Vimercate De Capitani responsabile dei servizi sociali della zona. La CISL voleva che si arrivasse a portare il “servizio fuori dalla porta” in particolare se rivolto agli anziani. De Capitani mandò a Sulbiate un professionista con il quale stabilimmo gli orari – venerdì dalle 17,00 alle 19,00 - e offrivamo una regolare apertura e chiusura dell’ufficio. Io presentavo l’interessato alla persona competente che poi avrebbe sviluppato e risolto le pratiche. Si creò immediatamente quel “fare insieme” che produsse importanti benefici. Senza dubbio per Sulbiate è stato un momento di grande risveglio di attività sociale. Tante persone non conoscevano i diritti di cui potevano disporre. Un esempio su tutti: le pensioni di guerra. Erano molte le vedove che non sapevano di poter richiedere questa pensione.
Oltre all’impegno sociale diretto siamo informati che è stato eletto anche in Consiglio Comunale. Ci può parlare di questa sua esperienza politica?
Ho fatto esperienza in comune con due sindaci. La prima volta con Cremonesi e poi con Benaglia.
Siamo negli anni 60; ero Capogruppo della DC in Consiglio Comunale. La minoranza era il Partito Comunista e il Partito Socialista.
Dopo Cremonesi arrivò Giancarlo Stucchi. Ma con il mandato di Stucchi Giancarlo ero presente e attivo solo nel partito. Mi piace ricordare che in quegli anni la Democrazia Cristiana di Sulbiate era portata un po’ come esempio da tutti gli altri comuni del territorio perché “ cambiavano i sindaci che andavano bene”. Dopo due mandati gli si diceva: “guarda, sei stato veramente bravo, ma è giunto il momento che tu ti faccia da parte”. E nessuno l’ha fatto volentieri. Né Cremonesi, né Stucchi, né Brambilla, però tutti accettarono. Noi del partito, “avendo le orecchie fuori”, quando si capiva che il sindaco si stava immedesimando troppo nel suo ruolo, per il suo bene e per il bene della Comunità, era bene intervenire.
Ci può dire qualcosa dei sindaci che ha conosciuto?
Cremonesi ha governato per una ventina d’ anni. Allora però gestire un comune era una cosa diversa. Ma Cremonesi era un persona che sentiva il polso del paese. Era uno che “ al ghe voreva ben a Subià”, perché nonostante tutto, se c’è una persona che ha salvato la Sulbiate di oggi, è proprio il Sindaco Cremonesi. Non si lascò ingolosire. Non cedette per speculazione e interesse personale i suoi terreni e non portò qui le fabbriche che allora con la scusa di dare lavoro per diverse amministrazioni comunali dell’interland milanese era pratica politica molto di moda. Ricordo che diceva: “L’aria di Subià le trop preziusa per vendela. Per laurà che vaden pure a Sest, ma la sera quand venie a ca’ ghen da vegh l’aria pulita”. Cremonesi ha fatto la scelta di vendere la terra ai suoi concittadini; si può dire insistendo e quasi pregandoli perché facessero la loro casa. Offrii loro tutte le agevolazioni possibili e immaginabili. Allora c’era come parroco Don Cavalletti; a un certo punto insieme a Carletto Cavenago (il papà di Giampiero) avevano capito che bisognava cambiare. Il Gruppo della Democrazia Cristiana era d’accordo perché si sentiva il bisogno di “ringiovanire”. La persona più indicata, perché giovane e preparato era Giancarlo Stucchi.
Giancarlo veniva da un’ esperienza ad Arcore e si era trasferito recentemente a Sulbiate. Giancarlo guidò il paese per un mandato e mezzo ( … queste sono tutte cose che sono state fatte attorno a questo tavolo qua); poi si diceva che era stato nominato a fare il preside in Sicilia e allora passò il mandato al suo vice che era Brambilla.
Poi arrivò Benaglia. Benaglia nel senso buono del termine è l’eminenza grigia che arriva a Sulbiate. Benaglia nasce a Sulbiate ma aveva vissuto ed era cresciuto fuori dai nostri ambienti. Noi sapevamo essere una persona preparata e capace. Il Partito disse a Benaglia che se avesse preso in mano la situazione, gli avrebbe assicurato tutto l’appoggio. Allora Benaglia era molto giovane, non ricordo se avesse compiuto 30 anni, forse doveva ancora sposarsi.
