11 settembre 2013

Allende e il sogno del Cile, 40 anni dopo

Allende e il sogno del Cile, 40 anni dopo

di Francesca D'Ulisse
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La Moneda brucia. Implacabile il bombardamento dell’aviazione cilena. La stessa forza armata che avrebbe dovuto difendere il Presidente e il Paese si rivolta contro il suo capo supremo. Augusto Pinochet e gli altri generali cileni, salvo poche eccezioni – tra cui Alberto Bachelet padre di Michelle - lo hanno tradito.

“Lleve sobre Santiago” (“Piove su Santiago”): il nome dell’operazione militare. Allende e la sua guardia sanno che è finita. Ma la resa non è nella mente e nel cuore del Presidente. E’ stato eletto dai cileni per cambiare radicalmente il Paese e preferirebbe morire piuttosto che tradire se stesso e chi ha creduto in lui, i tanti che hanno visto in Unidad Popular, la sua coalizione, la speranza di costruire un Cile più democratico, più giusto e più equo, dove tutti siano cittadini con pari diritti e pari doveri. Un paese sovrano e pacifico. È la “rivoluzione democratica” cilena, che considera la legge e la Costituzione come guide supreme per il proprio cammino e le libere elezioni quali pietre fondanti della propria forza e legittimità.

Mentre la forza aerea bombarda Santiago con precisione chirurgica, la voce del Presidente salta da un’onda radio all'altra. Fuori uso Radio Portales, il popolo riesce a captare la sua voce da Radio Corporación finché anche questa è messa a tacere. Resta Radio Magallanes (Radio Magellano) a cui consegnerà le sue ultime drammatiche parole. Non c’è amarezza, badate bene, solo delusione per quelli che hanno tradito la Patria. Allende si rivolge ai lavoratori, agli operai, ai contadini, agli intellettuali, alle donne e ai giovani, a quei “borghesi”, così li definisce, che si sono mantenuti fedeli alla costituzione. Chiede loro di non farsi umiliare dal corso nuovo che verrà e di non lasciarsi annientare sebbene la lotta sia impari. Implora loro di difendersi ma senza sacrificarsi inutilmente. 

Ci sarà bisogno di tutti quando “presto riaprirete i grandi viali dove passerà l’uomo libero per costruire una società migliore”. Riaprirete, dice il Presidente, non riapriremo. Perché lui, invece, si sacrificherà. “Io non mi arrenderò” – lo dice forte e chiaro - “pagherò con la mia vita la difesa dei principi che sono cari a questa Patria”, “pagherò con la vita la mia lealtà al popolo”. Non si suicida il Presidente, come i suoi nemici hanno voluto far credere per minare il suo onore, il suo prestigio e la sua credibilità. Viene ucciso, ormai è storia. La sua fiaccola di speranza cade e per 16 lunghi anni riesce a rimanere accesa, flebile. Quella fiaccola la raccoglieranno i presidenti socialisti, socialdemocratici e progressisti che governano oggi l’America latina. La “rivoluzione democratica” del 1970-1973 rivive in loro perché – come dice Allende – “la storia non si ferma, né con la repressione, né con il crimine. (….) È possibile che ci annientino, ma il domani apparterrà al popolo, apparterrà ai lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore”.

40 anni dopo il Cile democratico ricorda il supremo sacrificio del medico-Presidente che cambiò la storia dell’America latina risolvendo, a vantaggio della prima opzione, il dilemma tra via pacifica e via armata per la conquista del potere. Lo stesso medico-Presidente la cui vicenda politica armò la penna di Enrico Berlinguer nei tre articoli apparsi sul settimanale Rinascita, cambiando la storia del PCI e in parte la storia del nostro Paese con la proposta di una “alternativa democratica”, cioè “della prospettiva politica di una collaborazione e di un’intesa delle forze popolari di ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica, oltre con formazioni di altro orientamento democratico”.

40 anni dopo il Cile democratico ricorda le violazioni dei diritti umani commesse durante la dittatura di Pinochet e il Plan Condor, la rete di spionaggio creata dai regimi del cono sud dell’America latina per rendere più capillare la repressione del dissenso, perché “nunca más”, mai più accada a quelle latitudini la macelleria che annientò un’intera generazione. E lo ricorda, il nuovo Cile, a pochi mesi dalla prossima elezione presidenziale dove Michelle Bachelet, figlia di Alberto, si gioca la presidenza del Paese contro Evelyn Matthei, figlia di Fernando, generale membro della Giunta militare di Pinochet. È il passato che a volte ritorna.

Francesca D'Ulisse
Coordinatrice Forum Affari Esteri - Responsabile America Latina

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