16 giugno 2020

SettegiorniPD in Regione Lombardia

   La Newsletter del Partito Democratico del Consiglio regionale della Lombardia

L'Editoriale E poi arriva la pandemia

Che cosa dobbiamo aspettarci ancora da chi guida la Lombardia?
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a diverse conversioni sulla via dell'emergenza Covid-19.
Dal “facciamo tutto noi” degli esordi di marzo, con l’ospedale in Fiera come soluzione finale per sconfiggere l’epidemia, siamo passati attraverso “tutta colpa di Roma” per le forniture di mascherine e materiale, “abbiamo fatto tutto bene” nella fase di gloria “galleriana”, “la Lombardia è sotto attacco” nel periodo dell’orgoglio salviniano, per arrivare al “qualcosa avremo anche sbagliato, ma ora ripartiamo” del Fontana ultima versione.
Ci hanno spiegato che il Sars-Cov-2, come tutti i virus RNA, è estremamente variabile e si ricombina molto in fretta provocando tantissimi errori, ma riuscendo, proprio per questo, ad adattarsi e a sopravvivere più di altri patogeni.
Pare quasi che la Giunta lombarda abbia deciso di applicare la stessa strategia, mutando rapidamente posizioni nel tentativo di trovare l’adattamento migliore alle necessità del momento con un unico obiettivo dichiarato: sopravvivere. Ed è esattamente quello che fanno virus come il Sars-Cov-2, ovvero trovare un equilibrio con gli organismi che li ospitano senza distruggerli e convivendo con loro, i cosiddetti “ospiti serbatoio”, e il virus diventa endemico. Una convivenza che finisce per consentire di sopravvivere all'uno e agli altri. Finché non arriva una pandemia.
Senza voler troppo forzare la metafora, è anni che il centrodestra pare abbia deciso di applicare la stessa strategia: trovare il modo per convivere con la Lombardia, diventando endemico.
Da Fontana non possiamo, dunque, che attenderci una strategia di adattamento per sopravvivere e continuare a governare-occupare la Lombardia. Ma poi arriva a pandemia…

Cambio di rotta? Sostituzione ai vertici della Sanità lombarda

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14 giugno 2020

Monumento contestato. Montanelli "predatore", "via quella statua". Chi ha ragione?

A Milano la statua coperta di vernice un anno fa. Ora nuova richiesta di rimozione sull'onda del revisionismo globale. Il grande giornalista "comprò" una ragazzina in Etiopia. Le accuse e la difesa

giovedì 11 giugno 2020 di Andrea Lavazza - Avvenire.it 

Era già nel mirino da tempo. Ma con il revisionismo mondiale di piazza, accesosi dopo i recenti casi di razzismo negli Usa, anche in Italia si è tornati a chiedere di "oscurare" il ricordo di Montanelli. Lo hanno fatto a Milano i Sentinelli, organizzazione antifascista, e l'Arci, chiedendo al sindaco di rimuovere il monumento al giornalista e di revocare l'intitolazione dei giardini dedicati al famoso giornalista. Molte le voci, a favore o contrarie.

L'anno scorso, un secchio di vernice rovesciato su una statua l’8 marzo aveva provocato una piccola onda mediatica e un utile dibattito pubblico (esclusi gli immancabili opposti estremismi da social media). Esponenti del movimento femminista “Non Una Di Meno”, durante la manifestazione di Milano, avevano colorato di rosa il monumento al giornalista e scrittore Indro Montanelli (1909-2001), nei giardini pubblici di Porta Venezia a lui intitolati nel 2002. Non era la prima volta che raid colpivano statua (posta nel 2006) e targa dedicati a una figura amata e anche controversa. Sotto accusa è il comportamento del giovane Indro, accusato non genericamente di maschilismo, ma specificamente di pedofilia e di stupro. E ciò che si diceva nel 2019 vale anche oggi.

Nel 1935, Montanelli fu volontario nella guerra coloniale di Eritrea voluta da Mussolini e durante il soggiorno africano comprò, letteralmente, dalla sua famiglia per 500 lire (o 350, il giornalista diede diverse ricostruzioni) una giovanissima “moglie” chiamata Destà – non vera consorte perché il contratto di cosiddetto madamato prevedeva una scadenza. La ragazzina aveva tra i 12 e i 14 anni, “un animalino docile”, nelle parole che oggi indignano usate da Montanelli in un’intervista televisiva del 1969. In un rapporto imposto e non certo paritario, la giovanissima fungeva essenzialmente da cameriera – portando la biancheria pulita ai combattenti – e da comprensibilmente riluttante compagna d’alcova. Poco dopo Montanelli tornò in Italia e un suo sottoposto gli chiese di poter sposare Destà. Lei ebbe un figlio e lo chiamò Indro. Si reincontrarono nel 1952, durante un viaggio in Etiopia del giornalista, che non spese mai parole di pentimento né di rammarico, ma raccontò più volte apertamente la vicenda, giustificandola con i tempi, le usanze e le circostanze.