Fu un’ ottima scelta. Ne è valsa la pena perché dimostrò una capacità non comune. Indovinammo la persona che ha saputo trovare mezzi, strumenti per dare quell’impronta a quella bella Sulbiate che ancora oggi abbiamo. Possiamo dire che portò a compimento l’opera avviata da Cremonesi, garantendo che nello sviluppo si conservasse la dimensione preziosa di una comunità armonica e vivibile.
Con Benaglia finisce anche il ruolo del partito e la sua gestione politica nell’individuare e sostenere i Sindaci votati dalla Comunità.
Ci può spiegare meglio come era organizzata la politica in quegli anni?
Le principali decisioni venivano prese nei pre-consigli. I pre-consigli erano il luogo, il momento di confronto tra gli amministratori e il partito. In questi ambiti le discussioni spesso erano molto animate. Ma una volta trovata la sintesi, la decisione, poi, non si discuteva più. Uniti i consiglieri la presentavano e la approvavano in consiglio comunale. A quei tempi, nei pre-consigli, l’amministrazione preparava il tema, lo proponeva ai consiglieri, ma necessariamente lo confrontava con il partito. Dopo, ad un certo momento, con l’avvento delle liste civiche si è perduto questo rapporto. Ai miei tempi chi aveva in mano il polso della situazione era il Partito o i partiti. Questa era la prassi normale. Il Sindaco a partire da Cremonesi in poi nel Consiglio Comunale di Sulbiate, ha sempre operato per la ricerca del maggior consenso possibile. Se l’ O.d.g. di 10 punti durava 10 ore, il Sindaco ne impiegava 9 per far capire alla minoranza le ragioni della scelta e se andate a leggere i verbali del tempo erano più le astensioni che i voti contrari. E spesso anche le proposte delle minoranze, il più delle volte condivise e accettate.
Quando nasce l’associazione Don Mario Ciceri?
Nasce nel 1994. L’idea viene da don Antonio Clauser. In oratorio operavano diversi volontari impegnati nei trasporti, nella sportiva e nell’oratorio. Don Clauser si chiese perchè non si mettevano insieme queste esperienze per vedere di fare una cosa unica pur rispettando ciascuno la propria autonomia. Da qui l’idea di una Associazione. Ma una Associazione per vivere deve mettere a posto i conti. Insieme a Suor Teresa Verderio che amministrava le suore ci rivolgemmo al dott. Fidanza, un tecnico specifico di queste gestioni. La consulenza è ancor più necessaria perché l’associazione gestisce anche il bar dell’oratorio che è un’azione commerciale.
Poi il Sindaco Benaglia vuole l’isola ecologica fatta come Dio comanda. In oratorio raccoglievamo già il vetro e la carta per i missionari. L’operazione sarà poi così schematizzata: l’amministrazione rende disponibile il fondo; il Cem costruisce la struttura; la Don Mario si occupa della gestione. Perché la Don Mario ha questo affidamento? Perché la Don Mario come mano d’opera non costa niente all’ amministrazione poiché sono tutti volontari, gravando sull’amministrazione solo con la copertura assicurativa e la fornitura degli strumenti necessari per svolgere a dovere il servizio. E’ importante sottolineare che quanto retribuito dal comune come convenzione resta a disposizione sempre nel paese, come opere di pubblica utilità, il tutto è dimostrabile da quanto realizzato dall’associazione in questi anni.
Perché fu scelto Don Mario Ciceri?
Fu l’intuizione di Don Clauser. Don Mario era il giusto compendio di tutti i nostri valori e impegni che l’ Associazione intendeva onorare. Don Mario si cura dei malati; Don Mario “spaza i cess”; Don Mario si interessa dei bagai; Don Mario è guida ed esempio dei principali campi della attività educativa, associativa, civile oltre che religiosa. Allora il promuovere la beatificazione ha senso se si capisce il valore di questa figura di riferimento. Abbiamo bisogno di Don Mario non solo per andare a pregarlo per far la grazia di ... ma di Don Mario figura ed esempio con cui tu ti confronti per fare qualcosa.
Chi è il socio della associazione ?
Chiunque entra per fare un servizio. In Associazione trovate: il mussulmano, il leghista, il comunista, quello del pdl, quello del pd, quello della civica… Credo sia questo il nostro grande pregio. Chi intende darsi da fare e servire è ben accolto. Poi per fare le convenzioni con l’amministrazione occorrono le carte in regola. Iscritti son circa 230/240. Gli iscritti al 31 dicembre 2012 sono 244. Di attivi sono più di un centinaio.
Perché prima delle elezioni ci fu un articolo di Voce Amica (Il giornalino dell’Associazione distribuito a tutti i soci) in cui sembrava dichiaratamente schierarsi in favore della lista che poi ha eletto il nuovo Sindaco Andrea Crespi? Chi scrisse quell’articolo?
