I primi 100 giorni di Maroni? C'è poco da festeggiare, caro presidente, altro che candeline da spegnere davanti alle telecamere. Secondo la comunicazione istituzionale (o forse è meglio dire politica...) della Giunta, i primi tre mesi della nuova gestione avrebbero già fatto ripartire la Lombardia. La nostra opinione è molto diversa e stiamo ancora aspettando che questa decima legislatura esca dagli adempimenti obbligatori e dai rinvii per offrire ai lombardi una vera prospettiva di sviluppo.
Ma lasciamo perdere le virtuali celebrazioni dei 100 giorni e concentriamoci sull'appuntamento che attende il Consiglio martedì prossimo. In aula arriverà il PRS, sigla che sta per Piano Regionale di Sviluppo: si tratta del documento fondamentale su cui basare tutte le politiche della legislatura. Dal PRS dipendono i bilanci e le azioni delle diverse direzioni regionali, tanto che l'operato dei direttori generali della struttura verrà misurato sul raggiungimento o meno di quelli che nel documento vengono definiti "obiettivi attesi".
Leggendo il PRS un comune mortale dovrebbe avere ben chiaro l'orizzonte ampio verso cui la Lombardia dovrà muoversi da qui al 2018.
Fin qui la teoria. La pratica ci porta invece ad esaminare un documento generico e di basso profilo, con qualche sporadica indicazione innovativa che tenta di dare concretezza alle uniche idee che hanno accompagnato la campagna elettorale di Maroni, la macroregione e il trattenimento del 75% delle tasse in Lombardia.
Nelle 56 pagine del testo ufficiale si leggono tante belle intenzioni, dalla valorizzazione del demanio lacuale allo sviluppo di Malpensa e del sistema regionale aeroportuale, solo per citare due capitoli a caso, senza però una precisa declinazione del modo in cui si intende perseguire quanto previsto.
La nostra sensazione è che, a fronte delle recenti novità istituzionali, ci si trovi di fronte a un PRS che si limita a prendere atto dei vincoli di bilancio e del progressivo arretramento dell'autonomia regionale. Dopo vent'anni di retorica federalista e, a tratti, secessionista, la regione pare aver perso gran parte del suo slancio iniziale e si limita a gestire quanto lo Stato le concede, per di più sotto un controllo sempre più ferreo della Corte dei Conti, una sorta di gendarme dell'amministrazione statale.
Chi ci ha condotti fin qui? Maroni e i suoi risponderanno "il governo Monti", ma un più accorto esame di quanto accaduto negli ultimi due decenni dovrebbe portare a dire: "il centrodestra a guida Berlusconi e Bossi". No, scusate, oggi è più corretto dire "Berlusconi - Maroni".
In questo panorama, il PRS avrebbe potuto essere l'occasione per rialzare la testa e delineare un percorso per restituire identità e ruolo a Regione Lombardia. Ci troviamo invece di fronte a una chiara continuità con la gestione Formigoni e alla completa assenza di una credibile prospettiva di sviluppo. Un profilo così basso che, avanti di quanto passo, potrebbe condurre a considerare le regioni come uno snodo fondamentalmente inutile di un'amministrazione pubblica che si limita ad applicare regole decise altrove.
C'è poco da festeggiare.
Maroni sostiene che i suoi primi giorni in Lombardia siano stati i migliori di sempre. Un leader deve sempre galvanizzare i suoi e comunicare ottimismo, ma, a giudicare da quanto si è visto e da quello che si legge nel PRS, è difficile essere d'accordo con lui. Se quello che abbiamo visto in questi primi 100 giorni è il massimo di cui Maroni è capace (la sua soddisfazione sembrerebbe suggerire questo), prepariamoci a giorni difficili per la nostra regione.
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