17 luglio 2020

Scuola, i sindacati attaccano: "Situazione disastrosa, i ritardi aumentano"

Le cinque sigle: "La ministra Azzolina fa passerelle, ma i dirigenti scolastici sono in lacrime e con il metro in mano". La Cgil: "Così a settembre si torna alla didattica a distanza"
di CORRADO ZUNINO - la Repubblica
17 luglio 2020

I sindacati della scuola, i cinque sindacati da tempo uniti, non hanno cambiato idea. "A 45 giorni dalla ripartenza dell'attività scolastica la situazione è disastrosa". Lo dice Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil, che dettaglia: "La colpa è dei ritardi con cui siamo partiti e che continuiamo ad accumulare. Oggi i dirigenti scolastici sono alla caccia disperata di spazi, ma se non ci sarà organico aggiuntivo tornerà la didattica a distanza. Con sette docenti in più per ogni istituto non ci sono le condizioni per ripartire. Sappiamo che ci sono 1,4 miliardi certi e un miliardo probabile, ma per aprire la scuola a settembre servono ulteriori investimenti e un organico straordinario".

La ministra Lucia Azzolina ha detto, e continua a ripetere, che ha chiesto al ministero delle Finanze 78 mila docenti a tempo indeterminato in più. Ha spiegato, ieri, che a inizio agosto ci sarà una risposta del Mef. "La ministra mente e sa di mentire", dice Maddalena Gissi, segretaria Cisl scuola. "I settantottomila insegnanti in più non ci sono e lei lo sa. Anche se il ministro Roberto Gualtieri dovesse accordare l'assegnazione, nelle graduatorie mancano docenti di molte discipline e dei cicli scolastici superiori. La ministra Azzolina aveva la possibilità di assumere insegnanti subito attraverso un concorso per titoli e servizio, si è opposta cocciutamente e adesso siamo in dirittura d'arrivo al primo settembre con duecentomila supplenti necessari e la possibilità che non si riescano a nominare. La ministra continua a fare passerelle, soprattutto provvedimenti passerella, ma le passerelle crollano".

L'anno scorso l'allora ministro dell'Istruzione Marco Bussetti chiese, sempre al Mef, 57 mila docenti, ne furono autorizzati 53 mila, ma alla fine assunti soltanto 25 mila. Il problema è che oggi le graduatorie scolastiche sono contemporaneamente piene e vuote. Piene al Sud e dimagrite al Nord. Piene nelle materie umanistiche, svuotate in quelle scientifiche.


Pino Turi, segretario Uil scuola, avanza un altro problema: un milione di domande in cartaceo per le graduatorie di istituto devono essere trasformate in richieste in digitale. "La ministra assicura che lo farà in due settimane, noi abbiamo forti dubbi e questi dubbi li hanno anche i funzionari del ministero. C'è la possibilità che, quando si dovranno scegliere i duecentomila contratti per le supplenze del 2020-2021, non si abbia una graduatoria aggiornata da cui attingere". Oggi, dice Turi, la scuola è assolutamente la stessa di quella lasciata a giugno. "Ai ritardi di aprile e di maggio, la Azzolina sta aggiungendo quelli estivi. La ministra è una padrona di casa che, mentre la casa brucia, chiama l'arredatore per sistemare i banchi. La scuola sta bruciando e i dirigenti scolastici hanno le lacrime agli occhi. Noi sindacati vogliamo aprire, davvero, un tavolo di concertazione".

Per Elvira Serafini, Snals, "la ministra vive su Marte, la scuola non è quella del Mulino bianco”. E Rino Di Meglio, Gilda degli insegnanti: "Tre settimane fa la Azzolina ha dichiarato che ogni istituto possiede il suo cruscotto per calcolare gli spazi, ieri in tv la ministra ha fatto un appello ai presidi affinché segnalino gli spazi necessari. È un continuo avanti e indietro. Il ritardo è spaventoso e lo scaricabarile su scuole ed enti locali intollerabile. I nostri dirigenti scolastici non saranno corresponsabili di questa ripartenza, non firmeranno nulla. Oneri e onori spettano al ministero”.

1 luglio 2020

Coronavirus, già a dicembre 2019 almeno 110 casi in Val Seriana

E' quanto emerge dall'inchiesta della procura di Bergamo sulla mancata istituzione della zona rossa
di PAOLO BERIZZI - la Repubblica

A dicembre 2019 la Val Seriana era già impestata dal coronavirus. Senza saperlo. O meglio: senza conoscere il nome del nemico invisibile. Che stava già picchiando sui polmoni come pure accadeva a Wuhan in Cina: dove però il nemico, Sars Covid 19, era già stato battezzato dalla medicina e dalle autorità (inizialmente restìe nel comunicarlo al mondo). E l'epicentro dei contagi era proprio Alzano Lombardo con il suo ospedale Pesenti-Fenaroli, dove alla fine dello scorso anno c'erano già 40 persone ricoverate per virus non riconosciuti. Che inizieranno a essere identificati e chiamati con il loro nome solo dal 23 febbraio. Più di due mesi dopo.

