20 giugno 2011

Nota del mattino del 20 giugno 2011.


1. RIAPRONO I MERCATI E L’ITALIA VA ALLA PROVA DI MOODY’S. MENTRE IL SALVATAGGIO DELLA GRECIA E’ ANCORA IN ALTO MARE. IL RUOLO DELL’EUROPA. E LE COLPE DEL GOVERNO ITALIANO. BERSANI: LA DESTRA CI LASCERA’ CON LA CORDA AL COLLO.
Oggi i mercati finanziari diranno quanto si fidano dell’Italia dopo l’annuncio della agenzia di rating Moody’s di un possibile declassamento dell’Italia perché ha un debito pubblico troppo alto e una crescita troppo bassa.
Ciò che faranno gli operatori finanziari sui mercati avrà un notevole impatto sulle decisioni che gli italiani saranno chiamati a prendere. L’avvertimento di Moody’s è arrivato infatti in una fase estremamente delicata e caotica in Europa: i ministri dell’Unione europea non sono riusciti a trovare un accordo sul salvataggio della Grecia ed hanno rinviato a metà luglio la concessione delle risorse per sostenere il paese, in attesa che il governo e il Parlamento di Atene vari misure da lacrime e sangue per rimettere in sesto i conti pubblici del Paese.
E’ in questo contesto che va collocato il problema italiano, figlio della politica di destra dell’Unione europea, ma anche e soprattutto degli errori compiuti dalla destra in Italia. “Se non facciamo una battaglia politica per imporre una diversa linea politica in Europa” ha detto Guglielmo Epifani sabato a Genova, durante la Conferenza nazionale per il lavoro del Partito democratico, “rischiamo di non avere un progetto per la crescita e l’occupazione e di trovarci tutti di fronte al dilemma al quale oggi è di fronte il premier greco Papandreu: fallire o accettare una politica recessiva, che taglia drammaticamente garanzie, stato sociale, redditi, pensioni”.
Quanto all’Italia, anche qui la destra ha fatto danni, enormi e portatori di ripercussioni concrete e pesanti per i ceti più deboli. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ne ha parlato nella conclusione dei lavori di Genova: “All’inizio della legislatura noi dicemmo: attenzione, ci sarà un problema serio, non passeggero, di lunga durata. Usiamo le risorse che abbiamo per fare un piano di piccole opere da parte dei comuni e per alleggerire il peso del fisco sui redditi più bassi e sulle famiglie per sostenere i consumi. E non solo: facciamo un piano di riforme di sistema, dalle liberalizzazioni alla giustizia civile per i cittadini, e concordiamo con l’Europa un rientro graduale dal nostro debito. Loro, invece, la destra, tagliarono l’Ici per i più abbienti, misero denari nell’Alitalia, fecero il condono per chi aveva esportato capitali all’estero, e soprattutto negarono che vi fosse la crisi. Ora io chiedo: chi aveva ragione?”. Dopo anni di errori, siamo arrivati al punto. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha accettato un piano di rientro dal debito con scadenze e dimensioni durissimi da rispettare. Si è limitato a fare i cosiddetti “tagli lineari” alle spese dei ministeri e a non fare gli investimenti. Ma adesso i nodi sono venuti al pettine e l’Europa (e i mercati) si aspettano una manovra di correzione vera dei conti pubblici, pesantissima. “Dopo aver negato la crisi e le difficoltà, ora la destra ha condotto l’Italia a fare i conti con l’alternativa del diavolo” ha detto Bersani sabato: “O aprire un pericolosissimo negoziato con l’Unione europea; o fare una manovra recessiva che comporta sacrifici, tagli, riduzioni. La verità è che questo governo rischia di lasciare l’Italia con il cappio al collo”. “Ma a questo punto sono loro che devono dire come stanno le cose. Sono loro che dovranno dire la verità”.

2. LA LEGA HA ESAURITO LA SPINTA PROPULSIVA. BOSSI COSTRETTO A SOSTENERE BERLUSCONI. DOMANI E MERCOLEDI’ SCILIPOTI E BOSSI GARANTIRANNO LA FIDUCIA, MA IL GOVERNO E’ ANCORA PIU’ DEBOLE.
