Serracchiani: "La direzione del partito ha raggiunto un punto di equilibrio che adesso va rispettato"
"Sul Jobs Act siamo arrivati al dunque, alla fine
del processo. Sui temi del lavoro abbiamo discusso a lungo, e la
direzione del partito ha raggiunto un punto di equilibrio. Che adesso va
rispettato". L'intervista al vicesegratrio PD Debora Serracchiani di
Umberto Rosso, la Repubblica
Presidente Serracchiani, in aula i parlamentari della minoranza del partito dovranno adeguarsi alla mozione della direzione?
«È
passata con l`80 per cento dei voti. Continueremo a confrontarci fino
all'ultimo minuto utile, il ministro Poletti sta lavorando a definire
nei dettagli la tipologia dei licenziamenti disciplinari da tutelare
nell'articolo 18. Ma alla fine bisogna votare in base alla volontà
della stragrande maggioranza del Pd».
Nessuna apertura alle richieste della minoranza?
«Oltre
a tenere fermo il reintegro per i licenziamenti discriminatori, si
stanno definendo le forme di licenziamenti disciplinari da inserire
nella tutela. Per esempio quelle più border line, mettiamo un
lavoratore accusato di furto che poi si dimostri infondato».
Ma per i licenziamenti di natura economica?
«Come già deciso, non è previsto il reintegro».
Al Senato avete numeri stretti. Teme che il Pd possa dividersi sul Jobs Act?
«Io
credo che un pezzo della minoranza, i giovani turchi e la sinistra dem
che già in direzione in parte si erano astenuti, alla fine voteranno
sì rispetteranno così il voto della direzione del partito. Sono molto
fiduciosa perciò, mettendo pure nel conto il voto contrario di Fassina,
piuttosto che di Damiamo o Civati».
E se arriva il soccorso azzurro di Forza Italia?
«Porte
aperte, non ne faccio una questione di colore o politica. Se qualcuno
prende atto che il Jobs Act è un passo avanti importante per il nostro
paese, ben venga. Forza Italia come il Nuovo centrodestra o i
grillini».
Non c`è il rischio di un cambio di maggioranza?
«Nient`affatto, se si tratta di voti aggiuntivi, e su un singolo provvedimento. Sempre che arrivino, questi voti».
E se invece il Pd dovesse andare sotto in aula?
«Sarebbe un fallimento, e non solo per noi ma per il paese intero».
Ma il Pd non ha intenzione di porre la fiducia sul Jobs Act?
«Lo deciderà il governo, insieme ai gruppi parlamentari di maggioranza, nei prossimi giorni».
Il ministro Poletti vuol presentarsi mercoledì al vertice europeo già con in tasca un via libera sull'articolo 18.
«L`Italia
ha preso una posizione diversa rispetto alla Francia, abbiamo detto
che comunque rispetteremo il vincolo del 3 per cento, pur mettendo in
discussione il pareggio di bilancio. Però davanti al Consiglio europeo,
alla Commissione, agli organismi di Bruxelles, non c`è più spazio per
il piccolo cabotaggio: dobbiamo volare alto».
Che vuol dire?
«Che
da Juncker vogliamo sapere come e dove intende investire i 300
miliardi previsti ma, per farlo dobbiamo presentarci con tutte le carte
in regola sulle riforme».
Ovvero con la cancellazione dell'articolo 18?
«Abbiamo
già approvato in prima lettura la riforma del Senato e del titolo V,
un pezzo della riforma della giustizia e della pubblica
amministrazione, e stiamo ridisegnando il sistema lavoro con un
meccanismo a tutele crescenti. Mantenendo la difesa dei licenziamenti
per motivi discriminatori e per alcuni tipologie di licenziamenti
disciplinari, che si stanno appunto definendo nel dettaglio della legge
delega».
Bisognerà convincere i
sindacati, che Renzi incontra domani, in primo luogo la Cgil che resta
assolutamente contraria e accusa il governo di attaccarla.
«L`apertura
da parte del governo di un confronto che ruota su salario minimo,
legge per la rappresentanza sindacale e contrattazione di secondo
livello, penso dimostri il contrario».
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