13 giugno 2020

E se un effetto collaterale del coronavirus fosse mettere le basi per l’Europa federale?

di Thomas Colson - Business Insider

In piedi da sola, con Emmanuel Macron raggiante accanto a lei in televisione, Angela Merkel ha tenuto una conferenza stampa a maggio in cui la coppia ha presentato una proposta così radicale da poter determinare il destino dell’Unione europea.

La proposta franco-tedesca era un fondo di salvataggio post coronavirus da 500 miliardi di euro ($ 555 miliardi), raccolto dai mercati finanziari e garantito dal bilancio dell’UE, per finanziare la ripresa al blocco di Paesi europei colpiti dalla pandemia di COVID-19. I Paesi più colpiti dalla crisi riceverebbero miliardi di euro in trasferimenti diretti di contanti. Ci sarebbero poche condizioni annesse. Non è una cifra che dovrà essere rimborsata. Altri 250 miliardi di euro sarebbero resi disponibili in forma di prestiti, come ha suggerito la Commissione europea.

È difficile ignorare quanto sia radicale e rivoluzionaria la proposta. Economicamente, il piano rappresenterebbe un enorme trasferimento definitivo di denaro dai paesi più ricchi e più frugali del Nord Europa – guidati da Francia e Germania – verso gli stati più poveri dell’Europa meridionale. L’Italia riceverebbe la più grande fetta di denaro e la Spagna la seconda più grande.

Politicamente, è sismico. Merkel e Macron, che non hanno mai avuto la stessa idea rispetto all’integrazione europea, sono emersi come un fronte unificato. La Germania ha abbandonato il suo rifiuto decennale di consentire a qualsiasi prestito di governo per sostenere membri in difficoltà dell’UE, adottando invece un approccio di apertura a braccia spalancate verso il debito collettivo (non è una coincidenza che Merkel non si candiderà per la rielezione il prossimo anno.)

12 giugno 2020

LA NEWSLETTER DI ENRICO BRAMBILLA N. 260 del 10 Giugno 2020


Mercoledì, 10 Giugno 2020

Carissimi, nei giorni scorsi sono tornate a riunirsi, per quanto ancora con modalità a distanza, le Direzioni Nazionale e Regionale del PD.
Mi fa piacere quindi condividere il testo del mio intervento nella seduta di lunedi 8 giugno della Direzione Lombarda, alla presenza del vice segretario nazionale Andrea Orlando.
Se qualcuno vorrà discuterne, sono a disposizione.
Buona ripresa a tutti

Stiamo attraversando una fase inedita piena di insidie ma altrettanto ricca di potenzialità, nella quale il partito lombardo, così come quello nazionale, si gioca una parte importante del proprio destino.
Riepilogo per punti ed in maniera molto stringata quelli che sono, a mio avviso, i tratti distintivi,  di questa fase.
1) La Lombardia è stata ed è tuttora l’epicentro dell’emergenza sanitaria. I dati di questi giorni, per quanto in evidente miglioramento, inducono ancora ad avere molta attenzione. Nessun allarmismo ma nemmeno nessuna rimozione. Il viceministro Sileri oggi dice che non esiste alcun “caso Lombardia”: io penso invece che abbia fatto bene Andrea Orlando a chiedere al ministro Speranza di venire in questa Regione, non per commissariarla ma per far capire che senza una vera e leale collaborazione tra istituzioni non se ne esce, smontando così anche le velleità iperautonomiste della maggioranza regionale e ponendo e basi per un auspicato superamento dell’attuale sperimentazione.
2) L’emergenza sanitaria ha messo a nudo le debolezze politiche e di modello di questa Regione, che noi dobbiamo giustamente continuare ad evidenziare. Al tempo stesso però è emersa ancora una volta la straordinaria ricchezza di questa regione, fatta di professionalità, umanità, volontà di migliaia di professionisti della sanità, lavoratori, associazioni. Tenere insieme questi due racconti, ed offrire una sponda di riconoscimento a questo pezzo di Lombardia è per noi essenziale se ambiamo ad un ruolo che non sia di eterna opposizione.

9 giugno 2020

Modello Riace, Salvini di nuovo sconfitto: il Consiglio di Stato dà ragione a Mimmo Lucano

Il Consiglio di Stato dà torto a Matteo Salvini e al ministero dell’Interno e smonta il provvedimento con cui il Viminale aveva escluso Riace dalla rete dello Sprar. La decisione di Palazzo Spada dà quindi ragione all’ex sindaco Mimmo Lucano e definisce “encomiabile” il cosiddetto ‘modello Riace’ sull’accoglienza dei migranti.

