10 gennaio 2020

40 anni dopo. Omicidio Mattarella, «la mafia non ha vinto». Quel che manca alla verità

Non si conosce il nome del sicario che, il 6 gennaio 1980, uccise l’allora presidente della Regione Siciliana. A Palermo la commemorazione con il presidente della Repubblica, fratello della vittima
Alessandra Turrisi - Avvenire.it
 
Piersanti Mattarella nacque a Castellammare del Golfo (Trapani) il 24 maggio 1935. Esponente della Democrazia Cristiana, fu eletto dall’Assemblea regionale siciliana presidente della Regione il 9 febbraio 1978 con 77 voti su 100, alla guida di una coalizione di centrosinistra con l’appoggio esterno del Pci. Il 6 gennaio 1980, in Via della Libertà a Palermo, un sicario lo uccise a colpi di pistola.

Non c’è giustizia senza verità. E anche per il delitto Mattarella, come per troppe stragi italiane, non si conosce il nome di chi fermò la voglia di rinnovamento politico di un uomo che aveva il sogno di una Regione «con le carte in regola». Il 6 gennaio saranno trascorsi quarantanni dall'omicidio a Palermo del presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, uomo della Dc, considerato artefice di una stagione di riforme e di trasparenza all'interno dell’amministrazione regionale e che per la prima volta portò il Pci a sostenere la maggioranza di centrosinistra. Il suo sogno si infranse quella mattina dell’Epifania del 1980, quando l’allievo di Aldo Moro fu colpito dai killer al volante della sua Fiat 132, davanti casa, nella centralissima via Libertà, mentre stava per andare a Messa. Un anniversario in cui la famiglia, le istituzioni, i cittadini aspettano ancora la verità.

9 gennaio 2020

Le guerre lontane ci fanno compagnia (ma non le capiamo)

A Baghdad sono stato una volta sola, nel 1988. Faceva un caldo formidabile, finiva la guerra con l'Iran, Saddam Hussein sorrideva sotto i baffoni dai manifesti, per strada sparavano in aria per festeggiare e all'aeroporto insistevano per sottoporre i nuovi arrivati a un test dell'Aids. La guerra, costata almeno un milione di morti, era durata otto anni: sembrava un tempo infinito.
Oggi guardo su uno schermo le immagini dalla stessa città. Le fiamme, le tracce dei missili e della morte di Qasem Soleimani. Ascolto le urla e le minacce di nuova morte; e penso quanto poco sia cambiato. Ancora sciiti e sunniti, ancora Iran e America, ancora il mondo spettatore: forse è la stessa guerra, e non è mai finita. Come tante altre.

7 gennaio 2020

Quaranta anni fa l'omicidio Mattarella

"Le ragioni per cui è stato ucciso sono ancora attuali": le parole del ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano. E' la prima volta che il governo nazionale è presente alla cerimonia

Con la deposizione di corone d'alloro sul luogo dell'omicidio è iniziata, a Palermo, la giornata in ricordo di Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio del 1980. Alla cerimonia in via Libertà, dove erano presenti anche diversi familiari di Mattarella, hanno partecipato, tra gli altri, il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, il governatore siciliano Nello Musumeci, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. E' la prima volta che un ministro partecipa alla commemorazione.

"La mafia che ha voluto uccidere Piersanti Mattarella non ha vinto, eppure non ha nemmeno perso perché quella riforma profonda delle istituzioni che Mattarella voleva realizzare in Sicilia, e di cui c'è bisogno in tutto il Paese, è un lavoro che ancora deve essere portato a compimento: le ragioni per cui è stato ucciso sono ancora attuali". Così il ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano, a margine della commemorazione.

"A 40 anni di distanza dalla morte di Piersanti Mattarella emerge sempre di più la levatura nazionale di questa figura. Ha tenuto alta la dignità della politica e delle istituzioni. La sua battaglia per lo sviluppo parla all'Italia intera non solo alla Sicilia, per questo oggi ho voluto essere qui", ha aggiunto Provenzano.

4 gennaio 2020

Operaio muore schiacciato nello stabilimento Sevel di Atessa (Chieti)

3-1-2020  tratto da "la Repubblica"

L'incidente durante la manutenzione degli impianti nella fabbrica a produzione ferma. Cristian Terilli, 29 anni da compiere, di Pignataro Interamna (Frosinone), è la prima vittima sul lavoro dell'anno. Lavorava per una ditta esterna. La rabbia dei sindacati, il cordoglio di Fca

Ennesima tragedia nel mondo del lavoro. Inizia male il 2020, così come si era chiuso il 2019, con un altro incidente mortale stavolta nella fabbrica abruzzese della Sevel in Val di Sangro. Un operaio di quasi 29 anni, Cristian Terilli, di Pignataro Interamna (Frosinone) è morto nella fabbrica di Atessa. Era dipendente di una ditta esterna dell'ex gruppo Fiat, impiegata per la manutenzione degli stabilimenti. L'uomo è stato schiacciato da un supporto di ferro dell'impianto robotico cadutogli addosso mentre stava sostituendo un tirante a un discensore. Inutili i soccorsi del 118 che ha inviato anche l'elisoccorso.

