25 aprile 2020

Né eroi né invasori! On line “Non sono io” un video ispirato a “Bella ciao” e interpretato da migranti.

“Non siamo eroi, ma nemmeno invasori”. “Non sono io”, un video realizzato da COSPE e dall’Associazione Carta di Roma, per la regia del giornalista Valerio Cataldi e con le musiche di Alaa Arsheed e Isaac De Martin.


Un video che, con un testo che si ispira a “Bella Ciao”, dà voce e volto agli immigrati e alle seconde generazione che in questi giorni di emergenza continuano a lavorare in prima linea e in situazioni a rischio, negli ospedali, nei supermercati, nei campi, nelle Rsa, nelle consegne a domicilio… Sono Henry, Lela, Ajay, Marwa, Andi, Luisa, Yvan, Yiftalem, Mercy e Ana Lou e hanno origini peruviane, indiane, cinesi, etiopi etc…

"Ma soprattutto, vedete, dobbiamo fare noi stessi: è la premessa per tutto il resto"

Lettera agli amici, Giacomo Ulivi

Cari Amici,

Vi vorrei confessare innanzi tutto, che tre volte ho strappato e scritto questa lettera. L'avevo iniziata con uno sguardo in giro, con un sincero rimpianto per le rovine che ci circondano, ma, nel passare da questo argomento di cui desidero parlarvi, temevo di apparire "falso", di inzuccherare con un patetico preambolo una pillola propagandistica. E questa parola temo come un'offesa immeritata: non si tratta di propaganda ma di un esame che vorrei fare con voi. Invece dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa? Noi stessi. Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo dei nostri mali. Per riconoscere quanto da parte nostra si è fatto, per giungere ove siamo giunti. Non voglio sembrarvi un Savonarola che richiami il flagello. Vorrei che con me conveniste quanto ci sentiamo impreparati, e gravati di recenti errori, e pensassimo al fatto che tutto noi dobbiamo rifare. Tutto dalle case alle ferrovie, dai porti alle centrali elettriche, dall'industria ai campi di grano. Ma soprattutto, vedete, dobbiamo fare noi stessi: è la premessa per tutto il resto. Mi chiederete: perché rifare noi stessi, in che senso? Ecco per esempio, quanti di noi sperano nella fine di questi casi tremendi, per iniziare una laboriosa e quieta vita, dedicata alla famiglia e al lavoro? Benissimo: è un sentimento generale, diffuso e soddisfacente. Ma, credo, lavorare non basterà; e nel desiderio invincibile di "quiete", anche se laboriosa è il segno dell'errore. Perché in questo bisogno di quiete è il tentativo di allontanarsi il più possibile da ogni manifestazione politica. È il tremendo, il più terribile, credetemi, risultato di un'opera di diseducazione ventennale, di diseducazione o di educazione negativa, che martellando per vent'anni da ogni lato è riuscita ad inchiodare in molti di noi dei pregiudizi. Fondamentale quello della "sporcizia" della politica, che mi sembra sia stato ispirato per due vie. Tutti i giorni ci hanno detto che la politica è un lavoro di "specialisti". Duro lavoro, che ha le sue esigenze: e queste esigenze, come ogni giorno si vedeva, erano stranamente consimili a quelle che stanno alla base dell'opera di qualunque ladro e grassatore. Teoria e pratica concorsero a distoglierci e ad allontanarci da ogni attività politica. Comodo, eh? Lasciate fare a chi può e deve; voi lavorate e credete, questo dicevano: e quello che facevano lo vediamo ora, che nella vita politica – se vita politica vuol dire soprattutto diretta partecipazione ai casi nostri – ci siamo stati scaraventati dagli eventi. Qui sta la nostra colpa, io credo: come mai, noi italiani, con tanti secoli di esperienza, usciti da un meraviglioso processo di liberazione, in cui non altri che i nostri nonni dettero prova di qualità uniche in Europa, di un attaccamento alla cosa pubblica, il che vuol dire a sé stessi, senza esempio forse, abbiamo abdicato, lasciato ogni diritto, di fronte a qualche vacua, rimbombante parola? Che cosa abbiamo creduto? Creduto grazie al cielo niente ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente.