L’articolo è stato capito male. L’articolo l’ho scritto io e mi prendo totalmente e completamente la paternità, questo per essere chiari. Forse ho fatto dopo quello che dovevo fare prima, perché tutti soci sanno che quando hanno dei problemi noi siamo sempre disponibili a dare delle risposte. Se guardate attentamente tra le righe, e forse non sono state marcate abbastanza, ci sono denunciate delle corresponsabilità. Responsabilità non solo del PD. Forse, andavano, messe in grassetto. Ora vi invito a rileggerlo bene.
La questione di fondo, però, vista la mia esperienza precedente, che mi ha portato a scrivere questo articolo è la seguente: quando si dà l’adesione a un idea o a quello che è … il proprio punto di vista deve passare sempre in secondo piano; senza rinunziare ai propri valori, ma quando c’è di mezzo un paese, una comunità, la continuità dei servizi ai più deboli, il bene comune, non c’è santo che tenga: tu ti devi sacrificare. Quello che mi ha fatto malissimo, di là dalle ragioni, è stato il modo della scelta. Il PD ormai era in Amministrazione e visto che era dentro insieme a Sulbiate Insieme, che era entrato a far parte della maggioranza, doveva fare tutto il possibile, e anche di più, per evitare questo epilogo. Le dimissioni, così come sono tecnicamente avvenute, a me hanno urtato moltissimo. Forse bastava avere un po’ di pazienza.
Quando nei primissimi giorni della crisi il Commissario constata che è in scadenza la convenzione del servizio trasporto disabili e – per il patto di stabilità non gli è possibile disporre di fondi per il carburante e la manutenzione dei mezzi messi a disposizione dalla Amministrazione – convoca subito i responsabili della DMC con la quale c’è una convenzione in atto. Espone il problema e dichiara l’eventuale sospensione del servizio. Noi – trattandosi di uno dei servizi più delicati per la sua specificità – non si hanno dubbi sia nel garantire il proseguo nel tempo della crisi, ma si sottoscrive il prolungamento di un altro anno della convenzione. Cosi sarà poi possibile per la nuova Amministrazione farsi carico del problema. sull’eventuale sospensione del servizio, quale sarebbe stato l’impatto con la popolazione? A questo avranno pensato chi di dovere? Quale il disagio per chi ha bisogno del servizio? Ha senso quando si parla di bene comune?
In ogni modo, se dovessi riscrivere l’articolo, cercherei di insistere di più sulla corresponsabilità. Ricordatevi che bisogna sempre cercare un punto di mediazione, quando si hanno responsabilità amministrative. Piuttosto meglio stare zitti per non sbagliare. La situazione che si è creata in amministrazione, anche se insostenibile, doveva trovare altre vie di soluzioni. N on le dimissioni dei consiglieri PD. Il fatto che il Sindaco cercasse a sostegno della sua maggioranza l’appoggio di consiglieri eletti in minoranza andava sì denunciato ed evidenziato ma non ci si doveva alzare e sbattere la porta così come è stato fatto. Avete scelto, a mio parere, la strada sbagliata.
Sulbiate è una Comunità che sa accogliere? Era più accogliente la Sulbiate del passato o quella di oggi?
Se prendo come base la Don Mario che tipo di accoglienza c’è verso i nuovi iscritti? Come si trovano queste persone all’interno dell’Associazione? Il servizio verso i più deboli, il lavoro per la comunità, crea una tale collaborazione che genera naturalmente cultura dell’accoglienza. Certo, dipende molto dalla disponibilità: per accogliere si deve sia saper ricevere che saper dare. Il mio vicino di casa è uno straniero. I vicini hanno bisogno di un sorriso, di una buona parola, di una pacca sulle spalle. Io sono arrivato nel 40 dal Veneto, straniero a Sulbiate e non sono stato accolto con le braccia aperte. Nel cortile meno che a scuola. C’era molta diffidenza allora: anche se eri uno del nord, eravamo tutti terroni. Però, quando si riesce a dialogare e si dispone più che di accoglienza di tolleranza, le difficoltà si superano sempre e facilmente.
La Sulbiate di oggi. Siamo in 4000, in oratorio non conosco più nessuno. Negli ultimi campeggi che ho fatto, di ottanta ragazzi ne conoscevo una decina. C’è stato uno sviluppo rapido e troppo grande per poterla confrontare con la Sulbiate del passato. Invece, prima, era partita bene nei primi anni. Chi è che arrivava a Sulbiate? Arrivavano le famiglie del muratore che il Leoni aveva conosciuto andando giù in Sicilia a lavorare per le Suore. Quando arrivava qui la famiglia del lavoratore era facilmente inseribile in un contesto sociale, non dico già conosciuto, ma ben avviato.