Cordoglio e indignazione dai sindacati.
Le aziende che non investono sulla sicurezza andrebbero penalizzate seriamente. Abbiamo chiesto subito un incontro urgente alla Direzione di Fca per capire come sia potuto accadere un incidente cosi drammatico. Resta però una piaga che dalle Alpi alla Sicilia sta investendo in modo trasversale tutti i settori, dal metalmeccanico a quello edile passando per i trasporti e la logistica", commenta il Coordinatore Fim Cisl del settore automotive, Raffaele Apetino.

"Bisogna lavorare tutti nella stessa direzione ed è necessario un controllo capillare e preventivo sulla sicurezza nelle aziende. - conclude Apetino - Non servono slogan ad effetto ma interventi mirati alla vera prevenzione per non scrivere ogni giorno un nuovo necrologio". Stesso appello lanciato dalla Fiom: "Il nuovo anno comincia come si è chiuso: è inaccettabile che i lavoratori rischiano infortuni o addirittura perdano la vita. C'è una responsabilità di prevenzione e controllo delle imprese e delle istituzioni pubbliche. È necessario intervenire con urgenza".

Vigilare, segnalare... è un problema che investe tutti

3 gennaio 2020

L'innovazione si sposti dalle tecnologie alle persone

Michele Fioroni: "L'innovazione si sposti dalle tecnologie alle persone. Solo così faremo un passo avanti"
di SARA FICOCELLI

La Regione Umbria ha introdotto i DigiPass, luoghi di supporto ai cittadini nell'utilizzo dei servizi digitali. L'assessore allo Sviluppo economico: "Migliaia di utenti. Colta una necessità nei territori"
LA REGIONE UMBRIA punta sull'innovazione: grazie ai DigiPass - luoghi pubblici, aperti, ad accesso libero, in cui poter trovare, nei giorni e orari di apertura indicati, un esperto a disposizione, in grado di accompagnare cittadini e imprese nell'utilizzo di servizi digitali - prenotare una visita medica, iscrivere i figli a scuola, consultare referti online è infatti da oggi possibile, nella regione, anche per chi non è un mago della tecnologia. Situati in tutte le aree sociali dell'Umbria, per il loro valore innovativo i DigiPass sono già vincitori del "premio nazionale OpenGov Champion" per la categoria "cittadinanza e competenze digitali". Abbiamo intervistato Michele Fioroni, assessore allo Sviluppo economico, innovazione, digitale e semplificazione della Regione Umbria, per farci spiegare meglio in che consiste questo progetto co-finanziato con fondi europei.

23 dicembre 2019

SettegiorniPD in Regione Lombardia

     La Newsletter del Partito Democratico del Consiglio regionale della Lombardia

L'Editoriale La luce che manca

Nel periodo più buio dell’anno, almeno nel nostro emisfero, l’uomo ha sempre tentato di celebrare la luce, come segno di speranza e nuova nascita. Una luce che il Vangelo associa a Gesù, definito come “luce vera,
quella che illumina ogni uomo”. A Natale la luce, necessaria per disperdere le tenebre e allontanare la paura, è simbolo religioso e insieme messaggio laico per una società che non vuole rassegnarsi al declino.
Non abbiamo purtroppo visto molta luce nel bilancio regionale votato nei giorni scorsi.
Chi governa la Lombardia è sospeso tra la convinzione che sia sufficiente perpetuare una gestione che ormai appartiene al passato e l’idea che basti la tecnica, o i tecnici, per fa quadrare i conti all'insegna di un’efficienza pragmatica, ormai più proclamata che praticata. Manca persino la capacità di raccontare la Lombardia che si vorrebbe, ci si limita a dire che le cose funzionano e funzionerebbero ancora meglio se ci fossero più soldi.
Si accendono le luci di strade e palazzi, ma si rischia di spegnere la Lombardia e con essa tutti coloro che sarebbero pronti a costruire assieme sviluppo e innovazione, ma non trovano sponda in un’amministrazione che pare avere paura del futuro e di chi vorrebbe iniziare a costruirlo. Il sospetto, che sa di pregiudizio, nei confronti del dinamismo di Milano e delle altre città lombarde è lì a dimostrarlo.
Come PD abbiamo provato a riaccendere la nostra regione con proposte concrete e precise al bilancio 2020, ma non abbiamo trovato grandi riscontri.
Per fortuna, la Lombardia è più grande di chi la governa.
E’ a questa Lombardia, capace di accendere sogni e speranze, che vanno i nostri migliori auguri per un buon Natale e un 2020 che possa davvero portarci nuova luce.

Tantissimi auguri da tutto il gruppo regionale del PD Arrivederci a gennaio!