24 aprile 2020

25 Aprile 2020

Il 25 aprile, alle ore 15.00, ognuno dalla propria casa, distanti ma uniti, canteremo Bella Ciao e appenderemo il tricolore dalle finestre di ogni casa.

Abbiamo aderito all'appello lanciato da Anpi per celebrare la Liberazione e faremo sentire le voci della nostra comunità. Perché, mai come in questo momento, il nostro Paese ha bisogno di ricordare l'importanza e il significato di questo giorno di liberazione.

#bellaciaoinognicasa


23 aprile 2020

"RINASCERE": il manifesto ANPI per il 25 aprile

In occasione del 75esimo anniversario della Liberazione il Maestro Ugo Nespolo ha realizzato e donato all'ANPI un manifesto con la parola d'ordine: RINASCERE. La Festa della Liberazione come Festa della ripartenza per tutti gli italiani.


22 aprile 2020

Sala: “La Lega in due giorni dal terrore al libera tutti. Più test e meno slogan”

L’intervista al sindaco di Milano di Piero Colaprico – la Repubblica
Pubblicato il 16 Aprile 2020



Sindaco Sala, la Regione dice che si riparte il 4 maggio… Parla di 4 D. Distanza, dispositivi e cioè mascherine, digitalizzazione e diagnosi…
«L’ha deciso la Regione o Salvini? Stanno passando dal terrore sul numero dei contagi di due giorni fa al liberi tutti. Un po’ più di equilibrio non guasterebbe. Guardi, io non sono contrario a rimettere in moto l’economia, perché alla fine si parla di lavoro per tanta gente. Ma devono essere fornite le garanzie adeguate per chi andrà a lavorare. Quello del 4D è uno slogan senza contenuto. Nella D di dispositivi varranno anche i foulard o le sciarpe, come da loro precedente ordinanza?».

Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha invitato alla cautela…
«E ci mancherebbe, abbiamo tutti continuato a dire che la salute è la prima cosa. Qualche settimana fa quando c’erano da sostenere le ragioni della chiusura ci dicevano di guardare all’Oms, faranno così anche adesso?».

Qual è la cosa più importante per rimettere la gente al lavoro?
«Che vengano fatti i test d’immunità e purtroppo su questi, che vengono praticati largamente in Veneto, in Lombardia siamo indietrissimo. Siccome a Milano non si fanno, oggi ho rotto gli indugi e mi sono accordato con l’ospedale Sacco per farli in autonomia, cominciamo con i 4mila del personale Atm, che lavorano nel delicato settore dei trasporti, e poi vediamo».

21 aprile 2020

Coronavirus. Gentiloni: "Europa e Italia davanti ad un bivio decisivo"

Il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni
Parla il commissario dell’Unione all’Economia, Paolo Gentiloni: evitare di uscire dalla crisi con vincitori e sconfitti. Un nuovo umanesimo europeo è possibile.
Giovanni Maria Del Re - Bruxelles sabato 18 aprile 2020 - Avvenire.it

Attenti a evitare che la crisi lasci vincitori e perdenti, l’Eurozona non potrebbe sopportarlo. È un chiaro monito quello che lancia Paolo Gentiloni: un’intesa sul Fondo di ripresa e i titoli comuni per finanziarli sono anche nell’interesse dei Paesi del Nord, Germania in testa. Non senza però rassicurare che nessuno vuole il ritorno all’austerity o pensa a una “troika” per chi utilizzerà il Mes. A pochi giorni dalla videoconferenza di giovedì dei leader Ue, il commissario europeo all’Economia condivide le sue riflessioni in questa intervista ad Avvenire. Partiamo dalle scuse all’Italia della presidente della Commissione Ursula von der Leyen. «C’è stata una difficoltà iniziale – dice il commissario –, pensiamo che nei primi giorni ci sono stati addirittura divieti nazionali all’esportazione di materiale medico. C’è stato un deficit di solidarietà, ha fatto bene la presidente a scusarsi di questo ritardo. Un ritardo che però è stato recuperato».