Domani e dopodomani il governo si presenta al Senato e alla Camera per regolarizzare la nuova composizione della maggioranza (con l’ingresso dei responsabili). Si preannuncia un voto di fiducia. E’ praticamente scontato che tra calciomercato ormai acquisito, Lega e Pdl ottengano la maggioranza per una manciata di voti. Ma il governo sarà ancora più debole e ancor meno in grado di affrontare il tornante che l’Italia deve superare.
Silvio Berlusconi è infatti un leader azzoppato dai suoi errori personali, dalle sconfitte elettorali e nei referendum, dalla mancanza ormai plateale di sintonia con gli italiani. E la Lega di Umberto Bossi ha dimostrato ieri nel raduno di Pontida di aver perso, al di là delle chiacchiere e delle grida, la sua spinta propulsiva. Bossi ha fatto richieste risibili, minacciato di abbandonare Berlusconi nel 2013 (sai che fifa!), vellicato la pancia dei fans con il ricorso alla demagogia e agli interessi spiccioli di gruppi specifici di supporter leghisti, ma non è riuscito a smentire il dubbio che i dirigenti si tengano stretti al governo perché gran parte del partito non reggerebbe alla perita del potere, delle poltrone, dei privilegi che la retorica leghista dice di voler abbattere.
Da La Repubblica. Ilvo Diamanti. “A Pontida, ieri, si sono affrontate e specchiate le due Leghe che coabitano sotto lo stesso tetto. Dentro lo stesso partito. Spesso, dentro le stesse persone. Se ne è avuta una rappresentazione esplicita, quasi teatrale, osservando la scena della manifestazione. Da una parte, la Lega di lotta e di protesta. I militanti ammassati sul prato. A gridare, senza sosta: "Secessione! Secessione!". Dall`altra, sul palco, la "Lega di governo". I leader. Chiamati, a uno a uno, per nome e cognome. E "per carica". Ministri, viceministri, presidenti di Regione e dei gruppi parlamentari. Da ultimo, il Primo. Il Capo.
Umberto Bossi. L`icona che tiene unite le due Leghe. Movimento e istituzione insieme, per usare le categorie weberiane rilette da Francesco Alberoni. Il "movimento rivoluzionario" indipendentista e il "partito normale", istituzionalizzato. Sempre più difficili da riassumere. Soprattutto oggi. Ne ha risentito anche la comunicazione del Capo. Normalmente semplice, fino all`eccesso. Ma chiara e netta. Stavolta meno del solito. Ha espresso i contenuti cauti, della Lega di governo con il linguaggio esplicito della Lega di lotta. Alla congiunzione fra le due Leghe, l`idea del Sindacato del Nord. Che tutela gli interessi "padani". Da ciò l`attenzione, ampia e appassionata, dedicata da Bossi agli allevatori e alla loro lotta. Ma anche ai contadini. Testimoni della "terra", il mito che ispira la Lega e la sua fede padana. Da ciò anche laminaccia, più che l`invito, al governo e a "Giulio" (Tremonti). Affinché abbassino le tasse che colpiscono soprattutto i " ceti produttivi" del popolo padano. Artigiani, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori. Anche la polemica di Bossi, rilanciata da Maroni, contro l`intervento armato in Libia, viene tradotta in questa chiave. Più delle ragioni umanitarie preoccupano le ragioni della sicurezza. Del Nord. Minacciato dall`invasione dei poveri cristi in fuga dai bombardamenti. La Lega di lotta e di governo, tuttavia, faticano a stare insieme, a Pontida. Qualche volta stridono. Ai militanti di Pontida che gridavano "Secessione! Secessione!", Bossi ha risposto promettendo - più modestamente - di decentrare alcuni ministeri nel Nord. Più precisamente: a Monza. I dicasteri guidati da lui stesso e Calderoli, intanto. Invitando Maroni e lo stesso Tremonti ad aggregarsi. D`altronde, ha aggiunto, il ministero dell`Economia deve stare
dove si produce. Non a Roma. Spostare i ministeri a Monza serve, infatti, a marcare il distacco dallo Stato Centrale. E a valorizzare, per contro, la Capitale del Nord. Che gravita intorno a Milano. D`altronde, dopo le elezioni amministrative, la Padania ha perduto la capitale. E la Lega è stata spinta ulteriormente in provincia. Anche gli avvertimenti a Berlusconi - fischiato dai militanti ogni volta che ne veniva pronunciato il nome – rispondono al sentimento della "Lega di opposizione". Berlusconi - ha detto e ripetuto Bossi - non sarà necessariamente il candidato premier. D`altronde, i militanti, esibendo striscioni da stadio, inneggiavano a "Maroni premier". Il messaggio è chiaro. Berlusconi, verrà sostenuto dalla Lega solo se rispetterà gli interessi e le rivendicazioni del Sindacato del Nord. Pensieri, parole - e parolacce - a cui, tuttavia, difficilmente seguiranno i fatti. Perché queste rivendicazioni del Sindacato del Nord, per quanto "moderate", appaiono poco praticabili.
