Abbassare tasse sul lavoro e costo istruzione
Scritto da La Redazione di Monza
Ecco il nostro piano per l’Italia in tre mosse.
Ora, prima le persone. L’Italia merita di più di selfie e slogan: un intervento shock da 15 miliardi di euro per ridurre davvero le tasse sul lavoro e le differenze tra i salari; una strategia per ridurre l’impatto ambientale e creare 400mila nuovi posti di lavoro.
Occupazione verde, legata alla sostenibilità ambientale e alla difesa del pianeta.
E infine, la scuola: aumento degli stipendi per gli insegnanti, messa in sicurezza gli edifici, più tecnologia. E abbattiamo il costo dell'istruzione per i redditi medio bassi, perché l’istruzione non può essere un costo che pesa sui bilanci familiari di chi sta peggio.
10 maggio 2019
9 maggio 2019
Intervista a Giorgio Vittadini
di Marco Dotti - Vita
Il Terzo
settore è sotto attacco. Ma da parte di chi? Giorgio Vittadini,
Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, è chiaro: «prima di
tutto a causa di un rapporto fra Stato e individuo che è mutato radicalmente».
L'individuo
si rivolge direttamente allo Stato e lo Stato si richiama direttamente a una
(presunta) volontà dell'individuo. Conseguenza?
La paralisi sociale. Nel momento in cui lo Stato pensa di disintermendiare e
parlare direttamente con l'individuo ottiene un risultato: rende la persona
passiva e dipendente dalla prebenda dell'ente pubblico e, di conseguenza,
incentiva non la sua capacità di rischio e di costruzione, ma
l'assistenzialismo e la paralisi.7 maggio 2019
6 maggio 2019
5 maggio 2019
E il Pd che fa? Le proposte del Partito Democratico
Scritto da Redazione del PD di Monza
Nicola Zingaretti cosa intende fare il Partito Democratico?
Le idee sono piuttosto chiare. «Nel governo litigi e sceneggiate sono quotidiani. Ma mentre si attaccano a suon di comunicati, nella realtà sono sempre più incollati alle poltrone. Il prezzo immenso di questi teatrini lo stanno pagando gli italiani. L’economia è ferma, diminuisce il lavoro, aumentano le tasse e i debiti, si tagliano i servizi, crolla la fiducia. Basta: ora un progetto per salvare l’Italia ». «Abbiamo un programma con 5 punti chiave», dice Zingaretti.
“Dobbiamo aumentare i salari medio-bassi in particolare per le famiglie perché le persone non ce la fanno più. E proponiamo un taglio netto del cuneo fiscale sul tempo indeterminato. Inoltre vogliamo favorire l’occupazione di donne e giovani, aumentare le indennità per i tirocini (come abbiamo fatto nel Lazio), fare una legge sull’equo compenso e cercare con le parti sociali un accordo sul salario minimo in quei settori non coperti dai contratti collettivi nazionali».
«L’obiettivo è rilanciare gli investimenti pubblici e privati per aumentare la crescita economica e l’occupazione. Dobbiamo stabilizzare gli incentivi agli investimenti del piano Impresa 4.0, in particolare nel Mezzogiorno, favorire il trasferimento tecnologico e varare un provvedimento straordinario “taglia burocrazia” per le imprese basato sul silenzio assenso nei rapporti con la PA. E devono ripartire gli investimenti pubblici sulle infrastrutture anche con l’apertura dei cantieri già finanziati».
Il governo ha varato lo sblocca cantieri, ma per Zingaretti «quello è un bluff perché sblocca solo il malaffare e mette a rischio la vita degli operai con il massimo ribasso. Invece occorre portare nella PA una nuova generazione di tecnici in grado di potenziare la capacità di progettazione delle amministrazioni, controllare e accorciare i tempi delle procedure. E dobbiamo anche semplificare i regimi autorizzatori delle opere, un sistema fondato sul “parere di competenza” è una follia».
