Stazione Centrale
Le divisioni del PD c'entrano poco: a resuscitare la moribonda destra italiana ci pensano rom e profughi. Da mesi Salvini sta costruendo su di loro la propria fortuna e si prepara a lanciare la campagna elettorale per il Sindaco di Milano. Ha ormai accantonato la Padania Libera ed anche sul resto delle sue “proposte” (uscita dall'Euro, flat tax, etc.) nessuno gli dà retta. Sta giocando tutte le sue carte sulla pelle dei migranti. Cosa deve fare la sinistra? Denunciare le strumentalizzazioni, spiegare i numeri veri del fenomeno, ricordare l'inerzia dei governi di centro-destra che ci hanno preceduto nei quali Maroni ha avuto un ruolo chiave. Tutto ciò però non basta: i bivacchi disumani di questi giorni alla Stazione centrale di Milano e nelle zone circostanti non possono essere tollerati. La soluzione di questo dramma è il vero banco di prova per questo governo, sul quale rischia di giocarsi anche il nostro futuro politico.
La settimana in Regione
Alle prese con un caso giudiziario per lui molto imbarazzante, il Presidente Maroni sta abilmente sviando l'attenzione dei media sollevando quotidianamente altri polveroni. Ha iniziato con la lettera ai Prefetti contro l'accoglienza dei profughi; a fronte della nostra richiesta di venire a riferirne al Consiglio, si è presentato in aula parlando di altro: una proposta ancora molto vaga sul di reddito di cittadinanza. Ha terminato la settimana sparando a salve dopo il terribile episodio del ferroviere aggredito. Dimenticando peraltro di ricordare che la competenza di quanto avviene sui treni regionali è sua, ed a lui, non ad altri, spetterebbe garantirne la sicurezza.
14 giugno 2015
12 giugno 2015
Gli imbarazza(n)ti diversivi di Maroni
Durante una conversazione, quando ci si trova in imbarazzo su qualche
argomento, si ricorre solitamente a un diversivo, si cambia discorso, si
tenta di parlare d'altro per distogliere l'attenzione e la discussione
dall'argomento che potrebbe creare problemi.
Anche nel discorso pubblico della politica il diversivo trova spesso la sua applicazione.
Lo ha dimostrato in questi giorni il presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni, che ha imboccato la strada del diversivo per tentare di sviare l'attenzione mediatica che si stava facendo insistente e impertinente sulle sue vicende giudiziarie. Cose di poco conto, dirà qualcuno, al cospetto di scandali ben più gravi come Roma Capitale o la richiesta di arresto di un senatore in casa NCD, ma l'immagine del governatore e la sua autorevolezza rischiavano di subirne un grave pregiudizio.
La vicenda giudiziaria, comunque, continua e rischia di provocare un grattacapo di nome Severino a Maroni che le tenta tutte pur di non far parlare i media di sms, intercettazioni e deposizioni varie sul caso Paturzo. Ma veniamo ai diversivi.
Il primo, a dire il vero abbastanza vago e ancora informe, è il reddito di cittadinanza o di inclusione o di autonomia. La definizione deve per forza di cose essere generica, così come sono state le parole spese da Maroni in consiglio regionale sull'argomento. Il governatore spiega di avere un tesoretto da 500 milioni di euro tra fondi europei e quattrini spuntati da un bilancio regionale che fino a qualche mese fa sembrava privo di qualsiasi risorsa. Quando tenta però di illustrare le caratteristiche del provvedimento, non dice granché, limitandosi ad elencare idee già proposte da altri negli ultimi anni e chiedendo l'aiuto di tutte le forze politiche in consiglio per individuare la misura giusta da applicare in Lombardia a partire dal prossimo mese di ottobre. Tanto fumo, magari anche profumato, ma poco arrosto.
Ma il fuoco di sbarramento più rumoroso è quello che Maroni ha lanciato sull'immigrazione diffidando il governo dall'invio di nuovi profughi in Lombardia, minacciando i comuni che intendessero offrire la disponibilità ad ospitarne qualcuno e scrivendo ai prefetti per avere collaborazione nel controllo sanitario degli immigrati.
Le ha sparate un po' grosse il governatore, ma l'obiettivo non era certo di ottenere qualcosa di diverso rispetto a qualche titolo di giornale che distogliesse l'attenzione dalla sua vicenda su nomine e raccomandazioni.
L'ufficio propaganda di Maroni è da mesi impegnato a pieno regime nel tentativo di coprire l'inerzia e l'inconcludenza del presidente, ma questa volta ha davvero pescato dal mazzo il carico pesante nella speranza che possa sparigliare il gioco.
L'impressione è che Maroni sia sempre più in difficoltà nel gestire la sua litigiosa maggioranza e che punti tutto, sotto la copertura del fuoco di sbarramento, sulla possibile approvazione prima dell'estate di qualche provvedimento simbolico, tipo la riforma sanitaria.
Basterà per mettere in sicurezza il suo ruolo in attesa delle decisioni della magistratura?
Difficile dirlo. Ma difficile anche che i lombardi se la bevano.
Anche nel discorso pubblico della politica il diversivo trova spesso la sua applicazione.