Proporre di decentrare alcuni ministeri a Nord è ben diverso che minacciare la secessione. Ma si tratta, comunque, di un progetto difficile da realizzare. Significherebbe svuotare l`idea - e la realtà - di "Roma Capitale". Divenuta tale con un decreto votato dalla stessa Lega. Lo stesso discorso vale per la riforma fiscale e le altre iniziative volte ad alleggerire o almeno controllare - il debito pubblico. Difficile immaginare che possano avvenire a spese, prevalentemente, dei ceti sociali e delle aree del Mezzogiorno. Roma Capitale e la Regione Lazio sono governate dal Pdl. Il Centro sud garantisce il bacino elettorale maggiore del Pdl. La Lega dovrebbe, a questo fine, rompere con Berlusconi e il suo partito, come nella seconda metà degli anni Novanta. Dovrebbe ascoltare il popolo di Pontida che grida: "Secessione! Secessione! ". Impensabile. Perché incombe ancora la sindrome del `99. Quando la Lega secessionista, da sola, si ridusse a poco più del 3%. Abbandonata dai "forzaleghisti", come li definì Edmondo Berselli. Gli elettori che votano ora Lega ora Forza Italia (e ora Pdl) su basi tattiche. Per questo Bossi lancia parole di lotta, ma poi usa argomenti di governo. Sorretti da ragioni ragionevoli. Guardate che non basta schiacciare un bottone per cambiare, ripete il Capo. Guardate che non possiamo fare cadere il governo e non possiamo neppure andare al voto. Oggi. Non conviene. Il «ciclo storico (ha detto proprio così) è cambiato. Ci è sfavorevole. Vincerebbe la Sinistra». Ma poi, aggiungiamo noi, non sarebbe facile neppure a Bossi convincere il suo partito ad abbandonare il governo - e il sottogoverno. Per ragioni interne. Costringere alle dimissioni i suoi ministri e i suoi viceministri. E tutti i suoi uomini inseriti nelle istituzioni, nei centri di potere economico, finanziario, pubblico e radiotelevisivo. Sarebbe difficile perfino a lui, il Capo. Anche proclamare la secessione. Da Roma. Non solo perché la stragrande maggioranza degli elettori del Nord, compresi i suoi, non la accetterebbe. Ma perché la rottura della maggioranza a livello nazionale avrebbe rilevanti conseguenze locali. Visto che la Lega, nel Nord, governa in due Regioni, molte province e centinaia di comuni. Insieme al Pdl. Difficile, infine, pensare che una Lega di governo, cresciuta tanto e tanto in fretta nel Nord, non sia attraversata da divisioni interne. Come avviene in tutti i partiti "normali". Che la proposta dei ministeri a Monza non abbia suscitato disagio nel Nordest e soprattutto in Veneto. Che le ovazioni a "Maroni premier" non abbiano messo di cattivo umore Calderoli.
E magari anche qualcun altro. Per questo le parole di Bossi e il rito di Pontida non hanno offerto indicazioni chiare sul futuro. La Lega di opposizione vorrebbe correre da sola. Contro tutti. La Lega di governo noncipensaproprio.I1 Sindacato del Nord pone
alla maggioranza condizioni che il Pdl non può accettare. Nessuno è abbastanza forte per imporsi. Né per rompere. Così il governo - e il Paese - sono destinati a navigare a vista. Finché ci riusciranno.