Scuola e sanità
«Dobbiamo far ripartire su entrambi i fronti la mobilità sociale, in un tempo in cui le eredità familiari e geografiche segnano ancora i destini delle persone. Portiamo al 4% del PIL le risorse investite sull’istruzione pubblica, per potenziare i servizi per l’infanzia, ridurre la dispersione scolastica, estendere il tempo pieno e attivare una dote per i giovani provenienti da famiglie meno abbienti attivabile a 18 anni per finanziare un progetto formativo o imprenditoriale. Per la sanità, invece, serve quota 10».
Nicola Zingaretti cosa intende fare il Partito Democratico?
Le idee sono piuttosto chiare. «Nel governo litigi e sceneggiate sono quotidiani. Ma mentre si attaccano a suon di comunicati, nella realtà sono sempre più incollati alle poltrone. Il prezzo immenso di questi teatrini lo stanno pagando gli italiani. L’economia è ferma, diminuisce il lavoro, aumentano le tasse e i debiti, si tagliano i servizi, crolla la fiducia. Basta: ora un progetto per salvare l’Italia ». «Abbiamo un programma con 5 punti chiave», dice Zingaretti.
“Dobbiamo aumentare i salari medio-bassi in particolare per le famiglie perché le persone non ce la fanno più. E proponiamo un taglio netto del cuneo fiscale sul tempo indeterminato. Inoltre vogliamo favorire l’occupazione di donne e giovani, aumentare le indennità per i tirocini (come abbiamo fatto nel Lazio), fare una legge sull’equo compenso e cercare con le parti sociali un accordo sul salario minimo in quei settori non coperti dai contratti collettivi nazionali».
«L’obiettivo è rilanciare gli investimenti pubblici e privati per aumentare la crescita economica e l’occupazione. Dobbiamo stabilizzare gli incentivi agli investimenti del piano Impresa 4.0, in particolare nel Mezzogiorno, favorire il trasferimento tecnologico e varare un provvedimento straordinario “taglia burocrazia” per le imprese basato sul silenzio assenso nei rapporti con la PA. E devono ripartire gli investimenti pubblici sulle infrastrutture anche con l’apertura dei cantieri già finanziati».
Il governo ha varato lo sblocca cantieri, ma per Zingaretti «quello è un bluff perché sblocca solo il malaffare e mette a rischio la vita degli operai con il massimo ribasso. Invece occorre portare nella PA una nuova generazione di tecnici in grado di potenziare la capacità di progettazione delle amministrazioni, controllare e accorciare i tempi delle procedure. E dobbiamo anche semplificare i regimi autorizzatori delle opere, un sistema fondato sul “parere di competenza” è una follia».
Scuola e sanità
«Dobbiamo far ripartire su entrambi i fronti la mobilità sociale, in un tempo in cui le eredità familiari e geografiche segnano ancora i destini delle persone. Portiamo al 4% del PIL le risorse investite sull’istruzione pubblica, per potenziare i servizi per l’infanzia, ridurre la dispersione scolastica, estendere il tempo pieno e attivare una dote per i giovani provenienti da famiglie meno abbienti attivabile a 18 anni per finanziare un progetto formativo o imprenditoriale. Per la sanità, invece, serve quota 10».
4 maggio 2019
DOMENICA 5 MAGGIO GAZEBO IN PIAZZA
Domenica 5 maggio dalle ore 9,00 alle 12,00 il Circolo PD di Sulbiate sarà presente davanti alla Biblioteca Civica per incontrare i cittadini, per presentare il programma per le Elezioni Europee del 26 maggio e continuare la campagna di tesseramento PD 2019.
Ti aspettiamo!

Vogliamo ridare potere ai cittadini del nostro continente, dare un nuovo vigore alla democrazia.
La nostra proposta politica si articola attorno a quattro questioni cruciali:
- Una nuova Europa con al centro le persone.
Per lo sviluppo e l’innovazione, per il lavoro e la coesione sociale, per l'ambiente. - Una nuova Europa vicina ai territori.
Per la tutela e valorizzazione dei prodotti, delle culture e delle diversità. - Una nuova Europa protagonista nel mondo.
Per la pace, la sicurezza e la risposta comune ai problemi mondiali. - Una nuova Europa più democratica.
