29 settembre 2013

E che musica!

Tutta un'altra musica

Stefano Boeri racconta di una lettera scritta al Ministro Bray, che diventa una petizione e attiva "Un Pd bellissimo che in poche settimane sa lanciare e portare a termine una grande battaglia politica" per la musica dal vivo

Un Pd bellissimo

Vorrei parlare bene, anzi benissimo del Partito democratico. Non per il gusto di apparire controcorrente, ma per raccontare un'esperienza in presa diretta: per aver vissuto in queste ultime settimane il Pd che spesso sogniamo e che quasi sempre, ahinoi, non c'è.

Tutto inizia con una lettera al ministro Pd Bray, scritta da un ex assessore Pd che gli chiede di prendersi cura dei problemi della musica dal vivo in Italia. Un settore vitale per la cultura e il lavoro di migliaia di donne e uomini che producono, ospitano, compongono, pubblicizzano, comunicano, ascoltano musica. Un pezzo importante della nostra economia, che è però oberato da un ingorgo di norme e balzelli che hanno generato una inarrestabile moria di locali e gruppi musicali negli ultimi anni.



La lettera diventa una petizione, che raccoglie subito migliaia di firme e chiede al ministro di facilitare la musica dal vivo nelle città italiane; cominciando con l'introdurre una procedura di autocertificazione per chi ospita musica per meno di 200 spettatori entro le 24. Una norma che in Inghilterra, in un anno, ha fatto riaprire alla musica 30mila locali.

Il bello è che il ministro Pd risponde subito con un impegno personale e pochi giorni dopo un gruppo di deputati Pd - ne cito due: Roberto Rampi e Francesca Bonomo - comincia a lavorare su un emendamento che introduca, oltre all'autocertificazione altre misure per agevolare la musica dal vivo.

E un Presidente Pd di commissione al Senato, Andrea Marcucci, si impegna a fare da relatore a questo emendamento. E il responsabile cultura nella segreteria nazionale del Pd Antonio Funiciello inizia una regia per coordinare gli sforzi tra Roma, Milano e le decine di città dove i circoli Arci e Pd promuovono e rilanciano la petizione.

E in alcuni consigli comunali dove il Pd è maggioranza, come a Udine, si vota la petizione. Si arriva così in poche settimane a far inserire l'emendamento sull'autocertificazione nel decreto cultura del governo e - ieri mattina - a farlo approvare al Senato.

betales live

Se racconto questa storia non è solo perché per una volta ho visto all'opera un partito coordinato e coeso, senza cognomi (renziani, bersaniani, lettiani..) trasformati in correnti divisive.

La racconto perché ho visto la potenza di un partito che in poche settimane sa lanciare e portare a termine una grande campagna politica. Un partito sensibile e performativo, che sa registrare un problema nella vita quotidiana di migliaia di italiani, sa individuarne la soluzione, trasformarla in campagna di opinione e declinarla in battaglia parlamentare, fino a tradurla in una norma che, sottoposta al voto, diventa una condizione migliore per la vita quotidiana.

Questo Pd, un Pd sensibile che non pretende di sostituirsi all'intelligenza del mondo, ma anzi sa ascoltare e decifrare problemi e idee che vengono dal mondo della vita. Questo Pd che per qualche mese avvicina a se' - senza chiedere tessere di fedeltà - migliaia di donne e uomini a cui promette solo di fare, su una singola battaglia di opinione, un pezzo di strada insieme.

Questo Pd che decifra problemi, costruisce progetti e li trasforma in decisioni; che accompagna senza chiedere nulla migliaia di italiani per un pezzo della loro vita.

Questo Pd attento, inclusivo ed efficace, è quello che manca di più, è anzi del tutto assente, in questi mesi di rabbiose e isteriche diatribe personali.

Per queste ragioni, per riempire questo vuoto, una storia piccola come quella che ho raccontato può aiutarci a capire, meglio di qualsiasi mozione congressuale, quale è la posta in gioco quando si parla del futuro di questo grande partito italiano.

Fonte: Huffington Post

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