L'inchiesta
È la novità, clamorosa, che sta emergendo dall'inchiesta della procura di Bergamo che indaga sulla mancata istituzione della zona rossa proprio in Val Seriana, sulle Rsa, sulla chiusura-riapertura lampo dell'ospedale di Alzano e sui mancati dispositivi di protezione per gli operatori sanitari e i medici di base. Il pool di magistrati guidati dalla pm Maria Cristina Rota in tutti questi giorni non ha mai smesso di sentire medici, dirigenti ospedalieri e di aziende sanitarie, farmacisti (oltre ovviamente ai politici e ai vertici di Confindustria Bergamo e Lombardia). E di acquisire documenti. Dall'incrocio tra le carte - in particolare dai dati forniti dall'Ats -, e le testimonianze raccolte, prende forma l'ipotesi, fondata, che quello che è andato storto in Lombardia - in particolare nel secondo e più violento focolaio del coronavirus (la bergamasca Val Seriana), ha a che fare con una sottovalutazione nemmeno breve del virus. Che aveva iniziato a aggredire ben prima di quanto Regione Lombardia e governo centrale abbiano comunicato (fino ad ora sapevamo soltanto che un mese prima di Codogno, Roma aveva avvertito la Regione del pericolo, ma la Lombardia non informò i dottori).

30 giugno 2020

Il governo non può più tergiversare sul Mes, sul tavolo risorse mai viste per la sanità

Zingaretti, segretario del Pd: no alla danza immobile delle parole, 10 ragioni per dire sì ai soldi europei senza condizionalità da spendere per il sistema sanitario italiano
di Nicola Zingaretti - Corriere.it

Questi mesi ci hanno mostrato quanto sia fondamentale investire nei sistemi sanitari e nelle scienze della vita per poter garantire il diritto a cure di qualità. Per garantire a tutte e a tutti protezione e sicurezza. È evidente la necessità di promuovere il potenziamento e l’ammodernamento del nostro sistema sanitario: rafforzare gli ospedali, puntare sulle tecnologie digitali, aumentare la presenza sui territori, l’assistenza domiciliare, la prevenzione, sostenere la ricerca e costruire un nuovo sistema di presa in carico delle persone, a cominciare dagli anziani. Il sistema sanitario ha risposto ed è stato capace di uno sforzo immane: grazie agli operatori che ci hanno messo cuore e competenza, e grazie anche a una capacità di innovazione che forse neanche sospettavamo di avere.

Ora però è il tempo di un salto nel futuro e di costruire un nuovo modello. L’attuale sistema di cura e presa in carico fondato su tre politiche distinte che spesso non comunicano — sanità, sociale e terzo settore — ha mostrato tutti i suoi limiti, non va più bene, è inadeguato. Rinascita è anche questo: avere una visione nuova, fondata su un modello di integrazione delle politiche sanitarie e sociosanitarie da realizzare con idee e investimenti. Si tratta di una parte fondamentale di quel nuovo modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale di cui spesso abbiamo parlato già prima del coronavirus. Ora sappiamo che è indispensabile e improcrastinabile. Oggi possiamo avere le risorse mai viste prima per fare quei grandi investimenti che ci permetteranno di migliorare la qualità dell’assistenza e della cura delle persone e, insieme, anche di dare un concreto impulso alla ripresa economica.

29 giugno 2020

Capitanio non faccia confusione, è la Regione Lombardia che non finanzia lo studio per la realizzazione della M2

"Da che mondo è mondo, gli Enti locali finanziano lo studio di fattibilità e la progettazione, lo Stato centrale invece finanzia la realizzazione dell'opera" dichiara Pietro Virtuani, segretario PD di Monza e Brianza.

"Per questo è assurda la polemica della Lega e dell'Onorevole Capitanio contro il Governo che non paga la quota in capo a Regione Lombardia per completare lo studio per la progettazione del prolungamento M2 fino a Vimercate".

"È assolutamente fondamentale che tutte le Istituzioni facciano la propria parte e non si scarichino le proprie responsabilità sulle istituzioni a guida di forze politiche di segno avverso.
I Sindaci, in modo unitario, hanno fatto la propria parte: ora Regione sia di parola e metta la sua quota, perché sono anni che aspettiamo il prolungamento e non è certo il momento di prendere in giro i cittadini" conclude Virtuani.