Per rispondere ai bisogni dei cittadini, degli Stati e delle imprese
3 maggio 2019
L’algoritmo dell’antipolitica
Se un tempo per vincere si cercava il messaggio unificante, oggi conta dividere ed estremizzare: gli estremisti sono ormai il centro del sistema
Matteo Orfini - Left Wing
All’origine del populismo c’è la sfiducia. Sfiducia nelle istituzioni e in tutto ciò che vi assomigli: ieri i partiti e la politica, oggi anche la stampa e i mezzi di comunicazione, la scienza, gli intellettuali, la chiesa, le ong e il mondo del volontariato. Mai avremmo immaginato un’Italia in cui si viene incriminati per aver salvato delle vite umane, in cui i bambini nelle scuole sono discriminati perché figli di poveri, in cui chi porta del pane a chi non ne ha viene aggredito, in cui persino ai parroci si impone di rinnegare il Vangelo e rifiutare la carità a chi è individuato come diverso, come non appartenente al popolo, secondo un criterio puramente etnico. Sono le cronache dell’Italia gialloverde, ma non differiscono molto, purtroppo, da quelle dell’Ungheria di Orbán e dei paesi di Visegrád, o degli Stati Uniti di Donald Trump.
Questo mondo è figlio di una lunga stagione di egemonia della destra. Una destra che di fronte al crollo del modello liberista, imposto negli anni di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, ha saputo reagire facendosi opposizione e alternativa a se stessa. Il populismo che ha cambiato il volto dell’Occidente è esploso lì, nel 2016, proprio come allora: prima in Gran Bretagna e subito dopo negli Stati Uniti, con il referendum sulla Brexit e l’elezione di Trump. Londra e Washington, capitali della “rivoluzione liberista” all’inizio degli anni ottanta, sono diventate d’un tratto – complice la crisi dell’economia mondiale innescata proprio dalle ricette reaganian-thatcheriane – le capitali della “rivoluzione populista”. Così la destra ha traghettato se stessa fuori dalla crisi che essa stessa aveva generato. È successo negli Stati Uniti ed è successo nel nostro paese.
Matteo Orfini - Left Wing
All’origine del populismo c’è la sfiducia. Sfiducia nelle istituzioni e in tutto ciò che vi assomigli: ieri i partiti e la politica, oggi anche la stampa e i mezzi di comunicazione, la scienza, gli intellettuali, la chiesa, le ong e il mondo del volontariato. Mai avremmo immaginato un’Italia in cui si viene incriminati per aver salvato delle vite umane, in cui i bambini nelle scuole sono discriminati perché figli di poveri, in cui chi porta del pane a chi non ne ha viene aggredito, in cui persino ai parroci si impone di rinnegare il Vangelo e rifiutare la carità a chi è individuato come diverso, come non appartenente al popolo, secondo un criterio puramente etnico. Sono le cronache dell’Italia gialloverde, ma non differiscono molto, purtroppo, da quelle dell’Ungheria di Orbán e dei paesi di Visegrád, o degli Stati Uniti di Donald Trump.
Questo mondo è figlio di una lunga stagione di egemonia della destra. Una destra che di fronte al crollo del modello liberista, imposto negli anni di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, ha saputo reagire facendosi opposizione e alternativa a se stessa. Il populismo che ha cambiato il volto dell’Occidente è esploso lì, nel 2016, proprio come allora: prima in Gran Bretagna e subito dopo negli Stati Uniti, con il referendum sulla Brexit e l’elezione di Trump. Londra e Washington, capitali della “rivoluzione liberista” all’inizio degli anni ottanta, sono diventate d’un tratto – complice la crisi dell’economia mondiale innescata proprio dalle ricette reaganian-thatcheriane – le capitali della “rivoluzione populista”. Così la destra ha traghettato se stessa fuori dalla crisi che essa stessa aveva generato. È successo negli Stati Uniti ed è successo nel nostro paese.
1 maggio 2019
La Festa del lavoro giusto
Alla festa del Primo Maggio, e a tutte le persone che ogni giorno lottano per difendere o sono alla ricerca di un lavoro, non serve la propaganda. C’è bisogno di serietà e di un nuovo governo che riporti al centro il lavoro
Paola De Micheli - Democratica
L’eclissi del lavoro. Non è uno slogan facile da sventolare nella festa del Primo Maggio: purtroppo è il principale risultato dell’azione del governo Salvini-Di Maio.