Gli italiani però continuano a ritenere che l’Ue stia facendo troppo poco...
La domanda di un intervento ancora più forte da parte dell’Europa è più che legittima, anche se è un po’ curioso quando a chiedere molto all’Europa sono proprio coloro che nei diversi Paesi hanno fatto di tutto per indebolirla. Detto questo, la crisi rappresenta per l’Ue un banco di prova ma anche un’occasione: riporta al centro dell’attenzione dei nostri concittadini il suo ruolo indispensabile. In questo senso, è doveroso da parte delle istituzioni europee fare ancora di più; ma anche spiegare quel che è stato fatto, che è moltissimo. Perché l’Ue ha preso in un mese decisioni senza precedenti: ha sospeso il Patto di stabilità, cambiato le regole degli aiuti di Stato, reso disponibili decine di miliardi di fondi europei inutilizzati o destinati ad altro, consentendo così un’azione poderosa degli Stati membri, impensabile tre mesi fa. Pensiamo all’intervento della Bce, senza le cui decisioni oggi singoli Stati membri avrebbero potuto trovarsi in difficoltà ancora più serie. E l’Eurogruppo ha deciso 540 miliardi di euro di interventi comuni su sanità, disoccupazione e sostegno alle piccole e medie imprese, rompendo un tabù. E cioè che la Bce fa la politica monetaria ma sulle politiche economiche e di bilancio ogni Paese fa per conto suo: sono state prese decisioni di spesa e di politica economica comune. È la strada che va percorsa per la prossima fase.

20 aprile 2020

Coronavirus, perché tanti morti in Lombardia? Le 6 domande inevitabili

Ospedali pubblici e privati sullo stesso piano: così il sistema è andato in crisi. I nodi: mancata «zona rossa» nella Bergamasca e assenza di una rete di controllo sul territorio
di Milena Gabanelli e Simona Ravizza - 15 aprile 2020 - Corriere.it


Sarebbe ragionevole che il governatore Attilio Fontana e il suo assessore alla Sanità Giulio Gallera spiegassero onestamente perché in Lombardia c’è stato, e continua ad esserci, un numero di decessi così alto rispetto al Veneto e all’Emilia-Romagna, dove l’epidemia è partita quasi contemporaneamente. Non lo giustifica il fatto che il 25 febbraio ci fossero 231 contagiati contro i 42 in casa Zaia e i 26 in casa Bonaccini. L’epidemia si è allargata alla velocità della luce e a oggi sono morti 11 lombardi ogni 10 mila abitanti, contro i 6 dell’Emilia Romagna e i 2 del Veneto. Dai dati dell’Istat e del ministero della Salute, emerge che a Milano stanno morendo quotidianamente 90 residenti contro i 30 dell’anno scorso, a Bergamo 21 contro 4, a Brescia 20 invece di 5.

Le Rianimazioni in crisi
Il sistema ospedaliero, dove pubblico e privato sono stati nel corso degli anni messi sullo stesso piano, va subito in crisi. A ridosso del 21 febbraio, con i posti letto delle Terapie intensive sottodimensionati (8,5 su 100 mila abitanti contro i 10 dell’Emilia e del Veneto) e il 30% in gestione alla Sanità privata convenzionata, la Regione deve contrattare la loro attivazione con gli ospedali privati in un momento in cui il fattore tempo è determinante. Mentre tutti gli sforzi si concentrano nel potenziare il sistema ospedaliero davanti all’ondata di pazienti in gravi condizioni, ai primari non arrivano disposizioni chiare e al personale medico mancano i dispositivi di protezione.