3. A FORZA DI PENSARE ALLE FESSERIE IL GOVERNO PERDE COLPI E LA NATO ASSEGNA COMPITI E RISORSE AD ALTRI PAESI. LA RUSSA NE FA UN’ALTRA DELLE SUE. E A RIMETTERCI SONO GLI ITALIANI.
Da Il Corriere della Sera. “C`è una doppia verità in quello che è successo all`ultima riunione della Nato a Bruxelles il 13 giugno scorso. Una verità politica del ministro della Difesa Ignazio La Russa, secondo il quale «abbiamo ottenuto uno straordinario successo». E una verità tecnica, quella dei militari dell`Aeronautica, i quali considerano gli accordi raggiunti «una disfatta che avrà notevoli conseguenze». II ministro è stato accusato di essere arrivato a quella riunione con 6 ore di ritardo. «Un ritardo studiato ribatte La Russa -. In quelle ore si parlava di Libia e io non volevo ascoltare nuove richieste,ilnostro impegno è già enorme». È arrivato in tempo per la riunione successiva, col segretario generale della Nato Rasmussen e il ministro della Difesa americano Robert Gates. Era l`addio di Gates che lascerà il suo incarico al Pentagono. Ci teneva a chiudere una pratica molto delicata: la riduzione dei centri Nato. La Russa era arrivato a Bruxelles con due certezze: il comando marittimo della Nato a Nisida doveva essere chiuso, mentre l`Aeronautica aveva fatto sapere di considerare il centro di comando e controllo (Caoc) di Poggio Renatico, in provincia di Ferrara, essenziale per la difesa aerea. «Grazie a me - dice La Russa - il comando Nato di Bagnoli rimarrà operativo». In altre parole, la Nato voleva chiudere non solo Nisida, ma anche Bagnoli. Davvero troppo. A questo punto si è abbattuta sulla riunione la furia della ministra della Difesa spagnola Carme Chacón. Non è la prima volta che la signora alza la voce e minaccia sfracelli. Ha scritto una lettera di fuoco per dire che il suo Paese meritava di più. L`offerta alla Spagna consisteva in una apparecchiatura tecnologica chiamata Daccc, Deployable air command control center, un sistema di controllo aereo mobile e quindi trasferibile in aree destinate a interventi delle truppe Nato. La ministra Chacón l`ha considerato un insulto. Pretendeva il trasferimento a Torrejon, in Spagna, del centro di Poggio Renatico. II suo Paese non vanta grandi crediti, avendo ritirato i militari dall`Iraq senza tanti complimenti, mentre nella crisi libica ha messo a disposizione solo quattro aerei col divieto di bombardare. Tuttavia la reazione furiosa della ministra rischiava di far saltare tutto. Robert Gates doveva tornare a Washington senza aver chiuso l`accordo. «Ho cercato una mediazione - racconta La Russa -. Ho accettato che il Daccc fosse assegnato all`Italia e il centro di Poggio Renatico fosse trasferito in Spagna, ma solo quando, fra qualche anno, il Daccc sarà pronto. Ci abbiamo guadagnato: a Poggio Renatico lavorano 185 persone, col Daccc saliranno a 280». Ma i tecnici la considerano una clamorosa sconfitta. «Il Daccc è un sistema per le emergenze – sostiene Dino Tricarico, ex capo di stato maggiore dell`Aeronautica -.
Resterà chiuso e i 280 dipendenti non faranno nulla. Mentre la sicurezza dei cieli italiani sarà affidata alla Spagna». Sarà indispensabile, dicono responsabili dell`Aeronautica, farci un nostro centro di controllo nuovo. Costerà una fortuna”.

4. OGG CONFERENZA NAZIONALE DEL PD SULLA SICUREZZA E ALLA FINE CONFRONTO DIRETTO BERSANI-MARONI.
Dopo la Conferenza nazionale per il lavoro di Genova, oggi dalle ore 10.00, presso la Sala Bernini della Residenza di Ripetta, in via di Ripetta 231, si terrà la prima Conferenza nazionale del Pd sulla Sicurezza dal titolo "La Sicurezza come diritto di libertà". Parteciperanno i principali leaders democratici e concluderanno i lavori Pier Luigi Bersani e Roberto Maroni con un faccia a faccia moderato dal direttore de Il Messaggero, Mario Orfeo.

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