9 ottobre 2013

Cinquant' anni fa il Vajont

Un Paese perde il senso di sé, della sua storia, se non ha la capacità di fermarsi a condividere il ricordo

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“Cinquant'anni fa il Vajont. Una tragedia che, la sera del 9 ottobre 1963, portò distruzione e morte tra le popolazioni che vivevano al confine tra Veneto e Friuli. In pochi attimi paesi interi furono spazzati via. Un disastro ambientale causato dall'opera dell’uomo. Molte e pesanti furono le responsabilità per una tragedia che si poteva evitare se la ricerca del profitto non fosse stata messa davanti alla tutela della sicurezza e della vita di migliaia di persone innocenti. Anche la giustizia non ha fatto il suo corso e, forse, è il risarcimento negato che più pesa sulle popolazioni colpite. Insieme ad un’attenzione che per troppi anni è mancata, come se una tragedia così grande potesse conoscere l’oblio. Una ferita aperta che può essere lenita da un ricordo non retorico, ma partecipato affinché queste tragedie non abbiano più ripetersi. Nel tempo, è cresciuta nel nostro Paese la consapevolezza di perseguire un modello di sviluppo sostenibile, che non neghi il progresso ma che lo renda compatibile con il rispetto della natura. La memoria infine è la ricerca incessante di chi rimane, è qualcosa che resta nella mente di chi partecipò ai soccorsi, e un Paese perde il senso di sé, della sua storia, se non ha la capacità di fermarsi a condividere il ricordo.”

Così il segretario del PD, Guglielmo Epifani, ricorda, nel 50esimo anniversario, la tragedia del Vajont.

Pietro Grasso
"Ricorrono 50 anni dal disastro del Vajont. La popolazione colpita ha subito non solo un danno irreparabile, la perdita di vite umane e di speranze, ma anche una vera e propria ingiustizia, fatta di negazioni, opacità, tentennamenti e lentezze nel riconoscere i responsabili di quanto è accaduto. Di fronte alla vita spezzata, al deserto di persone, paesi, territori che quel giorno furono schiacciati dal silenzio quasi surreale della devastazione, lo Stato deve inchinarsi".

"Nulla basterà per rimediare all'onda di morte che travolse una terra salda e fiera della propria storia e del proprio lavoro - ha proseguito Grasso - ma almeno lo Stato capace di scusarsi e riparare, seppure con mezzo secolo di ritardo, potrà "dare giustizia" a quanti bambini, donne, uomini hanno subito l'abuso e il tradimento da parte di tanti, che avrebbero potuto e dovuto evitare la tragedia e non lo hanno fatto. Avrebbero potuto e dovuto denunciare le responsabilità e sono invece fuggiti di fronte alla storia. Le vittime del Vajont sono riconosciute in quell'elenco di morte e dolore di 1910 persone decedute. Ma sono ancora e incredibilmente "invisibili" i volti di chi ancora oggi manca all'appello".

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Andrea Orlando
"La causa non fu l'incuria, fu l'uomo, le sue colpe e le sue complicità".

"Si tratta di un simbolo potente dell'Italia che abbiamo costruito, nel bene e in questo caso nel male, e lo Stato deve quindi chiedere scusa ai propri cittadini. Quello che serve è uno sviluppo di qualità che rispetti e rilanci le vocazioni territoriali e ciò non può che derivare da un confronto, anche duro e serrato, tra visioni e approcci diversi".

"Per queste ragioni ho proposto al Consiglio dei ministri di introdurre nel nostro Paese lo strumento del debat public, attraverso procedure vigilate da un soggetto pubblico indipendente da svolgersi in tempi certi - ricorda il ministro- di consultazione della popolazione sulla realizzazione delle grandi opere che incidono sull'ambiente e la vita delle comunità locali".

"Solo se coinvolgimento e partecipazione vengono garantiti sin dall'inizio le scelte potranno essere perseguite con efficacia e tempestività, in quanto accettate in fase decisionale e non contestate a posteriori fino allo stallo".

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Luigi Zanda
"Nei giorni scorsi, finalmente, dopo 50 anni, il Governo ha chiesto perdono. Il Senato ha un solo modo per chiedere scusa. Approvare buone leggi".

"La tragedia del Vajont ci dice che dietro ad ogni edificio costruito sull'alveo di un torrente, dietro ad ogni palazzo costruito con la sabbia al posto del cemento, dietro ad ogni manutenzione mal fatta, spesso c'è la speculazione economica, ma sempre c'è la decisione o l'omissione di un uomo politico o di un tecnico pubblico".
"Esistono tre osservazioni che toccano questioni ancora irrisolte: la prima riguarda la prevedibilità delle tragedie e le frequenti responsabilità dell'uomo per il loro verificarsi; la seconda osservazione riguarda le modalità con le quali le grandi opere pubbliche vengono realizzate nel nostro Paese. La terza osservazione è sul declino progressivo dei corpi tecnici dello Stato.

Nessun potere politico, nessuna maggioranza potrà mai governare un grande Paese senza una pubblica amministrazione di buona qualità e leale solo con l'interesse del Paese".

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Il deputato Roger De Menech ricorda il disastro del Vajont


Ermete Realacci
"Il cinquantenario della tragedia del Vajont ha imposto alla politica un doveroso momento di riflessione e di commemorazione delle vittime di questo disastro evitabile. E' il momento che le parole di tutti si traducano in fatti e mi auguro che ciò accada effettivamente".

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Approfondimenti

Gli invisibili del Vajont: viaggio a Longarone, 50 anni dopo

http://temi.repubblica.it/corrierealpi-diga-del-vajont-1963-2013-il-cinquantenario/

http://racconta.gelocal.it/corrierealpi/vajont/index.php

Il reportage

I ricordi dei sopravvissuti, la rabbia dei figli e dei nipoti delle vittime. «La nostra strage ha meno valore delle altre. Trenta di noi erano bambini e non hanno avuto aiuti per costruirsi una casa»

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Non volevo diventare famosa per un fatto così tragico quando scrivevo contro la Sade. Volevo semplicemente impedire che questo disastro colpisse i montanari della terra dove sono nata, dove ho fatto la guerra partigiana, dove ho vissuto tutta la mia vita. E ora non riesco neanche a esprimere la mia collera, il mio furore per non esserci riuscita.
Tina Merlin

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