19 aprile 2020

SettegiorniPD in Regione Lombardia

     La Newsletter del Partito Democratico del Consiglio regionale della Lombardia

L'Editoriale L'assedio

L’assedio è stato per secoli una delle principali strategie di guerra. Tutti noi ci sentiamo un po’ sotto assedio ed è normale attendere con ansia il momento in cui questo assedio finirà, ma sarebbe anche normale attendersi che chi dovrebbe decretarne la fine ci fornisca indicazioni chiare e coerenti.
In Lombardia, purtroppo, questo non sta accadendo. Abbiamo un’amministrazione regionale che pare cambiare di giorno in giorno la sua strategia e oscilla tra un ottimismo volontaristico e un cupo pessimismo, invocando interventi altrui e appellandosi alla necessità che altri decidano il da farsi.
Ascoltando il Consiglio regionale dedicato alla fase due dell’emergenza Covid-19 abbiamo avuto l’impressione che Fontana e la sua giunta si sentano sotto assedio e vivano l’ansia di chi si accorge che le proprie risorse stanno per finire e che il nemico possa prevalere. Ma qui non c’è nessun nemico. Il nemico di Fontana e dei suoi sono loro stessi che si illudono di poter gestire da soli, contro tutto e tutti, una crisi da cui si può uscire solo tentando di capire che cosa non ha funzionato e riconoscendo che la Lombardia, da sola non può andare da nessuna parte. Per questo il PD e tutte le minoranze hanno chiesto una commissione d’inchiesta e una cabina di regia condivisa. Ma Palazzo Lombardia preferisce continuare a sentirsi sotto assedio e rischia così di lasciare sotto assedio tutti i lombardi.

16 aprile 2020

UN CAMBIO DI PASSO PER LA BRIANZA

La fase 2 della gestione emergenza covid-19

In queste settimane, come Sindaci e più in generale come comunità di amministratori locali, abbiamo cercato di far fronte ai numerosi problemi e fornire risposte ai cittadini con il massimo della responsabilità e dello spirito collaborativo, senza alimentare alcun tipo di polemica e di conflitto istituzionale, perché il momento richiede coesione e spirito di collaborazione. Con lo stesso spirito tuttavia, chiediamo un cambio di passo nella gestione dell’emergenza qui in Provincia di Monza e Brianza, perché riteniamo che in queste settimane siano emersi alcuni problemi da risolvere al più presto per fornire ai cittadini la miglior risposta possibile. Ecco alcuni punti che vorremmo che l’Assemblea dei Sindaci, regolarmente convocata, discutesse e recepisse, per ottenere quel cambio di passo che ci sembra sempre più necessario.
  • Queste settimane hanno mostrato i limiti dell’organizzazione sanitaria in Lombardia e in particolare qui su Monza e Brianza: la sanità di territorio è infatti in grandissima difficoltà e si sta reggendo grazie alla dedizione e all’impegno di tantissimi operatori che con i loro sforzi e la loro abnegazione stanno facendo il massimo. Ci sarà tempo per riflettere sugli errori che sono stati fatti nella nostra Regione e sui limiti dell’attuale organizzazione sanitaria, ma ora occorre un cambio di passo per: 1) ampliare il più possibile la disponibilità di posti in strutture di accoglienza di secondo livello, superando l’attuale ricerca su base volontaristica di mezzi e attrezzature; 2) intervenire drasticamente all’interno delle RSA, per fare i tamponi e limitare concretamente le possibilità di contagio; 3) ampliare le forme di assistenza per quanti devono rimanere a casa in quarantena e in cura.

15 aprile 2020

15 aprile 2011 - 15 aprile 2020



9 anni fa Vittorio Arrigoni, volontario ed attivista per i diritti umani, è stato ucciso a Gaza-Palestina.
A 9 anni dal suo omicidio ricordiamo insieme Vittorio nelle nostre case:
con una candela accesa, un disegno, una foto, musica, un bicchiere di vino o birra (come piaceva a lui) con un momento di silenzio o come volete voi, ogni gesto di vicinanza sarà da noi apprezzato.

Grazie a tutti voi che in questi 9 anni non ci avete mai lasciate sole.
Alessandra Arrigoni ed Egidia Beretta

Se voleste, potete pubblicare su FB, nell'evento: "Ricordando VIK "
https://www.facebook.com/events/646258432613993/

http://www.fondazionevikutopia.org