Cosa mi dice della Casa del Don Mario Ciceri sede della Cooperativa Il Castello oggi dell’ Associazione le Radici?
Da quanto tempo io non so più che cosa è la casa di don Mario Ciceri? Non ho condiviso da principio il tipo di scelta che hanno fatto come Cooperativa. Non era sufficiente dare un lavoro a giovani ex tossico dipendenti, bisognava seguirli. Per rendere, come dire, produttivo il lavoro di questi giovani sfortunati, occorrevano minimo tre volontari per ogni assunto. Contestualmente, in quegli anni, nasceva la Don Mario Ciceri. Quando all’Ente cooperative abbiamo spiegato le nostre finalità, ci chiesero perché non facevamo la fusione. Ma i fondatori della Cooperativa il Castello non erano disponibili, perché per loro significava rinunciare alla propria identità. La proposta percorribile era quella di una Fondazione legata a Don Mario, tipo Maria Bambina di Bellusco. Per mettere in chiaro scopo e finalità si interessarono l’avvocato Colnaghi e Brambilla Pierino. Ma quando fu avanzata formalmente, da parte di qualcuno, non fu presa neppure seriamente. Non ottenemmo i risultati sperati. Allora a quel punto … per me e per l’Ass.ne in quella casa non c’era nessun possibile futuro. E’ un peccato perché allora non c’era il centro diurno per anziani e una delle possibili attività che si sarebbero potute sviluppare, anche in considerazione del giardino, poteva essere qualcosa del genere, gli ambulatori vicini, i dottori erano già disponibili e avrebbero assicurato l’assistenza… era un ambizione che stava in piedi e aveva uno chiaro scopo. Peccato sia naufragata con questo scopo, anche se ora funziona con un altro fine.
Quali caratteristiche dovrebbe avere oggi il Sindaco di Sulbiate?
Dovrebbe essere una persona con capacità aggregativa non indifferente. Il che vuol dire conoscere le situazioni, i problemi e le persone. Non è un compito facile perché siamo i 4000 e quando si entra in certe realtà esse fanno paura perchè la gente ha bisogno di tutto. Il Sindaco deve essere circondato da un bel gruppo di persone che gli dia concretamente una mano e che amino Sulbiate.
In questo momento di crisi e di lavoro che si perde con estrema facilità, perché non immaginare di offrire un compenso straordinario a quelle persone a casa o in cassa integrazione ma disponibili a dare una mano aiutando i volontari nel servizio alla comunità?
Abbiamo già toccato con mano. Come Associazione di volontariato non possiamo. Perché per il tipo di gestione e per le finalità che abbiamo, salterebbe tutto. Il Comune potrebbe immaginare qualcosa, dovrebbe escogitare un sistema che tenga conto di tutto, copertura assicurativa, sicurezza…. Non so come. Noi come Associazione di Volontari no. Per il tipo di servizio che noi forniamo al comune, stiamo già generando notevoli risparmi. Forse questi risparmi dovrebbero essere investiti dal comune per queste emergenze. Ma il modo lo deve trovare ed elaborare l’Amministrazione.
Se si costituisse un fondo di Solidarietà su iniziativa dell’Amministrazione l’Associazione parteciperebbe?
E’ un progetto che va conosciuto e capito. Le nostre finalità sono tutte nello Statuto. Noi quando facciamo una proposta la proponiamo e diamo una mano. Altrimenti non la diciamo neanche. E quando siamo invitati a fare qualcosa e a contribuire, prima dobbiamo discutere e comprendere bene la proposta. Ma in linea di principio non ci sono preclusioni.
Qual’ è il parroco che ha sentito più vicino alla figura di Don Mario?
Sicuramente Don Antonio Clauser.
Prima di lui don Giuseppe Cavalletti, ma se li rapporti con Don Mario è difficile fare paragoni.
Con Don Maurizio Bidoglio abbiamo avuto delle difficoltà, delle incomprensioni e non sempre siamo riusciti a chiarirle ( lui l’8 marzo del 1991, quando esco da messa, era un sabato o una domenica non ricordo bene, mi viene incontro con una bottiglia di vino e mi fa gli auguri per il mio compleanno… e poco dopo muore, il 31 marzo). Le incomprensioni che ci sono state prima, hanno prodotto poi in don Maurizio l’artefice primo per mettere in pista la beatificazione di Don Mario. Questo vuol dire che i nostri metri sono sempre di “novanta centimetri”: una certa persona che pensi apparentemente ti sia contro poi agisce al contrario di come l’hai giudicata.