Il Consiglio di Stato difende il modello Riace per l’accoglienza dei migranti creato dall’ex sindaco Mimmo Lucano. E boccia il piano del ministero dell’Interno del 2018, allora guidato da Matteo Salvini, con cui il modello di accoglienza veniva smontato. Nasce tutto da un’ordinanza del 2018 del Viminale: il ministero di Salvini decideva di chiudere le strutture e interrompere i progetti di accoglienza per più di 60 persone ospitate a Riace. Una sentenza del Tar aveva già dato torto al leader della Lega e al Viminale. Ora arriva la conferma anche dal Consiglio di Stato, che dà ragione all’ex primo cittadino del piccolo centro calabrese.

Il Consiglio di Stato ha quindi annullato il provvedimento del ministero dell’Interno che aveva escluso Riace dallo Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Per i giudici di Palazzo Spada, inoltre, il modello costruito da Lucano è “encomiabile”: “Che il modello Riace fosse assolutamente encomiabile negli intenti e anche negli esiti del processo di integrazione è circostanza che traspare anche dai più critici tra i monitoraggi compiuti”, si legge. Inoltre il Consiglio di Stato ribadisce che il modello funzionava – tanto che dalla prefettura di Reggio Calabria era arrivata una “relazione positiva” – e che il ministero non poteva chiuderlo senza neanche prima inviare una diffida.

7 giugno 2020

Commissione Covid: le dimissioni di Patrizia Baffi

Le dimissioni di Patrizia Baffi rimettono in gioco la commissione, ora tocca alla maggioranza

CORONAVIRUS: PIZZUL (PD), “APPREZZIAMO DECISIONE BAFFI, AUSPICHIAMO CHE MAGGIORANZA METTA CONDIZIONI PER FAR PARTIRE LA COMMISSIONE D’INCHIESTA”
“Apprezziamo la decisione della consigliera Baffi di dimettersi dal ruolo di presidente della commissione d’inchiesta. Le avevamo chiesto questo atto di responsabilità e la ringraziamo per averlo compiuto. Concordiamo con lei che ciò possa contribuire a ristabilire un clima favorevole allo svolgimento di un importante lavoro che dobbiamo fare nell’interesse dei cittadini lombardi. Auspichiamo che la maggioranza, a partire dalla Lega, intenda porre le condizioni per rimettere la commissione in grado di partire su nuove basi. Se così sarà, noi non ci tireremo indietro e ripresenteremo i nostri componenti al presidente del Consiglio regionale, perché li reintegri.”
Lo dichiara il capogruppo del PD in Regione Fabio Pizzul dopo l’annuncio delle dimissioni di Patrizia Baffi da presidente della commissione speciale d’inchiesta sull’emergenza Covid in Regione Lombardia.
Milano, 5 giugno 2020

2 giugno 2020

SettegiorniPD in Regione Lombardia

   La Newsletter del Partito Democratico del Consiglio regionale della Lombardia

L'Editoriale Pieni poteri

Il rispetto delle prerogative delle minoranze è uno dei capisaldi della democrazia. Affermazione banale, penserete, nell'Italia del XXI secolo, ma vi sbagliate. Quanto accaduto in seno alla Commissione d’inchiesta sull'emergenza Covid-19 in Lombardia è molto preoccupante. La Lega, ponendo il veto a un candidato PD per la presidenza, ha negato alle minoranze il diritto di avere una guida di garanzia per la commissione.
Chi rappresenta, a questo punto, la neo eletta presidente Baffi? Gli elettori PD che l’hanno portata al Pirellone? Italia Viva, i cui vertici le hanno chiesto le dimissioni? O, con più probabilità, la maggioranza lombarda, o meglio, la Lega che l’ha scelta come presidente? Lasciamo alla consigliera di Codogno la risposta che, per quanto ci riguarda, non può che passare dalle sue dimissioni dalla presidenza.
Abbiamo dato credito alla Lega che sosteneva di voler fare chiarezza su quanto accaduto in Lombardia. Ci sbagliavamo: l’unica cosa certa dopo la manovra sulla commissione d’inchiesta è che si vuole evitare di far luce sulla gestione dell’emergenza Covid-19. Per noi la commissione è già finita, perché non parteciperanno ai suoi lavori la maggior parte dei consiglieri che l’hanno richiesta e ottenuta.
E’ come se la Lega invocasse pieni poteri per poter essere sicura di raccontare la sua versione della triste storia di questi mesi. Ma i pieni poteri, a quanto si è visto, non garantiscono altro che fragorose cadute.