22 giugno 2020

SettegiorniPD in Regione Lombardia

   La Newsletter del Partito Democratico del Consiglio regionale della Lombardia

L'Editoriale Vedi cara

Dedichiamo alla Giunta lombarda un verso del grande Francesco Guccini, anche in omaggio ai suoi 80 anni appena compiuti: “Vedi cara, è difficile a spiegare, è difficile capire, se non hai capito già”.
È difficile spiegare che l’indicazione della presidenza della Commissione d’inchiesta su Covid-19 spetta alle minoranze e che queste ultime si sono pronunciate in modo unitario con un nome: Jacopo Scandella. Non ha capito già, la maggioranza, che questa è la direzione da prendere?
È difficile spiegare che serve un chiaro cambio di strategia sulla gestione della sanità lombarda: lo ricordano anche i sindacati, scesi in piazza per ricordare che le RSA non possono essere abbandonate e che la sanità territoriale va completamente ricostruita. Non ha capito già, il presidente Fontana, che è ora di una svolta vera?
È difficile spiegare che è meglio dare risposte credibili piuttosto che nascondersi dietro a fiumi di parole lette senza troppa convinzione. Pochi giorni fa ci avevano assicurato che l’ospedale in Fiera poteva già essere operativo e ora scopriamo, in una delibera di Giunta, che servono altri sette milioni per completarne l’attrezzatura. Non ha capito già, l’assessore Gallera, che forse è meglio evitare altre figuracce?
Vedi cara Giunta, comincia ad essere difficile spiegare ai lombardi perché, se davvero tutto è andato così bene, giorno dopo giorno, arrivano modifiche sostanziali di progetti e programmi che sembravano intoccabili. È difficile spiegare, è difficile capire perché così tante proposte del PD prima erano attacchi inaccettabili e ora diventano buone idee. Ne siamo ben felici, per carità, ma è davvero difficile da spiegare.
E allora, ci affidiamo ancora a Guccini: “Vedi cara, certe crisi son soltanto segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire”. Chi urla è la rabbia dei lombardi per quanto è accaduto, è un qualcosa che rimane dentro e che dovremmo provare, tutti assieme, a spiegare.

550 milioni dai decreti Cura Italia e Rilancio

550mln

21 giugno 2020

Fondi e ricerca. L'Europa deve rilanciare


Care, Cari,

mi fa piacere condividere con voi questo articolo, firmato dalla Commissaria Mariya Gabriel e da me, pubblicato sul Corriere della Sera. Da anni mi batto per ottenere in UE maggiori investimenti per la ricerca e l’innovazione, investimenti che oggi sono più che mai indispensabili.

Segnalo che la Commissione sta preparando il Piano Strategico per l’attuazione di Horizon Europe e, a tal fine, sarò lieta di ricevere osservazioni e proposte.

Un cordiale saluto,

Patrizia Toia 




16 giugno 2020

SettegiorniPD in Regione Lombardia

   La Newsletter del Partito Democratico del Consiglio regionale della Lombardia

L'Editoriale E poi arriva la pandemia

Che cosa dobbiamo aspettarci ancora da chi guida la Lombardia?
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a diverse conversioni sulla via dell'emergenza Covid-19.
Dal “facciamo tutto noi” degli esordi di marzo, con l’ospedale in Fiera come soluzione finale per sconfiggere l’epidemia, siamo passati attraverso “tutta colpa di Roma” per le forniture di mascherine e materiale, “abbiamo fatto tutto bene” nella fase di gloria “galleriana”, “la Lombardia è sotto attacco” nel periodo dell’orgoglio salviniano, per arrivare al “qualcosa avremo anche sbagliato, ma ora ripartiamo” del Fontana ultima versione.
Ci hanno spiegato che il Sars-Cov-2, come tutti i virus RNA, è estremamente variabile e si ricombina molto in fretta provocando tantissimi errori, ma riuscendo, proprio per questo, ad adattarsi e a sopravvivere più di altri patogeni.
Pare quasi che la Giunta lombarda abbia deciso di applicare la stessa strategia, mutando rapidamente posizioni nel tentativo di trovare l’adattamento migliore alle necessità del momento con un unico obiettivo dichiarato: sopravvivere. Ed è esattamente quello che fanno virus come il Sars-Cov-2, ovvero trovare un equilibrio con gli organismi che li ospitano senza distruggerli e convivendo con loro, i cosiddetti “ospiti serbatoio”, e il virus diventa endemico. Una convivenza che finisce per consentire di sopravvivere all'uno e agli altri. Finché non arriva una pandemia.
Senza voler troppo forzare la metafora, è anni che il centrodestra pare abbia deciso di applicare la stessa strategia: trovare il modo per convivere con la Lombardia, diventando endemico.
Da Fontana non possiamo, dunque, che attenderci una strategia di adattamento per sopravvivere e continuare a governare-occupare la Lombardia. Ma poi arriva a pandemia…

Cambio di rotta? Sostituzione ai vertici della Sanità lombarda

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14 giugno 2020

Monumento contestato. Montanelli "predatore", "via quella statua". Chi ha ragione?