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21 dicembre 2019

Racconti, Augias: quanta luce e quante storie nascoste nel presepio in cento parole


Cosa significa la parola 'presepio'? Perché la data della nascita di Gesù è così speciale? Cosa simboleggia il solstizio d'inverno e a quali altri nascite mitologiche si accompagna? Risponde Luca Villoresi nel volumetto edito da Donzelli "Purché non manchi la stella", un racconto del presepio in cento parole: da 'albero' a 'zingari'. Se presepio vuol dire 'recinto", quella minima messa in scena raccoglie una simbologia ricchissima. E c'è chi dice che il perfetto asse tra cielo e terra sarebbe metterlo sotto l'albero. Certo è che in un attimo la mezzanotte della nascita del Bambin Gesù raccoglie ogni ora del giorno, ogni luminosità per un bimbo che è la nuova luce della cristianità.

20 dicembre 2019

Cronaca di un fallimento annunciato

Inutile girarci intorno: alla COP 25 di  Madrid si è consumato un fallimento. Che non è solo il mancato accordo sul double counting e sul loss and damage. Ma che è anche e soprattutto lo iato tra il livello di allarme indicato dalla comunità scientifica e l’allegra spensieratezza con cui risponde la gran parte dei governi di tutto il mondo procede, condita (e, dunque, permessa) dalla quasi indifferenza del mondo dei media.

di Pietro Greco - Micron

Inutile girarci intorno: a Madrid si è consumato un fallimento. Che non è solo il mancato accordo sul double counting e sul loss and damage. Ma che è anche e soprattutto lo iato tra il livello di allarme indicato dalla comunità scientifica e l’allegra spensieratezza con cui risponde la gran parte dei governi di tutto il mondo procede, condita (e, dunque, permessa) dalla quasi indifferenza del mondo dei media.
Stiamo parlando, è chiaro, di COP 25, la venticinquesima Conferenza delle Parti che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, che per due settimane si è inutilmente tenuta nella capitale spagnola.

L’avverbio – inutilmente – non è dettato dalla pancia del cronista che segue il circo dell’ecodiplomazia da più di trent’anni. È piuttosto la sintesi di un bilancio freddo e razionale, tanto amaro perché non prevenuto. Sappiamo infatti che non è facile mettere d’accordo i rappresentanti di quasi duecento paesi più l’Unione Europea, di cui diremo qualcosa (di positivo) di qui a poco. Ma è meglio che giudichi il lettore.

La COP 25 che doveva tenersi a Santiago del Cile ma è poi è stata spostata a Madrid per i noti fatti che hanno sconvolto il paese sudamericano non era programmata per fare la rivoluzione. Era una tappa di avvicinamento per COP 26 che si terrà a Glasgow esattamente tra un anno. Era stato deciso così alla COP 21 di Parigi del 2015. Chiediamo al lettore perdono: sappiamo che non è semplice navigare tra questi numeri e tra questi appuntamenti.

17 dicembre 2019

Piazza Fontana, l'insulto sui social nel giorno del ricordo: ringraziamenti a Ordine nuovo

Il post è stato scritto da Rainaldo Graziani, figlio di Clemente. “Ci hanno insegnato onore e fedeltà”. Così l’estrema destra sta ricostituendo la sua rete

di ANDREA PALLADINO - la Repubblica
12 dicembre 2019

Nessun pudore e nessuna pietà per le vittime. Anzi, la rivendicazione di una storia politica, quella dell’organizzazione nera "Ordine nuovo", nome che riporta direttamente al giro veneto di Freda e Ventura. Nel giorno del cinquantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana è il figlio di Clemente Graziani, Rainaldo, a riaprire le antiche ferite. Lo fa con un post, che suona come un insulto alle vittime dalla bomba di Milano: "Nell'anno 2019 di nostra vita, oggi 12 Dicembre, Io, Rainaldo Graziani, ringrazio...", segue elenco dei nomi dei camerati aderenti ad Ordine nuovo.

Per togliere ogni dubbio Graziani figlio aggiunge subito dopo: "Li ringrazio per averci insegnato l’onore e la fedeltà, (…) li ringrazio per averci donato con le loro lotte, sotto le loro bandiere ed i loro simboli un patrimonio di Idee e di umanità in ordine al quale speriamo di esserne degni". Ordine nuovo – è stato appurato nei tanti processi sulle stragi – ha avuto, attraverso il nucleo veneto di Freda e Ventura, il ruolo da protagonista nella lunga stagione della strategia della tensione. Clemente Graziani – tra i fondatori dell’organizzazione – fuggì prima in Gran Bretagna, aiutato da una complessa e ancora oggi oscura rete nera, e poi in Paraguay, dove acquistò diverse migliaia di ettari di foresta. Riuscì ad evitare l’estradizione – dovuta ad una condanna nel processo contro Ordine nuovo per ricostituzione del partito fascista – anche grazie alle coperture della dittatura militare di Streossner.