Lo ha dimostrato in questi giorni il presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni, che ha imboccato la strada del diversivo per tentare di sviare l'attenzione mediatica che si stava facendo insistente e impertinente sulle sue vicende giudiziarie. Cose di poco conto, dirà qualcuno, al cospetto di scandali ben più gravi come Roma Capitale o la richiesta di arresto di un senatore in casa NCD, ma l'immagine del governatore e la sua autorevolezza rischiavano di subirne un grave pregiudizio.
La vicenda giudiziaria, comunque, continua e rischia di provocare un grattacapo di nome Severino a Maroni che le tenta tutte pur di non far parlare i media di sms, intercettazioni e deposizioni varie sul caso Paturzo. Ma veniamo ai diversivi.
Il primo, a dire il vero abbastanza vago e ancora informe, è il reddito di cittadinanza o di inclusione o di autonomia. La definizione deve per forza di cose essere generica, così come sono state le parole spese da Maroni in consiglio regionale sull'argomento. Il governatore spiega di avere un tesoretto da 500 milioni di euro tra fondi europei e quattrini spuntati da un bilancio regionale che fino a qualche mese fa sembrava privo di qualsiasi risorsa. Quando tenta però di illustrare le caratteristiche del provvedimento, non dice granché, limitandosi ad elencare idee già proposte da altri negli ultimi anni e chiedendo l'aiuto di tutte le forze politiche in consiglio per individuare la misura giusta da applicare in Lombardia a partire dal prossimo mese di ottobre. Tanto fumo, magari anche profumato, ma poco arrosto.
Ma il fuoco di sbarramento più rumoroso è quello che Maroni ha lanciato sull'immigrazione diffidando il governo dall'invio di nuovi profughi in Lombardia, minacciando i comuni che intendessero offrire la disponibilità ad ospitarne qualcuno e scrivendo ai prefetti per avere collaborazione nel controllo sanitario degli immigrati.
Le ha sparate un po' grosse il governatore, ma l'obiettivo non era certo di ottenere qualcosa di diverso rispetto a qualche titolo di giornale che distogliesse l'attenzione dalla sua vicenda su nomine e raccomandazioni.
L'ufficio propaganda di Maroni è da mesi impegnato a pieno regime nel tentativo di coprire l'inerzia e l'inconcludenza del presidente, ma questa volta ha davvero pescato dal mazzo il carico pesante nella speranza che possa sparigliare il gioco.
L'impressione è che Maroni sia sempre più in difficoltà nel gestire la sua litigiosa maggioranza e che punti tutto, sotto la copertura del fuoco di sbarramento, sulla possibile approvazione prima dell'estate di qualche provvedimento simbolico, tipo la riforma sanitaria.
Basterà per mettere in sicurezza il suo ruolo in attesa delle decisioni della magistratura?
Difficile dirlo. Ma difficile anche che i lombardi se la bevano.
3 giugno 2015
28 maggio 2015
24 maggio 2015
23 maggio 2015
21 maggio 2015
19 maggio 2015
9 maggio 2015
Riforma sanitaria: un accordo forzato, una revisione al minimo della legge attuale
Riforma sanitaria - Valmaggi e Borghetti (Pd): “Un accordo forzato, una revisione al minimo della legge attuale”
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Sara Valmaggi |
“Guardando ai contenuti- continuano Valmaggi e Borghetti - si nota, inoltre, che l’accordo è decisamente al ribasso. La legge attuale è stata rivista solo in minima parte (in relazione alla governante.) Dei pur miseri contenuti innovativi presenti nel Libro bianco e nel primo testo depositato non è rimasto nulla”.
“Unica soddisfazione- sottolineano Valmaggi e Borghetti - è aver ottenuto, con il nostro intervento, un mese di tempo per la presentazione dei subemendamenti e sventato così l’ennesimo tentativo di contingentare i tempi evitando una vera discussione.
8 maggio 2015
Pippo Civati lascia il gruppo PD, ecco i motivi!!!
Giuseppe Civati ha annunciato la sua uscita dal Partito Democratico, ecco cosa ha scritto ai suoi sostenitori:
Il mio è un messaggio per gli elettori del Pd e del centrosinistra: mi dispiace, per me, per voi. Mi dispiace deludere alcuni di voi e condividere la delusione di chi deluso è già da molto tempo.
Come molti, non mi sento rappresentato da questa situazione. Lo ripeto da qualche giorno: non ho più fiducia in questo governo, nelle sue scelte, nei modi che ha scelto, negli obiettivi che si è dato.
Non ne ho avuta personalmente fin
dall'inizio, quando si scelse di proseguire con le larghe intese:
avevamo deciso che durassero solo due anni, che sarebbero scaduti già,
mentre abbiamo deciso di andare avanti fino al 2018, cambiando premier –
in quel modo sobrio e istituzionale che tutti ricorderete – ma senza
cambiare il programma di governo. Senza nemmeno scriverlo, per altro,
con i risultati che sappiamo. Votai quella fiducia solo per rimanere nel Pd, lo spiegai allora, solo perché mi ero appena candidato al Congresso e per rispetto degli elettori (che pure nella consultazione che avviammo si divisero esattamente a metà) .
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