18 settembre 2013

Intervista alla scienziata Fabiola Gianotti

Gianotti: "Il precariato che uccide la ricerca"

Intervista a Fabiola Gianotti di Gabriele Beccaria - La Stampa

La ricerca si fa per « passione, non per la fama o i soldi». Così dice Fabiola Gianotti, la scienziata italiana più famosa al mondo, a capo del team che l`anno scorso ha annunciato la scoperta del bosone di Higgs, la particella che, dando massa alle altre, fa esistere ciò che conosciamo, compresi noi stessi. A Torino per il «Premio StellaRe 2013», consegnato dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, è inevitabile ricordarle la polemica del giorno, lanciata dalla neo-senatrice a vita, Elena Cattaneo, stupita dalla differenza tra i suoi due stipendi: 3300 euro al mese per dirigere il maggiore laboratorio d`Italia di cellule staminali e 12 mila per lo scranno. Risposta: «E` un problema ancora più generale». 

Ci spieghi. 

«Anche glì insegnanti sono pagati poco, dalle elementari all`università. Gli stipendi non sono paragonabili a quelli della Svizzera, dove lavoro. Non sono adeguati al loro ruolo». 

Cosa si deve fare per guarire quella malata cronica che è la ricerca italiana? 

«Fare ricerca nel proprio Paese è quanto di più bello si possa immaginare. Però devono sussistere le condizioni: stipendi decorosi, appunto, e un sistema meritocratico. E si deve risolvere la piaga del momento, il precariato. Non si può pensare che un ricercatore rimanga fino a 40 anni nell`incertezza. A quel punto la scelta dell`estero diventa obbligata. E` il precariato a uccidere la ricerca». 

E così continua la fuga dei cervelli. 

«Il flusso dei cervelli è positivo se è bilanciato: i nostri giovani vanno all`estero e altrettanti dovrebbero venire da noi. Il problema è quando il flusso ha una sola direzione e diventa "fuga". E la ricerca si impoverisce. Penso al patrimonio della fisica, che si basa sui "Ragazzi di Via Panisperna", Fermi, Rasetti, Pontecorvo, Segrè e Amaldi: è una tradizione che si è perpetuata anche grazie all`Infn, l`Istituto di fisica nucleare, e alle università. Ma, quando i giovani se ne vanno, basta saltare una generazione per bloccare tutto. Accade come con le botteghe del Rinasci- mento: il sapere deve tramandarsi di padre in figlio». 

Non crede che gli scienziati debbano farsi sentire di più? 

«Ci sono segnali forti che vengono dagli scienziati italiani. Dall`Infn, che si impegna a spiegare ai politici ciò che fa facciamo e l`impatto sulla società, e dall`estero, dato il prestigio dei nostri scienziati. Ma ci deve essere la volontà politica di investire nella ricerca». 

Come si convincono í politici? 

«In un momento di crisi la tentazione è tagliare gli aspetti che non hanno un`influenza immediato sulla vita quotidiana, ma è una reazione a corto raggio. Senza ricerca fondamentale non ci sono idee, senza idee non ci sono applicazioni e senza applicazioni non c`è progresso. Alla lunga si paga. Un Paese costretto a comprare conoscenza all`estero è senza futuro». 

Va però peggio per le donne: perché quello della fisica è un mondo ancora maschilista? 

«C`è un aspetto storico: 30-40 anni fa non erano molte le donne che studiavano le "scienze dure". Oggi al Cern sono il 20%, ma la percentuale cresce, anche se una donna fa ancora un po` più fatica dei maschi». 

Ha subito discriminazioni? 

«Non sento di averne subite. Lo dimostra il fatto che sono stata eletta da 3 mila fisici per coordinare il test "Atlas" al Cern di Ginevra». Lei è celebre. Copertina di «Ti- me», citazione di «Forbes» e tanti premi: come ci si sente a essere la scienziata italiana numero uno? 

«Non sono sicura di essere la più famosa! L`Italia produce tanti scienziati di alto livello». 

Com`è cambiata la sua vita? «Quello che ha cambiato la mia vita - prima di tutto scientifica è il bosone di Higgs: trovare una particella così importante è il coronamento di anni di lavoro collettivo, di migliaia di scienziati, tra cui 600 italiani. Ma anche il resto della mia vita è cambiata: non mi sarei mai aspettata una risposta così positiva dai giovani per una scoperta da "addetti ai lavori"». 

Come se lo spiega? 

«Credo sia il fascino che il bosone esprime. E` una particella chiave per capire la struttura e l`evoluzione dell`Universo. Molti, anche i teenager, mi scrivono e vengono alle mie conferenze». 

Lei che consiglio dà? 

«Inseguire i propri ideali, con determinazione ed entusiasmo». 

L`ha sorpresa la nomina di Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo a senatori a vita? 

«Napolitano ha fatto scelte eccellenti e forti». 

Ora sogna il Nobel? 

«Premiare la scoperta del bosone è difficile, perché si tratta di una collaborazione di migliaia di scienziati. E prima di loro ci sono stati i fisici che hanno sviluppato la teoria. Vedremo che ne pensano a Stoccolma!».

Fonte: La Stampa

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