A Milano la statua coperta di vernice un anno fa. Ora nuova richiesta di rimozione sull'onda del revisionismo globale. Il grande giornalista "comprò" una ragazzina in Etiopia. Le accuse e la difesa

giovedì 11 giugno 2020 di Andrea Lavazza - Avvenire.it 

Era già nel mirino da tempo. Ma con il revisionismo mondiale di piazza, accesosi dopo i recenti casi di razzismo negli Usa, anche in Italia si è tornati a chiedere di "oscurare" il ricordo di Montanelli. Lo hanno fatto a Milano i Sentinelli, organizzazione antifascista, e l'Arci, chiedendo al sindaco di rimuovere il monumento al giornalista e di revocare l'intitolazione dei giardini dedicati al famoso giornalista. Molte le voci, a favore o contrarie.

L'anno scorso, un secchio di vernice rovesciato su una statua l’8 marzo aveva provocato una piccola onda mediatica e un utile dibattito pubblico (esclusi gli immancabili opposti estremismi da social media). Esponenti del movimento femminista “Non Una Di Meno”, durante la manifestazione di Milano, avevano colorato di rosa il monumento al giornalista e scrittore Indro Montanelli (1909-2001), nei giardini pubblici di Porta Venezia a lui intitolati nel 2002. Non era la prima volta che raid colpivano statua (posta nel 2006) e targa dedicati a una figura amata e anche controversa. Sotto accusa è il comportamento del giovane Indro, accusato non genericamente di maschilismo, ma specificamente di pedofilia e di stupro. E ciò che si diceva nel 2019 vale anche oggi.

Nel 1935, Montanelli fu volontario nella guerra coloniale di Eritrea voluta da Mussolini e durante il soggiorno africano comprò, letteralmente, dalla sua famiglia per 500 lire (o 350, il giornalista diede diverse ricostruzioni) una giovanissima “moglie” chiamata Destà – non vera consorte perché il contratto di cosiddetto madamato prevedeva una scadenza. La ragazzina aveva tra i 12 e i 14 anni, “un animalino docile”, nelle parole che oggi indignano usate da Montanelli in un’intervista televisiva del 1969. In un rapporto imposto e non certo paritario, la giovanissima fungeva essenzialmente da cameriera – portando la biancheria pulita ai combattenti – e da comprensibilmente riluttante compagna d’alcova. Poco dopo Montanelli tornò in Italia e un suo sottoposto gli chiese di poter sposare Destà. Lei ebbe un figlio e lo chiamò Indro. Si reincontrarono nel 1952, durante un viaggio in Etiopia del giornalista, che non spese mai parole di pentimento né di rammarico, ma raccontò più volte apertamente la vicenda, giustificandola con i tempi, le usanze e le circostanze.

13 giugno 2020

E se un effetto collaterale del coronavirus fosse mettere le basi per l’Europa federale?

di Thomas Colson - Business Insider

In piedi da sola, con Emmanuel Macron raggiante accanto a lei in televisione, Angela Merkel ha tenuto una conferenza stampa a maggio in cui la coppia ha presentato una proposta così radicale da poter determinare il destino dell’Unione europea.

La proposta franco-tedesca era un fondo di salvataggio post coronavirus da 500 miliardi di euro ($ 555 miliardi), raccolto dai mercati finanziari e garantito dal bilancio dell’UE, per finanziare la ripresa al blocco di Paesi europei colpiti dalla pandemia di COVID-19. I Paesi più colpiti dalla crisi riceverebbero miliardi di euro in trasferimenti diretti di contanti. Ci sarebbero poche condizioni annesse. Non è una cifra che dovrà essere rimborsata. Altri 250 miliardi di euro sarebbero resi disponibili in forma di prestiti, come ha suggerito la Commissione europea.

È difficile ignorare quanto sia radicale e rivoluzionaria la proposta. Economicamente, il piano rappresenterebbe un enorme trasferimento definitivo di denaro dai paesi più ricchi e più frugali del Nord Europa – guidati da Francia e Germania – verso gli stati più poveri dell’Europa meridionale. L’Italia riceverebbe la più grande fetta di denaro e la Spagna la seconda più grande.

Politicamente, è sismico. Merkel e Macron, che non hanno mai avuto la stessa idea rispetto all’integrazione europea, sono emersi come un fronte unificato. La Germania ha abbandonato il suo rifiuto decennale di consentire a qualsiasi prestito di governo per sostenere membri in difficoltà dell’UE, adottando invece un approccio di apertura a braccia spalancate verso il debito collettivo (non è una coincidenza che Merkel non si candiderà per la rielezione il prossimo anno.)