Allende e il sogno del Cile, 40 anni dopo
di Francesca D'Ulisse
La Moneda brucia. Implacabile il bombardamento
dell’aviazione cilena. La stessa forza armata che avrebbe dovuto
difendere il Presidente e il Paese si rivolta contro il suo capo
supremo. Augusto Pinochet e gli altri generali cileni, salvo poche
eccezioni – tra cui Alberto Bachelet padre di Michelle - lo hanno
tradito.
“Lleve sobre Santiago” (“Piove su
Santiago”): il nome dell’operazione militare. Allende e la sua guardia
sanno che è finita. Ma la resa non è nella mente e nel cuore del
Presidente. E’ stato eletto dai cileni per cambiare radicalmente il
Paese e preferirebbe morire piuttosto che tradire se stesso e chi ha
creduto in lui, i tanti che hanno visto in Unidad Popular, la sua
coalizione, la speranza di costruire un Cile più democratico, più giusto
e più equo, dove tutti siano cittadini con pari diritti e pari doveri.
Un paese sovrano e pacifico. È la “rivoluzione democratica” cilena, che
considera la legge e la Costituzione come guide supreme per il proprio
cammino e le libere elezioni quali pietre fondanti della propria forza e
legittimità.
Mentre la forza aerea bombarda
Santiago con precisione chirurgica, la voce del Presidente salta da
un’onda radio all'altra. Fuori uso Radio Portales, il popolo riesce a
captare la sua voce da Radio Corporación finché anche questa è messa a
tacere. Resta Radio Magallanes (Radio Magellano) a cui consegnerà le sue
ultime drammatiche parole. Non c’è amarezza, badate bene, solo
delusione per quelli che hanno tradito la Patria. Allende si rivolge ai
lavoratori, agli operai, ai contadini, agli intellettuali, alle donne e
ai giovani, a quei “borghesi”, così li definisce, che si sono mantenuti
fedeli alla costituzione. Chiede loro di non farsi umiliare dal corso
nuovo che verrà e di non lasciarsi annientare sebbene la lotta sia
impari. Implora loro di difendersi ma senza sacrificarsi inutilmente.
Ci
sarà bisogno di tutti quando “presto riaprirete i grandi viali dove
passerà l’uomo libero per costruire una società migliore”. Riaprirete,
dice il Presidente, non riapriremo. Perché lui, invece, si sacrificherà.
“Io non mi arrenderò” – lo dice forte e chiaro - “pagherò con la mia
vita la difesa dei principi che sono cari a questa Patria”, “pagherò con
la vita la mia lealtà al popolo”. Non si suicida il Presidente, come i
suoi nemici hanno voluto far credere per minare il suo onore, il suo
prestigio e la sua credibilità. Viene ucciso, ormai è storia. La sua
fiaccola di speranza cade e per 16 lunghi anni riesce a rimanere accesa,
flebile. Quella fiaccola la raccoglieranno i presidenti socialisti,
socialdemocratici e progressisti che governano oggi l’America latina. La
“rivoluzione democratica” del 1970-1973 rivive in loro perché – come
dice Allende – “la storia non si ferma, né con la repressione, né con il
crimine. (….) È possibile che ci annientino, ma il domani apparterrà al
popolo, apparterrà ai lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista
di una vita migliore”.
40 anni dopo il Cile
democratico ricorda il supremo sacrificio del medico-Presidente che
cambiò la storia dell’America latina risolvendo, a vantaggio della prima
opzione, il dilemma tra via pacifica e via armata per la conquista del
potere. Lo stesso medico-Presidente la cui vicenda politica armò la
penna di Enrico Berlinguer nei tre articoli apparsi sul settimanale
Rinascita, cambiando la storia del PCI e in parte la storia del nostro
Paese con la proposta di una “alternativa democratica”, cioè “della
prospettiva politica di una collaborazione e di un’intesa delle forze
popolari di ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di
ispirazione cattolica, oltre con formazioni di altro orientamento
democratico”.
40 anni dopo il Cile democratico
ricorda le violazioni dei diritti umani commesse durante la dittatura di
Pinochet e il Plan Condor, la rete di spionaggio creata dai regimi del
cono sud dell’America latina per rendere più capillare la repressione
del dissenso, perché “nunca más”, mai più accada a quelle latitudini la
macelleria che annientò un’intera generazione. E lo ricorda, il nuovo
Cile, a pochi mesi dalla prossima elezione presidenziale dove Michelle
Bachelet, figlia di Alberto, si gioca la presidenza del Paese contro
Evelyn Matthei, figlia di Fernando, generale membro della Giunta
militare di Pinochet. È il passato che a volte ritorna.
Francesca D'Ulisse
Coordinatrice Forum Affari Esteri - Responsabile America Latina
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