2 giugno L'Italia s'è desta

2giugno

1 giugno 2020

Da plastic free a free plastic

Una riflessione di Francesco Bertolini (SDA Bocconi) - Ecoscienza

Sono passati solo pochi mesi, ma abbiamo invertito le parole; rischiamo di sacrificare decenni di impegno ambientale in poche settimane. Plastic free era il mantra pre-coronavirus; ora la plastica è tornata prepotente, colonizzando bar, ristoranti , supermercati e negozi come mai nella storia.

Un cambio di paradigma allarmante, in una retorica buonista e di sostenibilità ambientale che poi finanzia i monopattini elettrici come se fossero l’evoluzione naturale della mobilità urbana e non una simpatica modalità di una piccola nicchia di giovani in forma e che probabilmente non si muoverebbero comunque in automobile; il panico che è stato diffuso nel paese ha distrutto decenni di retorica, di incentivi e di investimenti miliardari nel trasporto pubblico, abbandonato per paura di un contagio ormai remoto, ma che influenzerà i comportamenti dei cittadini per anni.

In questo contesto impazzito la priorità è una sola; combattere il virus, senza pensare alle conseguenze, senza capire che igienizzare tutto e rendere il mondo un ambiente asettico è follia e la migliore premessa per una caduta della salubrità pubblica e per il ritorno di malattie probabilmente peggiori del coronavirus stesso.

27 maggio 2020

Riflessioni sulla scuola al tempo del Coronavirus

Scritto da Patrizia Marchesi  PD Monza
       
Alcune considerazioni sulla scuola al tempo del Coronavirus (riflessioni personali che nascono dal tavolo di lavoro tematico promosso dalla Federazione Provinciale del Pd Monza e Brianza riunitosi il 12 maggio u.s.)

Questi mesi di sospensione dell’attività scolastica normalmente intesa hanno inciso pesantemente sulla vita di tutti noi, ragazzi, insegnanti, famiglie. Il 22 febbraio siamo tornati a casa pregustando un fine settimana che precedeva i due giorni di festa di Carnevale, e non siamo più rientrati.

La scuola ha reagito alla situazione con una vivacità e capacità di adattamento inaspettate; un’istituzione da sempre ancorata ai rigidi schemi della tradizione, nel giro di pochi giorni ha introdotto modalità di funzionamento completamente nuove, basate sull’impiego degli strumenti informatici. Dove ciò è stato possibile, è accaduto grazie ad anni in cui gli istituti (non tutti, certo) si sono dotati di reti, LIM, registri elettronici, e i docenti si sono progressivamente adeguati all’uso di strumenti e modalità diverse. Ammirevole è stato l’impegno dei dirigenti e del personale, che ha ribaltato in poco tempo il proprio modo si lavorare. Piattaforme, accreditamenti, password; colleghi più attrezzati sotto l’aspetto informatico si sono messi a disposizione di altri in difficoltà. Impegno tanto più ammirevole in quanto ha richiesto una quantità di lavoro enormemente superiore al normale, anche da parte di insegnanti precari e supplenti che hanno fatto tutto ciò senza una vera prospettiva di stabilizzazione.

Lombardia: Patrizia Baffi, che presiede la commissione d’inchiesta Covid, lavora per una Rsa (campo su cui dovrà ‘indagare’)

Andrea Sparaciari - Business Insider Italia

Una donna sola al comando, ma in evidente conflitto di interesse (politico). È Patrizia Baffi, la consigliera regionale di Italia Viva eletta ieri  – grazie ai voti di Lega e Forza Italia (più il suo) – alla presidenza della commissione chiamata a far luce sulle tante e macroscopiche falle della gestione dell’emergenza sanitaria da parte del duo Attilio Fontana – Giulio Gallera.

Tra le tante magagne sulle quali si dovrà indagare, c’è sicuramente la famosa delibera regionale dell’8 marzo 2020 che mise i malati Covid nelle Rsa, causando una vera e propria strage di anziani. Un punto nodale della gestione della crisi pandemica di Fontana, che la Commissione dovrà vivisezionare. Il problema è che la neo-presidentessa Baffi risulta essere dipendente – in aspettativa – proprio di una Rsa, la Fondazione Opere Pie Riunite di Codogno Onlus.

Il suo curriculum recita infatti: “Fino al 2001 mi sono occupata di materia societaria e riclassificazione bilanci  presso uno Studio Professionale di Dottori Commercialisti, in seguito e fino al 2018 ho lavorato presso una Residenza Sanitaria Assistenziale operando in materia amministrativa gestionale”.