Sono migliori i giovani dei suoi tempi o i giovani di oggi?
I giovani d’oggi di più, perché constato che se dici loro “facciamo” vanno nel fuoco, se invece gli dici “fai” o “devi fare” li perdi. Esempio pratico i “bagai” del “sabet” mattina ai “sett ur” che girano con il compattatore. E allora?
Che consiglio si sente di dare a un giovane precario?
Non è facile. Li spingerei a fare quello che i genitori d’oggi non vorrebbero facessero. Siamo super protettivi, abbiamo paura che si facciano male, invece li spingerei a darsi da fare e naturalmente a creare e provocare l’occasione. Al giovane precario… di darsi da fare… no lo so, purtroppo, non lo so.
Terminiamo con una frase o un fatto di Don Mario che le sta particolarmente a cuore.
Di Don Mario ne ho diversi, molti flash: lo vedo che piange in oratorio nella chiesina S. Domenico perchè aveva sculacciato due ragazzini che avevano tentato di scappare per evitare di recitare il Salve Regina. Piangeva perché non ci aveva provato gusto a punirli. Lo rivedo pulire le latrine la domenica prima che iniziasse l’oratorio. Rivedo la mattina di febbraio quando arrivò la notizia dell’incidente. Stavo andando a servire messa. In piazza c’era tanta gente e c’era la neve. Mi misi a piangere. Non ho mai pianto così tanto in vita mia.
Ma anche un fatto abbastanza recente: Domenica 16 dicembre 2012 c’è da andare a Triuggio per un momento di riconoscenza verso tutti coloro che durante l’anno fanno del volontariato per Villa Sacro Cuore. Siamo circa un centinaio tra tutti i paesi vicini. Lo dico a Miro e lui per un malinteso capisce male e, come è suo stile fare, mobilita il gruppo. Fa passare la voce nel dire che l’invito è esteso anche alle nostre mogli, pensando così di aver l’occasione di porgere gli auguri di Natale “al nostro” Cardinale Tettamanzi, che ora abita lì. In tutto siamo in quindici di Sulbiate. Ma io dico a Miro di non voler partecipare. Non me la sentivo. Invece al nostro arrivo don Luigi Bandera, rettore della casa, e fratel Adriano, nostra vecchia conoscenza ed ora segretario di monsignor Patrizio Garascia – Vicario Episcopale della nostra zona – ci presentano come quelli della Don Mario Ciceri, che come giardinieri e manutenzione ordinaria offrono – da volontari – la loro opera alla Villa durante l’anno.
Così – dopo la presentazione – mi trovo a fianco del Monsignor Garascia che sta sfogliando il libricino “Don Mario Ciceri una vita spesa per gli altri” che don Luigi gli aveva offerto e messo a disposizione come a tutti gli altri partecipanti. Faccio con Monsignor Garascia una lunga chiacchierata sia su don Mario che su tutta l’attività dell’associazione che porta il suo nome. Leggendo la prefazione fatta da don Luca, il monsignore dice di conoscere questo nostro “vulcanico” sacerdote e che quanto prima lo dovrà incontrare per il loro magistero. Dice di essere già stato qui dalle nostre suore. Lo ringrazio per la sua cortesia e di avermi ascoltato e lui risponde che il ringraziamento lo fa lui per aver incontrato don Mario.
A questo punto come non pensare “Don Mario, Don Mario, anche questa volta… m’hai fregato ancora!” questo per dire che don Mario E’ VIVO. E’ lui, che in Dio, si propone come maestro e guida, ricordandoci che è bene essere credenti, ma soprattutto essere coerenti e credibili.
Non è forse questo il segreto di tanto impegno e di tante adesioni?
Non è forse questo il segreto di tanto impegno e di tante adesioni?
Grazie sig.Lena per l'intervista e per le sue considerazioni.
RispondiEliminaMolto stimolanti !
Sarebbe bello fare una riflessione insieme su cosa fare per i giovani in cerca di lavoro.
Grazie anocra
Gigi Fassina
RispondiEliminaAnch'io ho fatto politica come il sig. Lena, anch'io vengo da quel tempo e da quella area politica e leggendo la sua intervista mi ha fatto rivivere quell'esperienza, noi, a differenza di oggi, avevamo dei Maestri ora ci sono persone misere attacate al cardeghino...che non hanno nulla da insegnare e da trasmettere, specialmente alle nuove generazioni.