Simone, l’urgenza del contrasto culturale
L’azione normativa non basta, occorre agire per
diffondere il valore delle differenze di genere e renderlo fondamento di
una nuova, sana e rispettosa, abitudine al convivere, a partire dalla
scuola.
Valeria Fedeli - Europa
L’azione normativa non basta, occorre agire per
diffondere il valore delle differenze di genere e renderlo fondamento di
una nuova, sana e rispettosa, abitudine al convivere, a partire dalla
scuola.
«L’Italia è un paese libero, ma esiste
l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la
propria coscienza». Queste parole, le parole di Simone, 21 anni, romano,
omosessuale, morto suicida, parole che sono un atto di accusa estremo
verso il sistema Italia, hanno riecheggiato ieri sera a Roma tra i
partecipanti alla mobilitazione contro omofobia e transfobia promossa
dal Gay center. In un piccolo tratto di strada dietro il Colosseo,
l’unico che nella città eterna si può apertamente chiamare gay street,
si sono ritrovate donne e uomini, ragazze e ragazzi, eterosessuali,
omosessuali, trans, persone unite, tra rabbia, indignazione e speranza,
da una comune tensione a cambiare le cose.
È un
mondo brutto quello che porta un ragazzo a suicidarsi per una assurda,
meschina, colpevole discriminazione. Un mondo che opprime, che deride e
mette all'angolo, che limita e giudica: questo siamo oggi.
Quando
una ragazza o un ragazzo si scopre omosessuale, spesso nell'età fragile
in cui si forma la propria personalità e si è più esposti al giudizio
degli altri, in Italia si trova circondato da ignoranza e intolleranza:
dalla famiglia, alla scuola, agli amici, al lavoro. Secondo un’indagine
del Gay Center su quattromila studenti tra i 14 e i 18 anni il 5% si
dichiara omosessuale e, tra loro, uno su tre ha pensato almeno una volta
al suicidio. E per settanta ragazzi su cento la scuola e la famiglia
sono i luoghi principali di discriminazione.
Siamo
un paese che si nasconde dietro una normalizzante e ipocrita
rappresentazione collettiva, che si perpetua nella rassicurante
discriminazione del diverso, salvo trovarsi squarciata, esposta nella
sua mostruosità, davanti al silenzio definitivo di una vita che non c’è
più. Simone, e prima di lui altre ragazze e altri ragazzi, hanno
preferito sparire per sempre piuttosto che essere ogni giorno umiliati
nell'espressione viva della propria umanità, affettività, sessualità.
Quando siamo diventati un paese così? Come possiamo continuare a far finta di niente? Me lo chiedo da cittadina e da senatrice, sapendo che il ruolo che ricopro mi presenta concrete e pesanti responsabilità.
Quando siamo diventati un paese così? Come possiamo continuare a far finta di niente? Me lo chiedo da cittadina e da senatrice, sapendo che il ruolo che ricopro mi presenta concrete e pesanti responsabilità.
Non
possiamo più aspettare, dobbiamo aggiungere – e mi impegnerò per questo
– alle urgenze economiche, sociali e del lavoro, come ambiti su cui
l’azione di governo e parlamento deve essere decisa e rapida, la
stringente necessità di restituire all'Italia la civiltà
dell’uguaglianza, della libertà, del rispetto.
Abbiamo
iniziato in questi mesi a lavorare sui diritti delle donne, per
contrastare il femminicidio e lavorare sul piano normativo, educativo e
culturale per affermare una parità fondata sul riconoscimento delle
differenze e portatrice di vere libertà. Il contrasto alla
discriminazione omofoba deve unirsi a questa battaglia, prima di tutto
calendarizzando e approvando in tempi brevi la legge contro l’omofobia e
la transfobia. Poi serve una legge che riconosca le unioni di fatto e
garantisca i diritti delle coppie omosessuali.
Ma
l’azione normativa non basta, occorre agire sul cambiamento culturale,
per diffondere il valore delle differenze di genere e renderlo
fondamento di una nuova, sana e rispettosa, abitudine al convivere, a
partire dalla scuola. Dobbiamo smettere di avere paura, non temere di
sfidare vecchi tabù, riattivare il dibattito, con proposte anche
radicali di cambiamento, e lanciare una stagione dei diritti e delle
libertà.
Siamo impegnati per un nuovo racconto della cittadinanza dell’Italia e della dignità di tutti.
Si
dice che questi siano temi etici. Ma l’etichetta di temi etici serve a
nascondersi – a nasconderci – da cose che nella vita delle persone sono
molto concrete, molto reali, presenti nella vita di tutti i giorni, che
riguardano l’uguaglianza, e che per questo devono essere parte fondante,
come da mandato costituzionale, della responsabilità che compete a chi
rappresenta le istituzioni e a chiunque crede nell’Italia.
Fonte: Europa
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