Lo dicono i numeri degli occupati in Italia, diminuiti di 35mila unità dal maggio scorso, di cui 19mila in meno a tempo indeterminato, nonostante lo scostamento in positivo di alcuni decimali secondo l’ultima rilevazione Istat. Dopo la Grecia e la Spagna siamo il paese europeo con la disoccupazione più elevata. Il Pil cresce di appena lo 0,1% in termini tendenziali contro una media UE dell’1,5%. Nel 2017 con il governo Gentiloni il Pil cresceva dell’1,7%.
La cassa integrazione è cresciuta del 6,1 % nei primi tre mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018.
Ma c’è un altro dato che forse desta ancora più preoccupazione in chiave futura, il costante calo del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese. Ad aprile abbiamo registrato il terzo mese consecutivo di contrazione.
Non ci siamo mai rallegrati di questi numeri. Che risentono naturalmente di fattori esogeni e del rallentamento dell’economia globale.
Ma proprio perché la congiuntura è difficile e il Paese oscilla tra recessione e stagnazione, è ancora più grave e colpevole la totale latitanza del governo Conte.
Oggi al timone dell’Italia ci sono le due forze politiche che più hanno fatto per promuovere un “declassamento” – anche culturale – del lavoro.
Paola De Micheli - Democratica
L’eclissi del lavoro. Non è uno slogan facile da sventolare nella festa del Primo Maggio: purtroppo è il principale risultato dell’azione del governo Salvini-Di Maio.
Lo dicono i numeri degli occupati in Italia, diminuiti di 35mila unità dal maggio scorso, di cui 19mila in meno a tempo indeterminato, nonostante lo scostamento in positivo di alcuni decimali secondo l’ultima rilevazione Istat. Dopo la Grecia e la Spagna siamo il paese europeo con la disoccupazione più elevata. Il Pil cresce di appena lo 0,1% in termini tendenziali contro una media UE dell’1,5%. Nel 2017 con il governo Gentiloni il Pil cresceva dell’1,7%.
La cassa integrazione è cresciuta del 6,1 % nei primi tre mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018.
Ma c’è un altro dato che forse desta ancora più preoccupazione in chiave futura, il costante calo del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese. Ad aprile abbiamo registrato il terzo mese consecutivo di contrazione.
Non ci siamo mai rallegrati di questi numeri. Che risentono naturalmente di fattori esogeni e del rallentamento dell’economia globale.
Ma proprio perché la congiuntura è difficile e il Paese oscilla tra recessione e stagnazione, è ancora più grave e colpevole la totale latitanza del governo Conte.
Oggi al timone dell’Italia ci sono le due forze politiche che più hanno fatto per promuovere un “declassamento” – anche culturale – del lavoro.
28 aprile 2019
Così il Pd vuole sconfiggere il sovranismo
Scritto da Redazione di Monza
26 Aprile 2019
La “nuova” Europa è quella della crescita sostenibile, del lavoro, della dignità della persona, e soprattutto è più unita e forte nel mondo. Riformata profondamente anche nelle sue istituzioni democratiche, con il principio di unanimità che non frenerà più le scelte strategiche e quelle che hanno una ricaduta sulla vita di tutti noi. Sono obiettivi ambiziosi, ma soltanto così possiamo dare un futuro all’unità del nostro continente, combattendo contro i sovranisti e i nazionalismi che vogliono soltanto la distruzione dell’Europa.
26 Aprile 2019
La “nuova” Europa è quella della crescita sostenibile, del lavoro, della dignità della persona, e soprattutto è più unita e forte nel mondo. Riformata profondamente anche nelle sue istituzioni democratiche, con il principio di unanimità che non frenerà più le scelte strategiche e quelle che hanno una ricaduta sulla vita di tutti noi. Sono obiettivi ambiziosi, ma soltanto così possiamo dare un futuro all’unità del nostro continente, combattendo contro i sovranisti e i nazionalismi che vogliono soltanto la distruzione dell’Europa.
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