6 novembre 2014

Cesare Damiano sul Jobs Act e il lavoro

Damiano: "Il Jobs Act può essere migliorato rispettando i tempi delega entro l'anno"

Intervista a Cesare Damiano di Annalisa Cuzzocrea - La Repubblica

Fa il pontiere, Cesare Damiano. Il presidente della Commissione Lavoro alla Camera - che a giorni comincerà l`esame del Jobs Act - assicura che i tempi per chiudere la partita entro dicembre ci sono, terza lettura al Senato compresa. E però: «Consiglierei di abbandonare la via dello scontro e dei muscoli e di seguire la via del dialogo. La legge delega va cambiata, alcune delle contraddizioni al suo interno deve sanarle il Parlamento». 

Lei viene dal sindacato ed è un esponente della minoranza Pd. Crede sia un problema? 

«Tutte le discussioni relative all`uso della delega per far cadere Renzi, o per una fantomatica resa dei conti, sono fantasie. Non mi interessano. Quando il presidente del Consiglio dice che qualcuno complotta per dividere il mondo del lavoro parla anche di Bankitalia e delle critiche del suo governatore al tfr inbusta paga? Oppure è lecito esprimere le proprie opinioni?». 

Me lo dica lei. 

«Io mi auguro si faccia quello che definirei un normale lavoro parlamentare, così com`è stato fatto al Senato e in occasione del decreto Poletti. Niente di più e niente di meno». 

Cosa bisogna cambiare? 

«Il carattere della delega è talmente ampio che il grosso andrà fatto nei decreti attuativi, ma ad esempio c`è chi pensa che non citare né di dritto né di rovescio l`articolo 18 possa avere carattere di incostituzionalità. I miglioramenti cui dobbiamo puntare dipendono anche da quel che ci sarà nella legge di stabilità. L`estensione degli ammortizzatori sociali ai precari si potrà fare solo in presenza di risorse aggiuntive. Che vanno trovate». 

Qual è la mediazione cui pensa sull`articolo 18? 

«Dobbiamo riuscire a inserire almeno l`avanzamento prodotto nel corso della direzione Pd: la possibilità di reintegro, se il lavoratore ha ragione e la causa non è legittima, per i licenziamenti disciplinari oltre che per i discriminatori. Al Nazareno è stato votato a larga maggioranza, partiamo da lì». 

II Nuovo Centrodestra remerà contro. 

«Sono sicuro che ci siano i margini per un accordo. Bisognerà trovarli anche sul tema dei controlli a distanza, il demansionamento, la cassa integrazione che cessa quando finisce l`attività di un`azienda, anche se poi è prevista una ripartenza. Pensiamo a un "ponte" per non creare nuovi licenziamenti». 

È possibile cambiare tanto riuscendo ad approvare la delega entro il primo gennaio? 

«Non è dato in natura che ci siano leggi perfette, e le contraddizioni vanno sanate. Bisogna avere un`attitudine al cambiamento. Ad esempio, si è parlato dell`incentivo per le assunzioni, che vale solo per il 2015. Ebbene, per finanziarlo si eliminano gli incentivi strutturali per gli artigiani e il mezzogiorno, che da soli valevano 7 miliardi e mezzo di euro fino al 2014». 

C`è un difetto di ascolto da parte del governo? 

«Sì. Ed è un problema, perché il contesto non è più quello di quindicigiorni fa. Ci sono state la Leopolda e piazza San Giovanni, due luoghi che vanno rispettati, che hanno portato contributi, e che non devono essere messi l`uno contro l`altro. C`è stata l`aggressione agli operai di Terni, ci sono gli incatenati della Meridiana, quelli del Sulcis che scioperano a 80 metri di profondità. È evidente che siamo in una situazione di grande complessità, e che bisogna deporre le armi per cercare la strada del dialogo e del compromesso». 

Si candida al ruolo di pontiere? 

«Un conto è ascoltare le voci che vengono dalle piazze, un altro è pensare di utilizzarle per scopi politici. Capisco la fretta di Renzi, implicita nella sua idea di rivoluzione. Capisco anche che i tempi della concertazione non siano considerati adatti al momento che stiamo vivendo, ma tra la concertazione vecchio stile e il dialogo a singhiozzo, sarebbe auspicabile un sano dialogo sociale». 

E se arriva la fiducia? 

«Spero proprio che non accada».

Fonte: La Repubblica

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