Il 4 novembre 1918 entrava in vigore l’armistizio firmato a Villa Giusti (Padova) con l’Impero austro-ungarico.
Il Gen. Armando Diaz, comandante in capo delle Forze Armate italiane,
nel bollettino della Vittoria annunciava agli italiani “La guerra contro
l'Austria-Ungheria che l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per
mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore
condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta(…)
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo,
risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con
orgogliosa sicurezza(…)”.
Trento e Trieste erano ricongiunte all’Italia: Cesare Battisti, Fabio
Filzi, Nazario Sauro vedevano compiuto il sogno loro e delle popolazioni
italiane delle terre “irredente”.
L’unificazione territoriale, politica e istituzionale dell’Italia era stata interamente realizzata.
Il prezzo pagato era stato altissimo: oltre 4 milioni di soldati
mobilitati di cui 250.000 giovani appena diciottenni, 600.000 morti e
1.500.000 feriti, 400.000 civili che avevano abbandonato le proprie
case sulla linea del fronte.
Furono i combattenti ed i reduci che con il sostegno delle comunità
locali avviarono il culto della memoria dei commilitoni caduti con la
costruzione dei primi monumenti e l’apposizione di lapidi commemorative.
Il 4 novembre, nei giorni dedicati alle onoranze funebri in Italia come
in tutta Europa, diventò così il giorno della commemorazione, della
riconoscenza per il sacrificio dei propri figli, del popolo in armi che
nel 1919 ricevette un riconoscimento politico con l’introduzione del
suffragio universale maschile.
Dal 26 ottobre al 4 novembre 1921, l’intera Nazione accompagnò il treno
che trasportava la salma del milite ignoto da Aquileia a Roma per
essere tumulata all’altare della Patria, al Vittoriano, il monumento
funebre di Vittorio Emanuele II, che da allora diventò l’epicentro delle
solennità nazionali.
Nel 1922, il 4 novembre venne proclamata solennità civile con la
denominazione di Anniversario della Vittoria. Il fascismo stava
trasformando la commemorazione dell’immane tragedia nella celebrazione
della potenza militare.
È nel 1949, che riassume il suo significato originario e la ricorrenza
viene confermata nel calendario civile con la denominazione di Festa
dell’Unità Nazionale. La Repubblica si fondava sulla memoria del
Risorgimento e sull’idea della Grande Guerra come fattore ulteriore del
processo di unificazione nazionale.
Il Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi restituisce al
patriottismo repubblicano l’orgoglio dei suoi simboli, la bandiera,
l’inno, le solennità civili e ricongiunge la Festa dell’Unità
Nazionale alla Giornata delle Forze Armate, collegandosi idealmente alla
consegna da parte del Re Carlo Alberto della bandiera tricolore
all’Esercito degli italiani, nella prima guerra d’indipendenza del 1848.
Un legame, quello tra la Nazione e le Forze Armate, sancito nella
Costituzione Repubblicana che, nel titolo IV Rapporti politici, all’art.
52 recita “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Il
servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla
legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del
cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. L'ordinamento delle
Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.
Il 4 novembre è allora il giorno della commemorazione dei caduti di
tutte le guerre, del ringraziamento ai militari in servizio, in Italia e
nelle missioni internazionali all’estero, di Festa per l’Unità
Nazionale.
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